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Presidente: Dott. Andrea Castaldo
Segretario: Roberto Gaetano

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    Commissione Alpa, proposte e note    

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
UFFICIO LEGISLATIVO
Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato
(Pres. Prof. Avv. Guido ALPA)

PROPOSTE NORMATIVE
E
NOTE ILLUSTRATIVE

INDICE

I - PRESENTAZIONE

Ill.mo Signor Ministro Guardasigilli
On. Andrea Orlando
Ministero della Giustizia
Sede
Roma, 18 gennaio 2017
Signor Ministro,

in conformità al d.m. 7 marzo 2016 con il quale è stata costituita presso l’Ufficio Legislativo di codesto Ministero della Giustizia una "Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato", che fissava al 30 settembre 2016 il termine per la consegna della relazione e delle proposte di disciplina e al d.m. 5 ottobre 2016 n. 45919/47774 con il quale è stato prorogato detto termine, sono a rassegnarLe il risultato dei lavori, a cui hanno partecipato con grande impegno tutti i Componenti, con il prezioso ausilio dei funzionari dell’Ufficio Legislativo Commissioni, e di quanti, in rappresentanza delle Istituzioni invitate a collaborare, hanno voluto portare il loro contributo partecipando alle audizioni ovvero consegnando documenti e materiali utili per la discussione e per le scelte proposte dalla Commissione.

Alla redazione di questa relazione hanno contribuito i singoli Componenti con le note illustrative dell’articolato che ci pregiamo di sottoporLe.

Devo dare atto che i lavori si sono svolti con la massima celerità, con un serrato succedersi di incontri, formali e informali, e in piena concordia. L’unanimità di vedute si è espressa su quasi tutti i temi oggetto di indagine, salve le diverse opzioni che abbiamo avuto cura di segnalare.

Trattandosi di una Commissione di studio, è inevitabile che possano emergere opinioni o convinzioni tra loro non univoche, e che la ricchezza delle esperienze dei singoli Membri accompagnata dalle riflessioni oggetto di dibattito comune portino a formulare anche soluzioni alternative, che abbiamo ritenuto di rimettere al Suo prudente apprezzamento. Le questioni esaminate hanno contenuto eminentemente tecnico, ma – come ogni valutazione tecnica che presenti anche un risvolto o un retroterra politico – è parso opportuno non procedere a "mediazioni" tra le diverse posizioni, soprattutto quando le alternative richiedono un intervento appropriato al Ministro Guardasigilli piuttosto che non ad una commissione di esperti.

Con lettera del 21 luglio 2016 avevo provveduto a riassumere i risultati (parziali) del lavoro effettuato nei primi sette mesi. Nel corso di queste note ne richiamerò i contenuti, peraltro rimasti in gran parte invariati.

Come avrà modo di rilevare, oltre al tentativo di adempiere al compito assegnatoci, abbiamo convenuto di proporLe alcuni suggerimenti riguardo alla organizzazione del lavoro che si potrebbe in futuro condurre per riorganizzare l’intero settore, per acquisire informazioni più complete e precise, per promuovere la cultura della mediazione, della negoziazione e della conciliazione, oltre che dell’arbitrato, in tutti i settori già considerati, in quelli nei quali abbiamo ritenuto che si potessero accorpare ai primi, e nelle materie in cui le tecniche telematiche potrebbero essere maggiormente sviluppate anche con il concorso di Istituzioni pubbliche e private.

Tenendo conto dell’urgenza dei tempi e della possibilità di intervento in questo scorcio di legislatura per migliorare la situazione in cui versa la giustizia civile, la Commissione ha predisposto un articolato organizzato in modo tendenzialmente sistematico in cui ha raccolto la normativa esistente in materia di arbitrato, mediazione, negoziazione assistita e volontaria giurisdizione, con una breve illustrazione delle modifiche suggerite, a cui si è fatta seguire un’appendice contenente i materiali raccolti nel corso delle audizioni e via via comparsi e segnalati nel corso dei lavori. L’articolato è stato predisposto su più colonne, in modo da poter leggere con facilità le diverse opzioni proposte.

Il testo dei due decreti ministeriali relativi alla costituzione della Commissione e alla proroga del termine dei lavori ha delineato il perimetro di intervento della Commissione. Riprendendo il testo i temi da trattare riguardavano:

"la necessità di prevedere un’ipotesi di riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie"; la materia della risoluzione stragiudiziale delle controversie, che "è stata, in tempi recenti, oggetto di ripetuti interventi normativi, al fine di incrementare la capacità deflattiva del contenzioso dei predetti strumenti, di contenere, al contempo, i costi delle liti e, per altro verso di favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione", tenendo conto del contesto normativo attuale, che "sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali di risoluzione alternativa delle controversie e comprende: l’intervento organico, derivante dall’attuazione del diritto dell’Unione europea, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28; il decreto legislativo 6 agosto 2015, n.130 in tema di risoluzione extragiudiziale delle controversie dei consumatori; le misure urgenti in materia di trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria e in materia di negoziazione assistita dagli avvocati di cui al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132; le forme di mediazione e conciliazione facoltative o obbligatorie nei diversi ambiti settoriali, come le controversie del lavoro, la materia agraria, le controversie tributarie"; la disciplina dell’arbitrato e quindi "la necessità di armonizzare e razionalizzare il quadro normativo sopra delineato, anche prevedendo un diverso bilanciamento delle materie interessate dall›applicazione degli istituti, nonché, nell›ambito di ciascuno di essi, valutando interventi correttivi pure sotto il profilo della revisione delle ipotesi di obbligatorietà del procedimento".

Con il decreto di proroga il compito si è ulteriormente precisato, in quanto si è chiesto alla Commissione di:

  • Verificare se nel testo già completato sulla mediazione obbligatoria convenga inserire alcune precisazioni tecniche per risolvere i contrasti interpretativi maturati in giurisprudenza;
  • Approfondire la conciliazione delegata;
  • Modificare l’art. 33 del codice del consumo là dove, per una infelice traduzione, sono considerate presuntivamente vessatorie tutte le clausole di deroga della competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria, impedendosi così la diffusione in via contrattuale della mediazione;
  • Verificare l’estensibilità dell’ABF;
  • Verificare le competenze delle Camere di commercio dopo la riforma;
  • Esaminare le prospettive della conciliazione in materia di servizi pubblici;
  • Migliorare le procedure di conciliazione delle Autorità indipendenti;
  • Esaminare le proposte migliorative della disciplina della volontaria giurisdizione.

Tenendo conto di queste indicazioni la Commissione ha ricostruito il quadro normativo in materia, muovendo dal quadro delle fonti e quindi dalla disciplina dell’Unione europea.

I provvedimenti che si sono suggeriti hanno tenuto conto, ovviamente, della disciplina in materia di ADR vigente nell’ambito dell’Unione. Oltre ai commenti agli artt. 38 e 43 e 47 della Carta dei diritti fondamentali la Commissione ha tenuto conto – per quanto di sua competenza – del Regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, del Regolamento sulle ODR (21 maggio 2013) nonché della direttiva 2013/11/UE c.d. direttiva sull’ADR per i consumatori, che è stata attuata con d.lgs. 6 agosto 2015, n.130, il quale ha modificato e integrato il codice del consumo. Di recente si è aggiunto il Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 della Commissione del 1o luglio 2015, relativo alle modalità per l’esercizio delle funzioni della piattaforma di risoluzione delle controversie online, alle caratteristiche del modulo di reclamo elettronico e alle modalità della cooperazione tra i punti di contatto di cui al regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori.

    I Regolamenti sono immediatamente applicabili e non modificabili dal legislatore nazionale. La direttiva, così come attuata, ha introdotto nel nostro ordinamento regole di provenienza comunitaria e quindi la Commissione non ha proposto modifiche al riguardo. Solo in un caso, concernente la diffusione delle clausole arbitrali nei contratti dei consumatori, si è avanzata la proposta di modificare il testo di attuazione della direttiva n.13 del 1993 sulle clausole abusive, ma soltanto perché la sua attuazione nel diritto interno è frutto di un errore linguistico e di una scelta drastica che non consentirebbe di introdurre clausole arbitrali e quindi di poter ricorrere all’arbitrato di consumo o all’arbitrato per le small claims, che invece la Commissione vorrebbe promuovere, tenendo conto delle esigenze generali, della politica giudiziaria espressa dai Ministri Guardasigilli succedutisi nel corso degli ultimi anni, del Suo stesso programma, signor Ministro, enunciato in diverse occasioni, "in primis" nelle Sue relazioni sulla giustizia dinanzi al Parlamento e in occasione delle cerimonie di apertura dell’anno giudiziario alla Corte di Cassazione, e comunque degli stessi compiti affidati alla Commissione. Su questi aspetti della disciplina si tornerà tra breve.

    Val la pena tuttavia di mettere in evidenza il ruolo di due Istituzioni europee che si occupano della giustizia civile (al di là del Parlamento, della Commissione e del Consiglio) nelle quali il nostro Paese potrebbe avere una azione assai efficace: l’OECD e il CEPEJ. L’OECD ha pubblicato una breve nota ("Giustizia civile: come promuoverne l’efficienza?", in     OECD Economics Depatment Policy Notes, No.18 June 2013) in cui formula una analisi del sistema della giustizia di molti Paesi dell’intero globo e segnala alcuni rimedi per renderlo più efficace, a beneficio del sistema economico e quindi delle imprese e dei consumatori.

    È interessante notare come l’attenzione sia concentrata sui sistemi di giustizia ordinaria, e quindi se ne può inferire che le ADR possono essere considerate solo un sistema complementare, ma non esclusivo né esaustivo della domanda di giustizia dei cittadini (siano essi persone fisiche, professionisti o imprese). Ma è altrettanto interessante – e fonte di soddisfazione – notare che i suggerimenti avanzati tratteggiano un percorso che il Ministero della Giustizia, nelle sue proposte e nei provvedimenti predisposti, ha già configurato e completato. Si tratta di contenere la durata dei procedimenti, di introdurre l’informatizzazione dei procedimenti, di controllare e gestire i flussi, di introdurre le specializzazioni, di migliorare le risorse, di introdurre filtri in appello, di liberalizzare le tariffe professionali, etc. Con riguardo alle ADR si legge: "fattori in grado di influenzare la domanda di giustizia sono: i costi di accesso al sistema e le regole di ripartizione delle spese tra le parti, gli incentivi dei professionisti, la diffusione di meccanismi di risoluzione delle controversie (ADR), la qualità della legislazione e il grado di certezza del diritto".

    È da verificare se l’abolizione delle tariffe professionali abbia inciso sul decremento della litigiosità e sulla qualità delle difese – un accertamento di tal sorta non è mai stato tentato, ed è ovviamente difficile raccogliere e organizzare i dati al proposito – tuttavia gli altri suggerimenti sono stati già posti in atto da Parlamento e Governo e quindi non si ravvisano altri modi di migliorare il sistema.

    Si noti comunque che le ADR sono intese in una duplice funzione: come tecnica per migliorare e agevolare l’accesso alla giustizia (ed è appunto questa la loro originaria funzione, come risulta già dai primi seminari organizzati dall’Unione europea a metà degli anni Settanta) e come tecnica per filtrare i procedimenti rivolti al giudice ordinario, quale tentativo di risolvere i conflitti prima che essi si incardinino nel sistema giudiziario. È appena il caso di sottolineare poi che, pur essendo diffusa la concezione delle ADR come strumento di natura psicologica oltre che giuridica, volto ad avvicinare le parti e a far trovare da se stesse la soluzione del conflitto (v. J.S. Auerbach, Justice without Law, Oxford University Press, New York – Oxford, 1983) in Italia è prevalsa una concezione diversa che vede nelle ADR o un mezzo per prevenire la lite risolvendola sul piano giuridico o un antecedente processuale, che costituisce una fase di un percorso che spesso sfocia nel processo ordinario. Linea che sembra seguita anche dagli organi e dalle istituzioni comunitarie.

    Nel Rapporto CEPEJ (Commission européenne pour l’efficacité de la justice, operante in seno al Consiglio d’Europa) del 2014 (con dati del 2012) era contenuto un capitolo, il sesto, che si occupava esplicitamente di ADR. Anche il CEPEJ vede nelle ADR due ruoli complementari: da un lato, favorire l’accesso alla giustizia per risolvere questioni a costo contenuto e dall’altro per rendere più efficiente la giustizia ordinaria, sgravata dalle questioni che si possono risolvere anticipatamente. Nel 2007 il CEPEJ ha raccolto le raccomandazioni molteplici espresse dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa compitando alcune guidelines per facilitare e promuovere queste tecniche nei diversi Paesi europei.

    Il Rapporto del 2016 (con dati del 2014), su European Judicial Systems. Efficiency and Quality of Justice, (Strasburgo, 2016) non include anche un capitolo apposito sulle ADR; tuttavia nell’adunanza plenaria tenutasi lo scorso 7 dicembre 2016 il CEPEJ ha aggiornato le guidelines dirette a migliorare l’efficienza della giustizia (Structural Measures Adopted by Some Council of Europe Member States to Improve the Functioning of Civil and Administrative Justice.Good Practice Guide) e la relazione, nell’indicare soluzioni peraltro già adottate dal Parlamento e dal Governo italiano (distribuzione del lavoro tra giudici riuniti in collegio e giudici monocratici, organizzazione dei tribunali e razionalizzazione del lavoro, governo dei procedimenti, concentrazione dei procedimenti e termini temporali, procedimenti sommari etc.) ha incluso anche un paragrafo (6.2) su conciliazione e mediazione, riportando le diverse iniziative assunte dai Paesi del Consiglio d’Europa e in particolare dai Paesi Membri dell’Unione.

    Questa è la "mappa" più recente ed ufficiale che le istituzioni del settore hanno predisposto per conoscere la situazione delle ADR nei diversi Paesi. All’Italia sono state dedicate alcune linee (par. 6.2.170) in cui si dà notizia che per determinate materie l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità ("precondition") per promuovere un’azione in giudizio, anche se nel corso del giudizio il giudice ha il potere di rinviare le parti ad un mediatore.

    Questa relazione del CEPEJ che opera in seno al Consiglio d’Europa si combina con la Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico sociale europeo pubblicata il 26 agosto 2016 sull’applicazione della direttiva 2008/52/CE relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.

    Questa direttiva costituisce la base di ogni disciplina della mediazione nei Paesi membri, in quanto uniforma in un minimo comun denominatore le diverse tradizioni che in molti di essi si erano già formate, ramificate e consolidate prima dell’intervento dell’Unione. Per riprendere alcuni punti che sono stati oggetto di ampia discussione anche nell’ambito della dottrina italiana, giunta peraltro tardivamente all’appuntamento con queste tecniche (se si eccettuano gli studi del Consiglio nazionale forense raccolti in Alpa e Danovi, La risoluzione stragiudiziale delle controversie e il ruolo dell’Avvocatura, Milano, 2004, in cui si raccolgono lavori di studiosi italiani e stranieri nonché le esperienze fino a quel momento maturate in ambito europeo), la direttiva precisa nei considerando che:

    "(13) La mediazione (…) dovrebbe essere un procedimento di volontaria giurisdizione nel senso che le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento. Tuttavia, in virtù del diritto nazionale, l’organo giurisdizionale dovrebbe avere la possibilità di fissare un termine al processo di mediazione. Inoltre, l’organo giurisdizionale dovrebbe, se del caso, poter richiamare l’attenzione delle parti sulla possibilità di mediazione. (14) La presente direttiva dovrebbe inoltre fare salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Del pari, la presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli attuali sistemi di mediazione autoregolatori nella misura in cui essi trattano aspetti non coperti dalla presente direttiva".

    E ancora che:     "(18) Nell’ambito della protezione dei consumatori, la Commissione ha adottato una raccomandazione (…) che stabilisce i criteri minimi di qualità che gli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo dovrebbero offrire agli utenti. Qualunque mediatore o organizzazione che rientri nell’ambito di applicazione di tale raccomandazione dovrebbe essere incoraggiato a rispettare i principi in essa contenuti. Allo scopo di agevolare la diffusione delle informazioni relative a tali organi, la Commissione dovrebbe predisporre una banca dati di modelli extragiudiziali di composizione delle controversie che secondo gli Stati membri rispettano i principi di tale raccomandazione".
    Ancora che:

    "(19) La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario nel senso che il rispetto degli accordi derivanti dalla mediazione dipenda dalla buona volontà delle parti. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che le parti di un accordo scritto risultante dalla mediazione possano chiedere che il contenuto dell’accordo sia reso esecutivo. Dovrebbe essere consentito a uno Stato membro di rifiutare di rendere esecutivo un accordo soltanto se il contenuto è in contrasto con il diritto del suddetto Stato membro, compreso il diritto internazionale privato, o se tale diritto non prevede la possibilità di rendere esecutivo il contenuto dell’accordo in questione. Ciò potrebbe verificarsi qualora l’obbligo contemplato nell’accordo non possa per sua natura essere reso esecutivo.".

    Son seguite a questa prima articolata disciplina della mediazione interventi di settore, in cui l’Unione europea ha regolato la mediazione in materia di consumo, come già si è precisato, e con Regolamento anche le ODR.     La Relazione del CEPEJ in esame traccia il quadro degli effetti della direttiva del 2008 a distanza di quasi dieci anni, anche sulla base dei risultati raccolti nei Paesi Membri, e pubblicati nel volume The Mediation Directive. European Implementation Assessment, a cura di Jan Tymowski, dicembre 2016): il quadro è positivo, soprattutto perché la maggior parte dei Paesi ha applicato la direttiva anche ai rapporti interni (pur essendo essa rivolta a disciplinare i rapporti transfrontalieri) e sottolinea pure che la mediazione è obbligatoria in alcuni Paesi tra i quali l’Italia, l’Ungheria e la Croazia (in questi ultimi casi in materia di famiglia). Sottolinea pure che nei di versi Paesi si prevedono incentivi e sanzioni per promuovere queste tecniche. Temi sui quali si tornerà anche in queste note. Preme però richiamare quanto la Commissione europea raccomanda nel promuovere la diffusione delle ADR nei Paesi Membri:

"La direttiva sulla mediazione è stata introdotta per facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie, promuovere la composizione amichevole delle stesse e garantire che le parti che ricorrono alla mediazione possano fare affidamento su un quadro giuridico prevedibile. Questo obiettivo politico è valido ancora oggi e per il futuro: la mediazione può contribuire a evitare procedimenti giudiziari inutili a spese dei contribuenti e a ridurre i tempi e i costi associati alle controversie giudiziarie. A lungo termine può creare una cultura non contenziosa in cui non esistono né vincitori né perdenti, ma partner. La direttiva sulla mediazione ha introdotto vari modi per promuovere la composizione amichevole delle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale e ha fornito un quadro europeo per la mediazione come metodo di risoluzione extragiudiziale o alternativa delle controversie. Sulla base dello studio, della consultazione pubblica online e della discussione con gli Stati membri in seno alla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, risulta che l’attuazione della direttiva sulla mediazione ha avuto un impatto significativo sulla legislazione di molti Stati membri. Oltre a definire alcuni requisiti chiave per l’uso della mediazione nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, la direttiva ha dato impulso in tutta l’Unione europea a un maggiore utilizzo della mediazione anche nelle controversie puramente nazionali. Ciò è dovuto in particolare al fatto che la maggior parte degli Stati membri ha esteso l’ambito di applicazione delle misure di recepimento della direttiva alle controversie nazionali. In generale, la direttiva ha fornito un valore aggiunto UE aumentando la consapevolezza tra i legislatori nazionali sui vantaggi della mediazione, introducendo sistemi di mediazione o dando l’impulso per estendere i sistemi di mediazione esistenti. L’entità dell’impatto della direttiva sugli Stati membri varia a seconda del livello preesistente dei sistemi di mediazione nazionali. Le difficoltà riguardanti il funzionamento pratico dei sistemi di mediazione nazionali sono principalmente connesse alla tradizione del contraddittorio che prevale in molti Stati membri, a un livello di conoscenza della mediazione spesso limitato e al funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità. La valutazione dimostra che in questo stadio non è necessario modificare la direttiva ma che la sua applicazione può essere ulteriormente migliorata".

Questi i suggerimenti:

"(…) gli Stati membri dovrebbero, ove necessario e opportuno, adoperarsi maggiormente per promuovere e incoraggiare l’uso della mediazione attraverso i diversi mezzi e meccanismi previsti nella direttiva (…) In particolare, occorrerebbero ulteriori sforzi a livello nazionale per aumentare il numero di controversie per la cui risoluzione le autorità giurisdizionali invitano le parti a ricorrere alla mediazione. Esempi di migliori prassi al riguardo sono: l’obbligo per le parti di indicare nelle domande presentate agli organi giurisdizionali se la mediazione è stata tentata; in particolare in materia di diritto di famiglia, la partecipazione a sessioni informative obbligatorie nel quadro di un procedimento giudiziario e l’obbligo per l’organo giurisdizionale di considerare la mediazione in ogni fase del procedimento giudiziario; gli incentivi finanziari che rendono la mediazione economicamente più attrattiva rispetto al procedimento giudiziario; la possibilità di rendere esecutivo l’accordo di mediazione senza richiedere necessariamente il consenso di tutte le parti dell’accordo".

Tutte le raccomandazioni sono state fatte proprie dalla nostra Commissione, compresa quella sugli incentivi finanziari, che costituiscono il mezzo più diretto per attrarre alla mediazione i litiganti, e tranne l’ultima perché, secondo i principi accreditati dalla nostra disciplina del procedimento civile, ma applicabili anche al procedimento di mediazione è impossibile che l’accordo produca effetti nei confronti di chi non ha partecipato al procedimento. Questo è un punto molto delicato e complesso, che si è discusso soprattutto in ambito di mediazione delle questioni in cui sono chiamate anche le società di assicurazione, le quali, essendo per lo più assenti, rendono fallimentare ogni iniziativa conciliativa anteriore all’instaurazione del procedimento ordinario.

Nella lettera del 21 luglio 2016 si era segnalato tuttavia che:

il regolamento CE n. 861/2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (con cui si apre la raccolta di testi normativi che Le allego in bozza) è stato pressoché ignorato dai consumatori, dalle associazioni dei consumatori, e dalle categorie professionali interessate; occorrerebbe quindi pensare a come renderlo da un lato più noto e dall’altro più efficace;
lo stesso si può dire per il regolamento UE n. 524/2013 sulle ODR per i consumatori; a questo proposito, effettuata l’audizione di un esperto in materia, è emersa la necessità di diffondere la conoscenza della normativa, e anche, in questo caso, di sensibilizzare le categorie interessate, oltre che gli organismi di conciliazione e gli ordini professionali, perché le ODR siano accessibili ai consumatori e possano divenire uno strumento operativo per dirimere le controversie;
il d.lgs.6 agosto 2015, n. 130 con cui si è data attuazione alla c.d. direttiva sui diritti dei consumatori ha cominciato ad essere esaminato in dottrina, ma, data la sua recente introduzione, non ha ancora prodotto i risultati utili che esso si propone.

Come si è sopra posto in luce, l’Unione europea si preoccupa di tutelare gli interessi economici delle imprese, promuovendo procedure di mediazione e conciliazione che definiscano in tempi rapidi le liti insorte con i consumatori. A differenza di quanto è accaduto in altre esperienze, nella nostra non si è ritenuto di istituire una procedura ad hoc per disciplinare l’arbitrato dei consumatori, come in Spagna, puntandosi piuttosto sulle azioni di classe, anche in attuazione della direttiva sui diritti dei consumatori (n.2013/11/UE) con cui si è modificato il Codice del consumo.

La Commissione, come si dirà più oltre, si è fatta carico di proporre la modifica di una disposizione che potrebbe costituire un ostacolo alla inclusione di clausole arbitrali nei contratti dei consumatori (l’art.33 c. 2 lett. t) del Cod. cons. Non ha preso in considerazione la questione della validità di clausole di mediazione e conciliazione inserite nei contratti dei consumatori - purché queste non prevedano una situazione di svantaggio per il consumatore - in quanto la mediazione e la conciliazione sono, normalmente, procedure a base volontaria, e quando siano previste come obbligatorie, si deve tener conto dell’art. 2 c.10 del d.lgs. 6 agosto 2015,n. 130, attuativo della direttiva n. 2013/11 /UE , in base al quale "il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale".

Per quanto riguarda le clausole arbitrali occorre anche segnalare che in diverse esperienze nazionali l’attuazione della Direttiva, lett. q) dell’allegato (come disposto dall’art.3 par.3.1), ai sensi della quale sono presuntivamente vessatorie le clausole che hanno per oggetto o per effetto di <sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche> non ha destato particolare attenzione. Ciò per vari motivi.

Innanzitutto la direttiva n.13 del 1993 appartiene al novero delle direttive volte ad una armonizzazione minima, piuttosto che non massima; la sua portata è in qualche modo rivoluzionaria, perché destinata a disciplinare il contratto, massima espressione dell’autonomia privata (anche se con finalità di tutela degli interessi deboli dei consumatori) e quindi il suo intervento non poteva essere particolarmente esteso e cogente per gli ordinamenti nazionali. La direttiva lascia inoltre liberi gli Stati di elevare la tutela del consumatore, anche in questa materia. Per di più, la clausola in esame interferisce con il sistema giudiziario nazionale. È tuttavia evidente che una disposizione di tal fatta non può ostacolare il ricorso alle ADR, perché frustrerebbe uno degli obiettivi fondamentali della politica di tutela del consumatore in sede europea.

Queste considerazioni, insieme ad altre che saranno sviluppate con maggior precisione più oltre, hanno fatto sì che non si siano posti particolari limiti al ricorso all’arbitrato da parte delle imprese nelle controversie con i consumatori. Ad es., la nuova disciplina dei diritto dei consumatori nel Regno Unito ha previsto la nullità di clausole <requiring the consumer to take disputes exclusively to arbitration not covered by legal provisions> (n. 20, lett. a) della Schedule 2 del Consumer Rights Act 2015), ed è in corso in dottrina un dibattito se sia necessario od opportuno introdurre ulteriori limiti, rispetto a quelli già previsti dal Consumer Arbitration Agreements Act 1988. In Francia il progetto di migliorare l’assetto della giustizia è stato realizzato con la loi n° 2016-1547 du 18 novembre 2016 de modernisation de la justice du XXI e siècle e prevede libertà di inclusione delle clausole arbitrali nei contratti del consumatore; negli Stati Uniti l’Associazione per l’Arbitrato ha individuato taluni principi per tutelare il consumatore nel procedimento arbitrale, pur sempre promuovendo questo rimedio; in Canada si discute come proteggere il consumatore pur conservando questa procedura.

È interessante notare che la recentissima legge di riforma francese sulla amministrazione della giustizia del 18 novembre 2016 si apre con il Tit. II dedicato a favorire i modi alternativi per risolvere i conflitti e prevede che per le questioni di modesta entità l’interessato presenti una domanda scritta al giudice eventualmente per chiedere che si proceda con la mediazione, se il primo tentativo extraprocessuale è fallito; ciò a pena di improcedibilità. La mediazione è svolta da un mediatore terzo imparziale e competente, oppure da persona nominata dal tribunale ad istanza delle parti. All’accordo viene dato potere di esecutività quando omologato dal giudice. La mediazione può essere chiesta, anche prima dell’avvio della procedura giudiziaria, dalle parti al giudice, il quale può delegare un magistrato o una terza persona; le decisioni prese non sono suscettibili di ricorso. Si prevede anche la mediazione proposta per iniziativa del giudice.

La nuova legge modifica la disciplina della clausola arbitrale prevista dal code civil (art.2061). In Francia la clausola compromissoria ha avuto alterne fortune: nel 1972 è stata dichiarata nulla, nel 2001 è stata ammessa nei contratti conclusi per lo svolgimento di un’attività professionale; ora l’art.11 della l. cit. l’ammette (sempre che sia stata accettata dalla controparte a cui è proposta), ma se non è stata negoziata nel quadro di una attività professionale, la clausola [predisposta] non può essere opposta all’altra parte.

La nuova prospettiva in cui sono collocate, anche in ambito comunitario, le ADR – nate inizialmente come tecnica di soluzione delle controversie dei consumatori e quindi come modo di favorire l’accesso alla giustizia, ad una giustizia semplice, poco economicamente conveniente, ma pur sempre corretta, imparziale, tecnicamente precisa e, per l’appunto giusta (come risulta dagli atti del primo convegno comunitario in materia tenutosi a Montpellier nel 1975) – investe direttamente l’amministrazione della giustizia, anche ordinaria, nei Paesi Membri.

La Commissione ha preso atto delle numerose pubblicazioni, offerte anche da studiosi italiani, volte alla comparazione dei modelli, e ha tenuto conto delle sollecitazioni provenienti da diverse Istituzioni, e non soltanto dall’Accademia o dalle associazioni magistratuali e forensi, oltre che naturalmente dagli organismi di mediazione e dalle loro associazioni. Ma ha avuto modo di verificare - anche se questa relazione, per contenere l’estensione del testo e per favorirne la lettura, non potrà darne conto in modo compiuto - che i diversi modelli invalsi nei Paesi europei ed extraeuropei non sono sempre facilmente comparabili tra loro perchè ciascuno di essi riposa su tradizioni consolidate in materia di amministrazione della giustizia – uno dei compiti essenziali, diremmo non abdicabili – dello stato democratico di diritto. Ciascun Paese conserva la propria struttura delle Corti, i propri principi, le proprie prassi, oltre che i propri modelli procedurali. Ciò che è più facile imporre o comporre sono i principi espressi sotto forma di minimo comun denominatore che l’Unione europea ha adottato per organizzare le ADR e per promuoverle negli ordinamenti degli Stati Membri.

Di qui l’attenzione, ma anche la cautela, con cui si devono studiare e "trapiantare" modelli che provengono da esperienze ben diverse da quella europea, come può accadere, ad es., per l’esperienza statunitense.

Ecco perché fin dal momento in cui la Banca Mondiale degli Investimenti ha lanciato i suoi rapporti sulle connessioni tra le iniziative economiche all’estero e l’amministrazione della giustizia nei Paesi che raccolgono gli investimenti stranieri, si è cercato di comprendere, da un lato, i criteri di raccolta delle informazioni sui singoli Stati esaminati, e dall’altro, le modalità di aggregazione dei dati, sì da intendere con la dovuta intelligenza, i risultati che ne emergevano in termini di statistiche, raccomandazioni, suggerimenti, critiche e deplorazioni.

Occorre infatti tener conto dei costi della giustizia per le imprese, tali da frenare lo sviluppo economico, ma anche delle iniziative che le imprese potrebbero assumere per contenere il contenzioso con i concorrenti, con i dipendenti, con i fornitori e con i consumatori. In altri termini, legare l’economia della giustizia all’economia dello sviluppo è operazione al tempo stesso semplicistica e riduttiva: il ritardo nell’amministrazione della giustizia, le esitazioni in tema di certezza del diritto, le difficoltà nel recupero dei crediti sono certamente fattori da deprecare e disagi da superare; ma non si può concentrare l’attenzione della giustizia solo su questi aspetti, sì che anche le ADR, pur funzionali all’approccio efficientistico, devono compiutamente soddisfare l’esigenza di una giustizia rapida, poco costosa ma anche satisfattiva, incidendo sui diritti dei cittadini e quindi sul ruolo sociale della persona, in ambito familiare, associativo, lavorativo e così via.

L’ottica economicistica ed efficientista che ha contrassegnato i rapporti della Banca Mondiale degli Investimenti a partire dal 2004 in poi che assegnava al nostro Paese un punteggio assai basso assimilabile a quello dei Paesi del Terzo Mondo (v. Alpa, I costi dei servizi legali per le imprese. Note preliminari sul metodo di rilevazione dei dati e sulla loro organizzazione, in Rass.forense, 4, 2007 e in Contratto e impresa, 1, 2008) è stata poi corretta nel corso del tempo.

Tanto è vero che nei Rapporti del 2015, 2016 e 2017 la posizione dell’Italia è molto migliorata (per la verità anche per i provvedimenti che nel frattempo si erano presi). Ma si tratta pur sempre di prese di posizione o di giudizi da considerare con riserva: ad es., nel Rapporto del 2015 si legge che la Repubblica democratica del Congo è il Paese che assicura la più grande libertà contrattuale, pressoché senza limiti (Doing Business 2015. Going beyond Efficiency, Washington, 2014, p. 94) ma sarebbe facile obiettare che le limitazioni contrattuali, come quelle oggi vigenti in Italia, dovute alla tutela dell’ordine pubblico, alla lotta alla criminalità e alla evasione fiscale, oltre che alla lotta al riciclaggio, e alla protezione dei diritti fondamentali, sono più che giustificate anche se hanno un costo economico per gli operatori.

Nel Rapporto del 2016 si insiste sulle ADR e sulla corporate governance, ma non si danno statistiche penalizzanti per il nostro Paese; nel Rapporto del 2017 si tiene conto di valori, quali il lavoro, l’ambiente, l’adempimento degli obblighi fiscali, che rendono più consona ai principi che reggono la nostra società la valutazione complessiva dell’andamento dei sistemi economici – tanto è vero che il sottotitolo, questa volta, recita: Equal Opportunity to All – e si avvicina la dimensione economica alla dimensione sociale.

Ciò per dire che le ADR sono senz’altro uno strumento di progresso e di efficienza economica, ma non si deve enfatizzare il loro ruolo né nella soluzione dei problemi di miglioramento della macchina della giustizia né (e tanto meno) nella realizzazione della ripresa economica con cui si dovrebbe superare la grave crisi da tempo in atto nel mondo occidentale.

La Commissione si è riunita nel corso dell’anno 2016 nei giorni: 23 marzo, 6 aprile, 20 aprile, 11 maggio, 12 maggio, 25 maggio, 26 maggio, 7 giugno, 15 giugno, 1° luglio, 15 luglio, 15 settembre, 23 settembre, 17 ottobre, 4 novembre, 17 novembre e 1° dicembre.

Particolarmente interessante è stato il lavoro effettuato nella raccolta di dati e informazioni in occasione delle audizioni delle Istituzioni più rappresentative e la raccolta dei documenti inviati dagli enti interessati.

Un breve riassunto delle audizioni è accluso alla relazione.

Le proposte della Commissione sono articolate in un testo già formulato con enunciati normativi e con la illustrazione delle disposizioni in modo analitico. Qui di seguito, riassuntivamente si indicano le innovazioni più rilevanti.

    7.1. L’arbitrato

Le proposte in tema di arbitrato sono molteplici. Innanzitutto si prevede, per accelerare la conclusione della vertenza tra le parti, la possibilità di omettere il giudizio di appello (ex art. 828), in caso di impugnazione, e di ricorrere direttamente alla Corte di Cassazione.

Per l’anticipazione delle spese, di cui all’art. 816 septies, si è sciolto il dubbio che la dottrina aveva sollevato in merito alla interpretazione del termine, che talvolta veniva inteso come comprensivo anche dei compensi degli arbitri, nel senso di includere in esse anche la metà dei compensi prevedibili secondo i parametri determinati in conformità alla legge. Si sono modificati gli artt. 806,807,808,829 al fine di ammettere all’arbitrato anche le cause di lavoro e di previdenza sociale nei limiti consentiti dalla natura di tali questioni.

Per l’arbitrato societario si è previsto che la disciplina possa essere inserita, per ragioni di carattere sistematico, nell’ambito del codice di procedura civile, l’estensione della disciplina a tutte le società iscritte nel registro delle imprese, ferma restando l’eccezione per quelle che fanno ricorso al mercato di capitali, e, per dirimere le questioni aperte dalla interpretazione della l.n.5 del 2003, si è anche prevista la etero-integrazione delle clausole statutarie non conformi allo standard di terzietà prescritta per il soggetto designante il collegio o l’arbitro unico, in modo da salvare la volontà compromissoria delle parti e al contempo di uniformare la nomina alle nuove regole dettate dalla l.n.5 del 2003.

Per gli arbitrati riguardanti i contratti pubblici , ancorché la normativa portante un’ampia riforma della disciplina previgente sia recentissima, si è proposto – d’intesa con l’Autorità nazionale anticorruzione – di promuovere ulteriormente l’accordo bonario e di stimolare l’attività della Stazione appaltante a questo proposito in caso di ricusazione arbitraria di una delle parti, di rafforzare la connotazione pubblicistica del ruolo di arbitri e consulenti e di agevolare il ricorso all’arbitrato nei casi in cui vi via stato silenzio della p.A. (una sorta di silenzio-assenso), nonché alcune previsioni che migliorano rendendola più efficiente, l’attività dell’ANAC in questa materia.

Per l’arbitrato della P.A. si è anche previsto di includere nell’oggetto dell’arbitrato le domande di risarcimento del danno derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.

Infine, raccogliendo indicazioni di provenienza diversa e adeguando l’ordinamento interno alla pratica internazionalmente diffusa di assicurare anche agli arbitri il potere di disporre in via cautelare quei provvedimenti loro confidati dalle parti, la Commissione - esaminati i diversi modelli attraverso i quali il principio risulta praticato - ha ritenuto di potere prospettare l’assai innovativa modifica attraverso la possibilità che soltanto un regolamento precostituito per arbitrato amministrato possa portare deroga all’altrimenti permanente divieto di esercizio cautelare del potere degli arbitri.

    7.2. La translatio iudicii

La possibilità di trasferire i procedimenti dinanzi al giudice ordinario ad un arbitro o collegio arbitrale per accelerare la loro conclusione non era contemplata espressamente dal codice di procedura civile né da leggi speciali riguardanti l’amministrazione della giustizia. Era in teoria ammissibile che le parti, di fronte ad una lunga attesa dovuta a lungaggini procedurali e rinvii dovuti al carico di lavoro gravoso, si risolvessero di abbandonare il giudizio per risolvere separatamente di fronte ad un arbitro la loro controversia; ma l’attività già espletata nell’ambito del processo difficilmente poteva essere salvata. Di qui l’opportunità, offerta alle parti, di trasferire alla sede arbitrale procedimenti pendenti, salvaguardando, per economia processuale, l’attività già svolta, purché la causa non fosse stata già assunta in decisione.

La Commissione ha preso atto che l’innovazione, introdotta con d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162, non sembra aver avuto una accoglienza convinta da parte dell’Avvocatura, né risultano casi in cui le parti abbiano profittato di tale opportunità. E’ evidente che la parte convenuta che si trovi in situazione debitoria e non abbia presentato domande riconvenzionali di natura creditoria o eccezioni di varia natura non ha interesse a concludere rapidamente il processo, ma piuttosto tende a cogliere il vantaggio offerto dalla lentezza del sistema e dalle eventualità che può recare la sorte per lucrare una qualche utilità.

E’ anche vero che il breve tempo trascorso dalla introduzione della normativa e la difficoltà di reperire dati sicuri non consentono di formulare un giudizio volto a sopprimere le disposizioni in esame. Piuttosto la Commissione, tenendo conto delle osservazioni di natura tecnica formulate da autorevole dottrina, ha ritenuto, innanzitutto, di estendere questa opportunità a tutti i procedimenti di primo grado comunque pendenti, ad estendere questa opportunità anche alle controversie di cui all’art. 409 c.p.c. e a sopprimerla invece per le cause in appello, attese le difficoltà di applicazione della normativa e le complicazioni che questa avrebbe potuto comportare. Si sono apportate anche alcune modifiche che rendono più preciso il testo.

La Commissione ha dato particolare rilievo alla disciplina della mediazione, sia nel corso delle riunioni, formali e informali, sia nella raccolta di informazioni provenienti dagli Uffici ministeriali, dalle Istituzioni che si occupano di mediazione praticandola ovvero da quelle che cooperano per la assistenza degli interessati, siano essi singoli privati, associazioni, imprese, famiglie.

Non hanno costituito oggetto di revisione le regole previste per la costituzione e il funzionamento degli organismi di mediazione e conciliazione.

La Commissione ha preso le mosse dalla situazione esistente, tenendo conto – attraverso le audizioni effettuate – di tutte le iniziative promosse dalle Istituzioni che per legge hanno il potere di istituire commissioni di mediazione e conciliazione, introdurre regolamenti per le relative procedure, facilitare la soluzione amichevole e volontaria dei conflitti.

Si è aperto un mondo di esperienze che, pur descritto anche a fini statistici dagli organismi che si occupano della cultura arbitrale e della mediazione e conciliazione, come l’ISDACI, i cui rapporti annuali registrano le modalità con cui a diverso titolo organismi di conciliazione, enti, associazioni private promuovono la soluzione dei conflitti, fino ad oggi non era stato percepito in tutta la sua estensione e complessità.

Questa raccolta di informazioni e di esperienze porta a formulare diverse considerazioni.

Innanzitutto, a rivedere la convinzione che la mentalità diffusa di privati, professionisti e imprese, non sia sensibile, non abbia sviluppato una empatia, per la mediazione. Forse questa era la realtà radicata nei decenni precedenti, ma oggi, atteso il successo della mediazione e della conciliazione in alcuni settori, dovrebbe far ricredere quanti sono ancora scettici in materia.

In secondo luogo, la previsione di enti o di organismi che si dedicano specificamente a tipologie di conflitti sembra dare i risultati migliori: è il caso, ad es., dei CORECOM per i conflitti in materia di comunicazioni, delle procedure promosse dall’ Autorità per l’Energia e il Gas, e soprattutto per l’ABF. A questo proposito la Commissione si è anche chiesta se non fosse possibile estendere le competenze di questi organismi, dati gli eccellenti risultati conseguiti, ma gli stessi rappresentanti che hanno partecipato alle audizioni, pur manifestando disponibilità a impegnarsi ulteriormente, hanno preferito contenere le competenze dei rispettivi organismi a quelle già esistenti, per timore che un carico eccessivo potesse comprometterne l’efficienza.

In terzo luogo, si è registrata, da parte delle categorie professionali interessate, una notevole apertura non solo alla mediazione volontaria, ma anche alla mediazione obbligatoria. La Commissione ha tenuto conto in particolare della posizione del Consiglio Nazionale forense e dei risultati del Congresso nazionale forense celebrato a Rimini nello scorso ottobre, in cui sono state approvate mozioni che non hanno più contestato la mediazione obbligatoria e hanno considerato questi mezzi di risoluzione stragiudiziale delle controversie come veri e propri complementi alla giustizia ordinaria, anche se, percentualmente, a sei anni dalla introduzione della l.n.28 del 2010 – che certamente ha avuto l’effetto trascinatore di estendere la mediazione volontaria, accanto a quella obbligatoria – i risultati sono stati meno premiali di quanto si potesse confidare. D’altra parte, ormai anche gli avvocati hanno compreso che la durata dei procedimenti va a scapito dei diritti e degli interessi dei clienti e quindi si ribalta negativamente sulla professione, oltre che sull’ immagine dell’Avvocatura, che un organismo di conciliazione può dare affidabilità per raggiungere, con ragioni di giustizia, risultati soddisfacenti per gli assistiti in termini di rapidità e convenienza economica, e che accanto alla difesa in giudizio – che rimane comunque il perno dell’attività forense – si è aperta una nuova modalità di esercitare la professione per l’avvocato (come mediatore e come assistente del cliente nel procedimento di mediazione).

Sembra che siano carenti i dati relativi alle mediazioni e conciliazioni effettuate dagli ordini professionali, sì che apparirebbe opportuno che il Ministero della Giustizia fosse dotato di potere impositivo per acquisirli, posto che lo svolgimento di questa attività deve, da un lato, essere autorizzata, e dall’altro essere effettuata da persone competenti e aggiornate.

Sugli incentivi, anche di natura fiscale, di discorrerà tra breve.

Tenendo conto di tutto ciò la Commissione non ha ripreso la problematica della legittimità costituzionale della mediazione obbligatoria – anche se alcuni suoi componenti, e con ragioni non certo trascurabili – ne hanno voluto sottolineare la rilevanza, ma ha preferito, a maggioranza, estendere il periodo di 10 anni di sperimentazione previsto dalla legge n.28 del 2010, come emendata dal decreto-legge n. 69/2013 e quindi fino al 21.9.2023. Alcuni Componenti ritengono che il periodo sperimentale già effettuato sia ormai sufficiente per vagliare l’utilità della normativa e delle conseguenti procedure, sì che l’aggiunga di un ulteriore periodo sia inopportuna.

Si è posto poi il problema della estensione delle materie in cui la mediazione è obbligatoria. Pur essendovi alcuni Componenti che, al fine di ridurre ulteriormente il carico di lavoro dei tribunali e ritenendo adeguata la mediazione per i settori individuati, hanno avanzato la proposta di includere nelle materie una molteplicità di rapporti, quali il contratto d’opera, l’appalto privato, la concorrenza sleale pura, il trasferimento di partecipazioni sociali, inclusi i rapporti in cui è competente il Tribunale delle imprese, la Commissione, a maggioranza, ha preferito estendere l’ambito della mediazione obbligatoria ai settori in cui sono già competenti le Camere di Commercio (cioè i contratti di subfornitura, di franchising, di leasing mobiliare non finanziario) a cui si potrebbero aggiungere i rapporti sociali concernenti le società di persone, incluso il caso in cui sia parte l’erede o un legatario del socio. Si rimette comunque all’apprezzamento del sig. Ministro l’opportunità di disegnare diversamente il perimetro delle materie oggetto di mediazione obbligatoria.

Ancora. Si è discusso se fosse opportuno includere anche la disciplina della clausola "multistep" in cui le parti si obbligano, in caso di controversia futura a promuovere la conciliazione o la mediazione e solo dopo ad adire l’autorità giudiziaria, ma la maggioranza della Commissione ha ritenuto che non fosse necessario intervenire normativamente.

Molte sono le proposte che riguardano dettagli di procedura, il più rilevante dei quali è dato dalla presenza obbligatoria delle parti agli incontri di mediazione e alla previsione dello svolgimento effettivo del primo incontro di mediazione. Altri interventi di modifica mirano a risolvere problemi interpretativi posti dalla pratica.

Quanto agli incentivi, si rimette al sig. Ministro la opportunità – ritenuta essenziale dalla Commissione – di prevedere l’elevazione dell’esenzione dall’imposta di registro del verbale (ora prevista dalla legge fino al limite di euro 50.000,00) fino al limite di euro 100.000,00, per le mediazioni endoprocessuali, previa valutazione del giudicante, al fine di eliminare o ridurre il rischio di comportamento negoziale elusivo o simulatorio.

Si propone altresì, ai fini di promozione dello strumento e sempre salve le valutazioni del Sig. Ministro, la possibilità per le parti di detrarre il costo della mediazione, in caso di esito negativo, dal contributo unificato del giudizio istaurato o da istaurare. Se l’accordo è raggiunto, occorrerebbe invece rendere effettivo il credito di imposta. La Commissione al riguardo propone di sostituire all’attuale meccanismo, alquanto farraginoso, la possibilità di detrazione fiscale diretta. Infine, si è prevista l’ammissione al patrocinio dello Stato per le parti che si rivolgono all’organismo di mediazione, con conseguenti benefici anche per l’organismo e per i difensori.

Si è, inoltre, ritenuto di dovere intervenire al fine di dirimere la questione della individuazione della parte tenuta ad attivare il procedimento di mediazione nel caso di giudizio introdotto a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo.

La Commissione ritiene molto importante l’istituto della mediazione demandata dal giudice (art. 5, co. 2 d.lgs.28/2010) per la promozione e il corretto impiego dell’istituto, dal momento che, a differenza della mediazione imposta prima del giudizio in base ad una valutazione astratta del legislatore, il giudice può svolgere una valutazione della mediabilità in concreto del conflitto. Se oggi la domanda di giustizia è ancora incanalata in modo preponderante nel processo, è proprio dal processo che può nascere la spinta per una riflessione sull’adeguatezza dello strumento giudiziario e sulla maggiore adeguatezza di modi diversi di risolvere i conflitti per soddisfare gli interessi delle parti in lite. Affinché tale spinta sia autentica e non nasca solo da esigenze non meditate di deflazione, occorre tuttavia che la mediazione demandata sia esperita quando ne ricorrano davvero i presupposti. Per questo la Commissione ha ritenuto di introdurre l’obbligo di motivazione per il giudice che disponga l’invio in mediazione. La previsione mira a garantire la serietà e la proficuità dell’invio e quindi l’aumento delle chances di accordo. Nella motivazione, di natura succinta (art. 134 c.p.c.), il giudice potrà infatti dar atto degli indici di mediabilità della controversia che ha preso in considerazione ai fini di un invio selettivo e calibrato sul caso concreto e fornire altresì alle parti e al mediatore elementi utili da valutare per lo svolgimento della mediazione.

Un tale invio, unito alle previsioni di partecipazione personale delle parti ed effettività del primo incontro, dovrebbe portare ad un aumento dei casi in cui le mediazioni vengono davvero svolte con la partecipazione di tutte le parti (anche vista la sanzione rafforzata per la mancata partecipazione), casi che registrano il raggiungimento di un numero maggiore di accordi, come emerso in occasione di progetti locali già svolti sperimentalmente in base a tali presupposti.

La Commissione ritiene comunque che il buon uso della mediazione demandata risieda anche in percorsi di formazione della classe forense e della magistratura, richiedendo un mutamento culturale di tutte le categorie coinvolte. Auspica quindi che il Signor Ministro, nello spirito di collaborazione con le istituzioni formative interessate, possa raccomandare la diffusione e la valorizzazione degli incontri di studio sul tema della mediazione.

Si rileva poi che l’analisi e la trattazione della causa svolta anche ai fini della conciliazione della stessa o dell’invio delle parti in mediazione è frutto di uno studio della causa e degli indici di mediabilità nonché di un’attività di trattazione che andrebbero valorizzati: si propone pertanto che il Sig. Ministro raccomandi al Consiglio Superiore della Magistratura di inserire, tra i criteri di valutazione della professionalità dei magistrati di cui tenersi conto, anche il corretto impiego dei provvedimenti di invio in mediazione e della proposta ex art. 185 bis c.p.c.

Si è previsto che i coniugi, animati sin dall’inizio di comune volontà, possano essere assistititi anche da un solo difensore: si tratta di una modifica che riprende una proposta poi scartata nel corso di approvazione del d.l. 12 settembre 2014, n. 132 conv. in l. 10 novembre 2014, n.162, ma che la Commissione ritiene utile riproporre per ragioni di economia, ferma restando la garanzia esercitata dal pubblico ministero ad evitare conflitti d’interesse e per tutelare, ove necessario, i soggetti deboli coinvolti nella vicenda. Peraltro la disposizione si pone in linea con le norme che prevedono la possibilità per i coniugi senza prole o con figli maggiorenni e autosufficienti di proporre condizioni di divorzio o eventuali modifiche agli accordi direttamente dinanzi all’ ufficiale di stato civile.

Inoltre, si propone di allargare l’ambito oggettivo di operatività della negoziazione assistita nei procedimenti famiglia, facendo rientrare nell’ambito della disciplina anche la soluzione di controversie in tema di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio.

Al fine di risolvere i dubbi interpretativi in ordine alle conseguenze della mancata autorizzazione dell’accordo in caso di presenza di figli minorenni o maggiorenni portatori di handicap o non economicamente sufficienti, prevedendosi che il presidente del tribunale (o un giudice da lui delegato) può, con decreto, concedere l’autorizzazione in luogo del pubblico ministero.

La Direttiva 93/13 sui contratti del consumatore, nell’allegato elenco delle clausole presuntivamente vessatorie, richiama (n. 1 lett. q) le clausole che hanno per oggetto o per effetto quello di "sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso al consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche, limitando indebitamente i mezzi di prova a disposizione del consumatore o imponendogli un onere della prova che, ai sensi della legislazione applicabile, incomberebbe ad altra parte del contratto". La suddetta Direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con la legge n. 52/1996, la quale ha introdotto nel codice civile l’art. 1469 bis, poi trasposto nell’art. 33, comma 2, lett. t del Codice del Consumo. L’assenza di un esplicito riferimento all’arbitrato, diversamente dalla normativa europea, ha dato adito ad interpretazioni differenti.

Al fine di favorire l’utilizzo dell’arbitrato anche nelle controversie con i consumatori e di evitare interpretazioni discordanti dell’ambigua disposizione di cui all’art. 33, comma 2, lett. t, si propone di modificare tale norma introducendo una deroga a favore delle convenzioni arbitrali, seppure individuando specifiche condizioni a tutela del consumatore.

La Commissione ha tenuto conto del notevole aggravio che i provvedimenti di volontaria giurisdizione possono comportare per i giudici tutelari a cui sono affidati questi delicati compiti e si è proposta di accelerare e di snellire la procedura, sempre avendo cura di non affievolire la tutela che l’ordinamento appresta ai minori e agli incapaci in genere.

Di qui la proposta di modifica dell’art. 320 c.c. che consente ai genitori o a quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale di compiere senza autorizzazione atti che arrechino vantaggi al minore (accettare eredità con beneficio di inventario, accettare donazioni non grave da oneri o condizioni, stipulare contratti di locazione infranovennali e acquistare beni immobili con provvista fornita da essi stessi o da terzi; in caso di conflitto di interessi tra figli non è parsa necessaria la nomina di un curatore speciale. Analoghe disposizioni si sono previste, con modifica degli artt. 371 ss. cc. per gli incapaci e gli interdetti per i quali operano i tutori. Ad evitare dispendio di energie si è previsto anche che l&rsquo autorizzazione per certi tipi di atti (ad es. vendita di beni, art. 376 c.c.) sia rilasciata direttamente dal giudice tutelare anziché dal Tribunale.

Si dà atto, inoltre, dell’ulteriore proposta formulata in sede di lavori, che ha la finalità, - per le ipotesi in cui il controllo tutorio permanga - di semplificare l’iter giudiziario, utilizzando la funzione notarile già prevista in materia di volontaria giurisdizione dall’art. 1 della legge regolatrice (legge 16 febbraio 1913, n. 89), che disciplina l’autonomo ius postulandi del Notaio in materia di ricorsi di volontaria giurisdizione, purché riguardanti la stipula di atti a lui affidati.

In diversi ordinamenti si prevede che le questioni di modesta entità non siano portate dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. La questione è stata oggetto di un dibattito molto acceso nella nostra esperienza, in quanto una misura di tal fatta potrebbe liberare i giudici – siano essi togati ovvero onorari – di un notevole contenzioso (anche se non constano studi di carattere statistico recenti in materia che distinguano gli ambito in cui sorgono controversie di tal natura). Il Regolamento n. 861/2007 disciplina le controversie transfrontaliere dinanzi ad un organo giurisdizionale. La disciplina del procedimento, semplificato, e prevalentemente affidato alla forma scritta, non ha riscosso particolare attenzione da parte della dottrina e neppure da parte dell’Avvocatura, tuttavia la Commissione ha considerato l’ipotesi in cui norme simili possano essere introdotte nel nostro ordinamento per le controversie di diritto interno.

Il Regolamento è assai dettagliato, per cui il suo adattamento alle questioni di diritto interno non si esporrebbe a particolari difficoltà.

Atteso che lo stesso Regolamento parla di organi giurisdizionali ed invita gli Stati ad utilizzare le tecnologie moderne per accelerare e semplificare le procedure, si potrebbe pensare di affidare le small claims a giudici onorari istituiti ad hoc, eventualmente con l’ausilio degli Ordini professionali, con i quali il Ministero della Giustizia, tramite i Tribunali, potrebbe stipulare convenzioni.

10. Le ODR

Anche per le ODR il Regolamento n.524/2013 è molto dettagliato; esso è stato oggetto di indagini di natura dottrinale, mentre sfuggono dati relativi alla sua operatività. Anche per questo tipo di tecniche di risoluzione stragiudiziale delle controversie si potrebbe pensare ad una applicazione nel diritto interno con l’ausilio deli Ordini professionali, ma occorrerebbe da un lato una convenzione per l’uso della piattaforma informatica del Ministero della Giustizia, dall’altro la previsione di un rimborso spese per i costi della cancelleria. E’ possibile che gli Ordini mettano a disposizione praticanti o giovani avvocati assicurando loro crediti formativi a titolo di compenso per l’attività svolta, ma si tratta di valutazione rimessa, ovviamente, al sig. Ministro.

La Commissione è stata informata o ha avuto notizia di provvedimenti in itinere che fanno impiego di ADR per non gravare la giustizia ordinaria, come ad es. le proposte in materia di responsabilità medica, di giustizia tributaria, di servizi pubblici e così via. Sarebbe necessario a questo punto prevede la redazione di un testo unico in cui raccogliere le diverse normative, in modo da migliorare la loro conoscenza da parte degli interessati e, se possibile, uniformare le procedure in modo che i difensori, là dove ne sia richiesta la presenza, siano agevolati nel loro compito. D’altra parte, la riduzione, anziché la moltiplicazione dei riti, costituisce una delle tecniche per migliorare l’efficienza della amministrazione della giustizia.

Riprendendo quanto anticipato nella lettera del 16 luglio 2016 la Commissione vorrebbe sottoporLe, sig. Ministro, alcuni suggerimenti che non riguardano la normativa vigente o da modificare, ma l’organizzazione stessa del sistema delle ADR.

Dal lavoro fin qui svolto sono emerse alcune esigenze la cui soddisfazione ha carattere di urgenza:

  • La diffusione di informazioni e la comunicazione al pubblico delle opportunità della mediazione e della conciliazione, e delle altre forme di ADR; le carenze riscontrate sollecitano un intervento del Ministero presso tutti i soggetti che si occupano o potrebbero occuparsi con maggior convinzione e determinazione del ricorso a questo strumento;
  • la necessità di promuovere le ADR con agevolazioni fiscali, con risparmio di spese e con misure premiali;
  • la carenza di dati concernenti le procedure di ADR dovuta anche alla loro diffusione priva di coordinamento e alla loro frammentazione;
  • l’esigenza di istituire o coordinare i centri esistenti (ad es., l’Osservatorio sulla Giustizia, l’Osservatorio permanente sulla giurisdizione istituito presso il CNF) con il Ministero;
  • l’opportunità di dare notizia degli esiti di queste procedure nel corso della relazione annuale al Parlamento e in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario, che potrebbe essere una cadenza opportuna per monitorare tutto il settore.

Le siamo grati per l’opportunità offertaci di studiare e proporre soluzioni al miglioramento del funzionamento della amministrazione della giustizia attraverso le ADR e restiamo a disposizione per qualsiasi chiarimento, integrazione o modificazione ritenesse opportuni.

Allegati:
Note illustrative delle proposte Articolati
Riassunto delle audizioni
Rassegna di massime sulla mediazione Bibliografia
Documentazione acquisita


II - NOTE ILLUSTRATIVE DELLE PROPOSTE

Il legislatore, da ultimo con la legge 4 novembre 2010, n. 183, ha arricchito la disciplina dell’arbitrato irrituale quale strumento agile di risoluzione alternativa di controversie di lavoro. La possibilità di ricorso all’arbitrato irrituale nelle controversie di lavoro è stata notevolmente ampliata con la previsione di plurime fattispecie ad esso riconducibili: l’arbitrato innanzi alle commissioni di conciliazione ex art. 412 c.p.c.; l’arbitrato previsto (e disciplinato) dalla contrattazione collettiva ex art. 412 ter; l’arbitrato innanzi ad un collegio di conciliazione e arbitrato costituito ad hoc ex art. 412 quater; l’arbitrato innanzi alle camere arbitrali presso gli organi di certificazione ex art. 31, comma 12, legge n. 183 del 2010; l’arbitrato previsto, ante litem, da clausole compromissorie ex art. 31, comma 10, legge cit..

In parallelismo con tale intervento legislativo ed con la stessa ragione di fondo di favorire la possibilità di composizione della lite con strumenti di degiurisdizionalizzazione in senso lato, si propone ora - superando una risalente e non pi&ùgrave; attuale diffidenza per l’arbitrato rituale nelle controversie di lavoro - una modifica normativa proprio sul versante dell’arbitrato rituale che, rispetto a quello irrituale, offre il vantaggio di conseguire un lodo con valore di sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria con uno speciale regime di impugnazione per nullità.

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’arbitrato rituale come strumento processuale collocato sullo stesso piano della giurisdizione induce a favorirne l’utilizzo anche nell’area delle controversie di lavoro pur con limitazioni e cautele dettate dalla peculiarità di questo contenzioso connotato da speciali esigenze di tutela del lavoratore quale parte debole del rapporto.

A tal fine le disposizioni del codice di rito che si propone di modificare sono le seguenti.

      (a)   Art. 806 (Controversie arbitrabili): si propone l’abrogazione del secondo comma di tale disposizione che attualmente prevede che le controversie di cui all’art. 409 c.p.c. possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro. In tal modo si rimuove questa limitazione di carattere generale per l’accesso all’arbitrato rituale in materia di lavoro ed i limiti dell’esperibilità dell’arbitrato rituale per queste controversie si ritrovano invece, distintamente modulati, nella disciplina del compromesso arbitrale e della clausola compromissoria.

      (b)   Art. 807 (Compromesso): si propone di introdurre un terzo comma per disciplinare il compromesso per arbitrato rituale nelle controversie di lavoro. Da una parte si introduce, per i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c., la facoltà di compromettere in arbitri rituali una "specifica controversia"; d’altra parte di richiede, per la validità della convenzione, che essa sia certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dagli organi di certificazione di cui all’articolo 76 del medesimo decreto legislativo. Quindi la cautela è duplice. Non solo è necessaria la certificazione della convenzione arbitrale; ma anche il compromesso è possibile solo per una controversia specifica che sta per sorgere tra le parti; una controversia quindi ben individuata nel suo oggetto che non può riguardare situazioni soggettive future, ma deve concernere diritti già sorti ed in ordine ai quali le parti sono in disaccordo. Non essendo le parti del rapporto di lavoro, di norma, in condizioni di parità, occorre evitare che possa stipularsi un compromesso prematuramente, quando la parte debole del rapporto sia pi&ùgrave; vulnerabile nell’accettare la certificazione della convenzione.

      (c)   Art. 808 (Clausola compromissoria): si propone di introdurre un comma ulteriore con la previsione che la clausola compromissoria è possibile anche per le controversie di cui all’art. 409, ma con il limite che la clausola è valida se prevista dalla legge o nei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro. Ossia si replica la formulazione del nuovo n. 3 del primo comma dell’art. 360 che prevede la possibilità di denunciare la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

      (d)   Art. 829 (Casi di nullità). Se si vuole che l’arbitrato rituale in materia di controversie di lavoro abbia uno spazio effettivo e reale, va eliminata la rigidità della regola generale ed inderogabile che, ove si tratti di controversie previste dall’art. 409 c.p.c., vuole essere sempre possibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. Invece occorre - se non proprio parificare - quanto meno avvicinare il regime dell’impugnazione del lodo arbitrale nelle controversie di lavoro a quello comune. Si propone quindi di ridisegnare il regime dell’impugnazione del lodo arbitrale nel caso di controversie di lavoro prevedendo sì, di norma, l’impugnazione anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia e delle norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, ma facendo salva la espressa volontà contraria delle parti dichiarata nel compromesso. Rimane invece invariata la salvezza in ogni caso dell’impugnazione del lodo per contrarietà all’ordine pubblico. Sicché a fronte dell’attuale disposizione (art. 829, quarto comma, n. 1, c.p.c.), che consente sempre l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto nelle controversie previste dall’art. 409 c.p.c., vi sarebbe la possibilità della diversa volontà delle parti, dichiarata espressamente nel compromesso stipulato ai sensi dell’art. 807, secondo comma, c.p.c., e debitamente certificato ex d.lgs. n. 276 del 2003. Invece questa salvezza della volontà contraria non c’è se manca il compromesso certificato e c’è solo, ad autorizzare l’arbitrato rituale, la clausola compromissoria prevista dalla legge o nei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro. Infine il richiamo dell’art. 412 quater, undicesimo e dodicesimo comma vale ad estendere all’arbitrato rituale in materia di lavoro le disposizioni in materia di arbitrato irrituale quanto al compenso degli arbitri.
Per necessario coordinamento, si propone poi anche di modificare il primo comma dell’art. 1 d.l. 132/2014, conv. in l. 132/2014, sul trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria. La pi&ùgrave; ampia possibilità di arbitrato rituale in materia di controversie di lavoro, secondo le disposizioni sopra riportate, comporta conseguentemente che occorre modificare altresì il regime del trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria consentendolo anche nel caso di controversie di lavoro.

Al fine di rendere pi&ùgrave; stabile il lodo arbitrale e quindi maggiormente idoneo alla definitiva risoluzione in sede arbitrale della lite l’art. 24 della legge 2 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche alla disciplina dell’arbitrato, ha, tra l’altro, capovolto la regola già posta dall’art. 829, secondo comma, c.p.c. quale risultante dalle modifiche apportate dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25. In precedenza era in generale possibile l’impugnazione per nullità per mancata osservanza delle regole di diritto e, solo come deroga, era consentito alle parti di autorizzare gli arbitri a decidere secondo equità o di dichiarare il lodo non impugnabile con la conseguenza di escludere tale impugnazione per nullità, limitandola ai casi del primo comma della stessa disposizione (art. 829, secondo comma, ante l. 40/2006)). Dopo la riforma del 2006, al contrario, il terzo comma dell’art. 829 prevede che l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa solo se espressamente disposta dalle parti o dalla legge con la conseguenza che tale impugnazione per nullità è di regola esclusa, rimanendo limitata ai casi del primo comma della stessa disposizione, e, solo come deroga, è consentito alle parti di prevederla, sempre che non sia prevista per legge, fatta salva, in ogni caso, l’impugnazione per contrarietà all’ordine pubblico.

Ove le parti non si avvalgano di questa facoltà in deroga e sempre che non ricorrano le menzionate ipotesi eccettuate per legge, il lodo arbitrale ha attualmente una maggiore tendenziale stabilità essendo l’impugnativa per nullità prevista dal primo comma dell’art. 829 solo per motivi di rito.

Pur così limitata l’impugnabilità del lodo ove la scelta delle parti sia stata quella di privilegiare la via arbitrale rispetto a quella giudiziaria, non di meno rimane la previsione dell’art. 828 - che in questa parte non è mutato rispetto alla formulazione della legge n. 25/1994 - secondo cui l’impugnazione si propone davanti alla corte d’appello la cui decisione sarà ricorribile per cassazione. Quindi la definitività del lodo è comunque condizionata a questa duplice possibilità di impugnazione: quella per nullità davanti alla corte d’appello e quella ordinaria del possibile successivo ricorso per cassazione. Sicché la pur prevista maggiore tendenziale stabilità del lodo, risultante dalla nuova regola del cit. terzo comma dell’art. 829, deve comunque fare i conti con i tempi necessari per l’esaurimento di questo possibile doppio livello di impugnazione: davanti alla corte d’appello prima e poi davanti alla corte di cassazione.

Per accelerare la fase processuale della possibile impugnazione del lodo la Commissione propone di prevedere la facoltà per le parti di scegliere una corsia pi&ùgrave; rapida per accelerare la definitività del lodo: una sorta di impugnazione di nullità per saltum a mezzo direttamente del ricorso per cassazione, la cui esperibilità, a differenza dell’impugnazione davanti alla corte d’appello, è comunque necessaria in ragione della garanzia costituzionale del settimo comma dell’art. 111 Cost. In tal modo i tempi del processo sarebbero verosimilmente dimezzati con indubbio vantaggio per le parti che intendano affidare maggiormente agli arbitri la composizione della loro lite.

A tal fine si propone di inserire nell’art. 828 c.p.c., dopo il primo comma, un nuovo comma che prevede, in favore delle parti che già non abbiano disposto l’impugnazione per violazione delle regole di diritto attinenti al merito della controversia, la facoltà di convenire con atto scritto, anche anteriore al lodo, che l’impugnazione per nullità sia proposta immediatamente alla corte di cassazione con ricorso omisso medio, ossia senza l’impugnazione davanti alla corte d’appello di cui al primo comma dell’art. 828. E’ apparso coerente con la ratio della proposta limitare questa facoltà alle parti che, con il fatto di non prevedere espressamente che l’impugnazione del lodo possa essere estesa anche alla violazione delle regole di diritto attinenti al merito della controversia, oltre alla violazione delle regole di rito di cui al primo comma dell’art. 829, abbiano mostrato di privilegiare maggiormente la sede arbitrale rispetto a quella giudiziaria, e di voler ridurre al minimo indispensabile il sindacato della giurisdizione ordinaria rispetto alla vicenda arbitrale. Alle parti che già si siano orientate in tal senso si offre ora la possibilità di ridurre anche i termini di conseguimento dei giudicato.

A corollario di questa proposta vi sono poi modifiche consequenziali o comunque connesse: a) riduzione a sessanta giorni del termine per l’impugnazione davanti alla corte d’appello per uniformare tale termine a quello per proporre l’eventuale impugnazione per saltum del (proposto) secondo comma dell’art. 828 con ricorso per cassazione; b) riduzione da un anno a sei mesi quale termine ultimo per proporre l’impugnazione del lodo per uniformare tale termine a quello del novellato art. 327, primo comma, c.p.c.; c) disciplina del procedimento di impugnazione del lodo innanzi alla Suprema Corte mediante applicazione in quanto compatibile di alcune disposizioni relative al giudizio ordinario di cassazione; d) disciplina della fase inibitoria nella ipotesi di impugnazione omisso medio innanzi alla Corte di Cassazione; e) disciplina, nell’art. 830 c.p.c., della fase rescissoria nel caso di accoglimento della impugnazione per saltum di cui al (proposto) secondo comma dell’art. 828.

La proposta concernente gli artt. 832.bis – 832.quinquies del codice di procedura civile raccoglie l’idea di trasporre nel codice e, infine, consentire la abrogazione completa della fonte speciale costituita dal d.lgs. n. 5/2003, rimasto in vigore limitatamente alla parte dedicata all’arbitrato societario.

E’ apparso opportuno, anche a evitare che la distonia tra diritto comune sopravvenuto (per d.lgs. n. 40/2006) e diritto speciale antevigente procurasse esiti interpretativi imprevedibili, ricondurre la materia dell’arbitrato societario all’interno del codice di rito, con collocazione omologa ad altre figure di arbitrato speciale (quali le figure previste in materia di controversie di lavoro: artt. 412 ss.) e praticabile senza particolari difficoltà stante il vuoto delle disposizioni che agli artt. 833 ss. si è determinato all’esito del venir meno della sezione dedicata all’arbitrato internazionale (d.lgs. n. 40/2006).

La raccolta della disciplina speciale entro il Libro IV del codice di procedura civile impone adeguamenti di differente rilevanza, ora formali e necessitati ora sostanziali e implicanti opzioni discrezionali: tra questi ultimi si segnalano:

  • l’estensione della disciplina a tutte le società iscritte nel registro delle imprese, ferma la risalente eccezione per quelle che fanno ricorso al mercato dei capitali;
  • la etero-integrazione automatica della clausole statutarie non conformi allo standard di terzietà prescritta per il soggetto designante il collegio o l’arbitro unico (la residuale attribuzione al presidente della sezione specializzata in materia di impresa nell’ambito della disciplina di diritto comune è parsa la pi&ùgrave; coerente per il finale mantenimento di efficacia della volontà compromissoria delle parti);
  • infine, il coordinamento del potere di precaria sospensione dell’efficacia della delibera impugnata con il pi&ùgrave; generale riconoscimento fatto agli arbitri, secondo la ulteriore proposta della Commissione (cfr. art. 832, 5° c.), di esercitare poteri cautelari quando agenti nell’ambito di istituzioni per l’amministrazione dei procedimenti secondo regolamenti precostituiti.

Nessun emendamento ha riguardato la norma sulla risoluzione dei contrasti sulla gestione di società già ospitata dall’art. 37 d.lgs. n. 5/2003 stante la sua obiettiva estraneità alla materia arbitrale e la sola contiguità, per il contesto di origine, con la disciplina dei giudizi arbitrali, impregiudicata la possibilità di dislocazione della stessa nel codice sostanziale apparendo piuttosto la relativa disciplina quella di una forma di amministrazione societaria, c.d. de consilio.

Attesa la formulazione laconica dell’articolo 816 septies del codice di procedura civile riguardante le spese del procedimento arbitrale e preso atto del contrasto di giurisprudenza in materia, la Commissione propone che il testo del suddetto articolo sia modificato in modo da consentire agli arbitri di subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili e, tenendo conto della fase di avvio del procedimento, anche della metà dei compensi prevedibili calcolati secondo parametri determinati in conformità alla legge. Poiché la responsabilità per inadempimento che ne consegue è solidale, si popone di affidare agli arbitri la determinazione della misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte, salvo che esse si accordino diversamente.

Raccogliendo indicazioni di provenienza diversa e adeguando l’ordinamento interno alla pratica internazionalmente diffusa di assicurare anche agli arbitri il potere di disporre in via cautelare quei provvedimenti loro confidati dalle parti, la Commissione -esaminati i diversi modelli attraverso i quali il principio risulta praticato- ha ritenuto di proporre l’assai innovativa modifica attraverso la possibilità che soltanto un regolamento precostituito per arbitrato amministrato possa portare deroga all’altrimenti permanente divieto di esercizio cautelare del potere degli arbitri: divieto che rimane, dunque, secondo la tradizione nazionale, intatto e che, soltanto nel contesto di amministrazione dell’arbitrato presso istituzioni, potrà riuscire derogato, così permettendo - in un quadro di coerente rafforzamento dell’arbitrato istituzionale in luogo di quello ad hoc (cfr. anche la proposta di modifica dell’art. 33 Cod. consumo) - una soluzione di transizione e di progressiva equiparazione funzionale della giustizia privata a quella amministrata dallo Stato.

La tecnica normativa segue opzioni interpretative che erano state già autorevolmente avanzate per generare la soluzione che qui, infine, si viene proponendo, e in coerenza con scelte fatte nel recente passato (cfr. d.lgs. n. 5/2003) si mantiene l’esclusione, per le ipotesi di accesso all’arbitrato già per l’assicurazione della cautela (di per sé materia di concorrente competenza giudiziaria), di ogni rimedio impugnatorio del provvedimento cautelare rilasciato dagli arbitri. La sua attuazione, infine, seguirà per la via dell’ordinaria esecuzione dei lodi ancorché la forma del provvedimento disciplinata dal regolamento arbitrale applicabile dovesse non essere rispondente a quella del lodo.

La possibilità di trasferire i procedimenti dinanzi al giudice ordinario ad un arbitro o collegio arbitrale per accelerare la loro conclusione non era contemplata espressamente dal codice di procedura civile né da leggi speciali riguardanti l’amministrazione della giustizia. Era in teoria ammissibile che le parti, di fronte ad una lunga attesa dovuta a lungaggini procedurali e rinvii dovuti al carico di lavoro gravoso, si risolvessero di abbandonare il giudizio per risolvere separatamente di fronte ad un arbitro la loro controversia; ma l’attività già espletata nell’ambito del processo difficilmente poteva essere salvata. Di qui l’opportunità, offerta alle parti, di trasferire alla sede arbitrale procedimenti pendenti, salvaguardando, per economia processuale, l’attività già svolta, purché la causa non fosse stata già assunta in decisione.

La Commissione ha preso atto che l’innovazione, introdotta con d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162, non sembra aver avuto una accoglienza convinta da parte dell’Avvocatura, né risultano casi in cui le parti abbiano profittato di tale opportunità. E’ evidente che la parte convenuta che si trovi in situazione debitoria e non abbia presentato domande riconvenzionali di natura creditoria o eccezioni di varia natura non ha interesse a concludere rapidamente il processo, ma piuttosto tende a cogliere il vantaggio offerto dalla lentezza del sistema e dalle eventualità che può recare la sorte per lucrare una qualche utilità.

E’ anche vero che il breve tempo trascorso dalla introduzione della normativa e la difficoltà di reperire dati sicuri non consentono di formulare un giudizio volto a sopprimere le disposizioni in esame. Piuttosto la Commissione, tenendo conto delle osservazioni di natura tecnica formulate da autorevole dottrina, ha ritenuto, innanzitutto, di estendere questa opportunità a tutti i procedimenti di primo grado comunque pendenti, ad estendere questa opportunità anche alle controversie di cui all’art. 409 c.p.c. e a sopprimerla invece per le cause in appello, attese le difficoltà di applicazione della normativa e le complicazioni che questa avrebbe potuto comportare. Si sono apportate anche alcune modifiche che rendono pi&ùgrave; preciso il testo.

1) La tutela dei consumatori, nell’ottica di un efficiente funzionamento del mercato concorrenziale, richiede, accanto a norme protettive di diritto sostanziale, procedure di soluzione delle controversie con i professionisti che rendano agevole ed effettiva la realizzazione di tale finalità protettiva.
Grazie anche all’impulso della normativa europea, si sono sviluppati alcuni strumenti alternativi di soluzioni delle liti (ADR), caratterizzati o dall’essere improntati a meccanismi di mediazione/conciliazione, volti ad assistere le parti al fine di una composizione amichevole (cfr. Direttiva n. 2008/52/CE attuata con d.lg. n. 28/2010), oppure da procedimenti regolamentati che portano ad una decisione non vincolante e quindi non preclusiva del ricorso al giudice ordinario (ad es. l’Arbitro Bancario Finanziario).

Differente è stato ed è tuttora il rilievo assegnato all’istituto arbitrale, stante i suoi diversi caratteri rispetto alle altre ADR: si tratta infatti di uno strumento processuale che, per effetto dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale, è ormai posto sullo stesso piano della giurisdizione ordinaria ed alla stessa alternativa.

Da qui, la diffidenza verso il suo utilizzo nelle controversie tra professionisti e consumatori per il timore che l’accesso ad una giustizia privata scelta ed imposta dal contraente forte possa ostacolare e pregiudicare la difesa dei diritti della parte debole, altresì gravata da possibili maggiori spese.

A livello europeo, si riscontra un atteggiamento altalenante. Nel Libro Verde del 1993 (COM (1993) 576), sull’accesso dei consumatori alla giustizia, l’arbitrato è indicato come uno degli strumenti idonei a contrastare le insufficienze della giustizia ordinaria; di seguito traspare, invece, una certa chiusura: oltre alle Raccomandazioni n. 98/257/CE e n. 2001/310/CE che non ne fanno menzione, nel Libro Verde del 2002 (COM (2002) 196), i modi alternativi di risoluzione delle controversie vengono identificati nei soli procedimenti non giurisdizionali, con indiretta esclusione dell’arbitrato propriamente detto; analogamente nella Direttiva n. 2008/52/CE, che riguarda le ADR di matrice conciliativa. Una significativa apertura verso l’arbitrato riemerge peraltro nella recente Direttiva 2013/11/UE, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori: al Considerando n. 21 si precisa infatti che le ADR "possono prendere la forma di procedure in cui l’organismo ADR riunisce le parti allo scopo di facilitare una soluzione amichevole, di procedure in cui tale organismo ADR propone una soluzione o di procedure in cui lo stesso organismo ADR impone una soluzione". Di particolare interesse, in relazione alla modifica normativa che qui si propone, è altresì la Direttiva 93/13 sui contratti del consumatore la quale, nell’allegato elenco delle clausole presuntivamente vessatorie, richiama (n. 1 lett. q) le clausole che hanno per oggetto o per effetto quello di "sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso al consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche, limitando indebitamente i mezzi di prova a disposizione del consumatore o imponendogli un onere della prova che, ai sensi della legislazione applicabile, incomberebbe ad altra parte del contratto".

Quanto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, le decisioni relative alle clausole compromissorie contenute nei contratti conclusi tra professionisti e consumatori (che non siano state oggetto di trattativa individuale), oltre ad essere circoscritte alle singole vicende portate in giudizio, non prendono posizione in ordine al carattere abusivo o meno delle stesse alla luce della normativa comunitaria pi&ùgrave; sopra richiamata, ma rimettono alle autorità nazionali ogni valutazione in merito alla loro presunta vessatorietà (cfr. Corte giust., 2006, caso Mostaza Claro; Corte di giust. 2009, caso Pannon PGM; Corte di giust., 2009, caso Asturcom).

2) La Direttiva 93/13, sopra segnalata, è stata recepita nel nostro ordinamento con la l. n. 52/1996, la quale ha introdotto nel c.c. l’art. 1469 bis, poi trasposto nell’art. 33, comma 2, lett. t del Codice del Consumo.

Senza fare alcun riferimento all’arbitrato, tale disposto considera vessatorie, fino a prova contraria, le clausole che hanno per oggetto o per effetto di "sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi".

L’assenza di un esplicito riferimento all’arbitrato, diversamente dalla normativa europea, ha dato adito ad interpretazioni differenti. Per la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, l’espressione "deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria" dovrebbe essere intesa come "deroga alla giurisdizione" e, dunque, sarebbe comprensiva anche della clausola arbitrale, da dichiararsi conseguentemente nulla. Altri ritengono invece che l’esclusione valga solo per l’arbitrato irrituale (quantomeno prima della riforma del 2006); altri ancora, ritenendo la mancata menzione della clausola compromissoria una consapevole scelta del legislatore favorevole a tale soluzione alternativa delle controversie, escludono invece una aprioristica valutazione di vessatorietà della clausola.

3) L’orientamento dominante degli interpreti, come sopra delineato, si pone peraltro sempre pi&ùgrave; in contrasto sia con la generale evoluzione della legislazione europea verso forme alternative di soluzione delle controversie tra professionisti e consumatori, sia con la normativa interna che di quell’indirizzo rappresenta attuazione (cfr., ad es. art. 141, comma 4, codice del consumo), sia con i caratteri ormai assunti dall’istituto arbitrale. Sotto quest’ultimo profilo occorre infatti ricordare che l’arbitrato è disciplinato dal codice di procedura civile, sulla base di regole che garantiscono la terzietà e l’imparzialità dell’organo giudicante, il principio del contraddittorio, il diritto di difesa, l’obbligo di adeguata motivazione, ecc.: essendo ormai divenuto espressione della funzione giurisdizionale, l’arbitrato è istituto soggetto ai principi del "giusto processo" di cui all’art. 111 Cost. Esso, in definitiva, risulta essere perfettamente coerente con la lett. q dell’allegato alla Direttiva 93/13 sopra ricordata, in quanto "disciplinato da disposizioni giuridiche", sicché il suo ricorso non può dirsi di per sé pregiudizievole per il consumatore.

L’arbitrato, insieme con gli altri mezzi di soluzione stragiudiziale delle liti, rappresenta infatti uno strumento di tutela rapida, agile ed efficace delle ragioni dei soggetti pi&ùgrave; deboli, anche relativamente alle controversie di minore rilevanza economica, come quelle che vedono coinvolti i consumatori, a fronte dei costi, della complessità e della durata del processo ordinario civile. Esso, del resto, sta diventando mezzo privilegiato nel campo della tutela della parte debole sia nell’esperienza di alcuni Stati europei (ad es., la Spagna), sia in quella statunitense, nella quale il suo utilizzo, anche in relazione alle pretese dei consumatori verso i professionisti, sta prendendo il posto delle azioni di classe. Al fine di favorire l’utilizzo dell’arbitrato anche nelle controversie con i consumatori e di evitare interpretazioni discordanti dell’ambigua disposizione di cui all’art. 33, comma 2, lett. t, si propone di modificare tale norma introducendo una deroga a favore delle convenzioni arbitrali.

Il testo dovrebbe risultare del seguente tenore: "sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, fatte salve le convenzioni arbitrali di cui all’art. 806 c.p.c. e ss. (purché siano soddisfatti i requisiti prescritti dal comma 1, gli arbitrati siano rituali di diritto, siano amministrati a norma dell’art. 832 c.p.c. - ad esclusione dell’ultimo comma -, fermo restando il foro del consumatore, e sia sempre ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto), limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi". Tale apertura non si ritiene comportare una ingiustificata discrasia tra tale norma e l’art. 1341 c.c., in tema di condizioni generali di contratto, la quale considera inefficaci (in quanto implicitamente vessatorie) le "clausole compromissorie": a parte che tale regola può ormai operare solo laddove l’aderente non sia un consumatore (tutelato dalla disciplina speciale), essa testualmente dispone che per la loro validità è sufficiente la specifica approvazione per iscritto, il che, di fatto, consente il ricorso all’arbitrato di cui al codice di procedura civile (senza le limitazioni imposte nel caso un contraente sia definibile consumatore).

4) Per la validità della clausola compromissoria inserita nei contratti dei consumatori occorre che siano rispettate alcune condizioni a tutela della parte pi&ùgrave; debole.

a) In primo luogo, l’esclusione della aprioristica presunzione di vessatorietà che tale nuovo disposto implica, lascia comunque impregiudicata la possibilità di valutare in concreto gli elementi dell’accordo compromissorio che possano di volta in volta determinare quel "significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi" di cui parla il primo comma dell’art. 33 Codice del Consumo: da qui l’espresso riferimento a tale comma 1.

b) L’arbitrato deve essere rituale in quanto, diversamente da quello irrituale, ha il vantaggio che il lodo ha il valore di sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria ed è soggetto ad un regime speciale di impugnazione per nullità. La decisione deve essere pronunciata secondo diritto, non essendo chiari i poteri dell’organo giudicante chiamato a decidere secondo equità, con conseguenti possibili risvolti di incertezza pregiudizievoli per il soggetto debole che si intende tutelare.

c) Si esclude il ricorso all’arbitrato ad hoc: l’arbitrato deve essere infatti amministrato a norma dell’art. 832 c.p.c. ovvero la convenzione di arbitrato deve fare rinvio a un "regolamento arbitrale precostituito". Si ritiene infatti che la già maturata esperienza delle camere arbitrali consenta al consumatore di poter contare su arbitri imparziali e qualitativamente selezionati e controllati al fine di garantirne la neutralità, su una procedura preventivamente disciplinata, anche con riguardo alla verifica della regolarità formale del lodo, su costi calmierati specie con riguardo alle controversie di modico valore. Si esclude peraltro l’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 832 c.p.c., con la conseguenza che se l’istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l’arbitrato, la convenzione d’arbitrato perde efficacia.

d) Al fine di rendere pi&ùgrave; agevole e meno costoso il ricorso all’arbitrato, si prevede, in conformità alla disciplina consumeristica, che la sede dell’arbitrato sia quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore: da qui il richiamo al "foro del consumatore".

e) Ancora nell’ottica di tutelare la parte pi&ùgrave; debole, si prevede, in deroga alla disposizione di cui all’art. 829 c.p.c., che il lodo sia sempre impugnabile per violazione delle regole di diritto.

Già nell’ambito del potere di produrre decreti correttivi del Codice dei contratti pubblici, la normativa del recente d.lgs. n. 50 del 2016 sui modi di risoluzione delle controversie alternativi rispetto all’adizione dell’A.G. appare suscettibile di miglioramenti puntuali.

L’accordo bonario, anzitutto, potrebbe essere ancor pi&ùgrave; ampiamente rivalutato (che è opzione chiaramente già votata dal Codice rispetto allo stato pre-vigente) se si negasse, dopo l’esperimento dell’attività del terzo imparziale che promuove l’intesa, di ricusarla arbitrariamente a opera di ciascuna parte. Infatti, sul modello dell’adjudcation in vigore per la risoluzione delle controversie in materia di construction law, appare opportuno introdurre la disciplina della comunicazione con la quale il soggetto che ha formulato le riserve dichiari di eventualmente accettare la proposta del terzo. Decorso un termine perentorio entro il quale la Stazione appaltante ha l’onere di agire introducendo l’ordinario giudizio di merito, la proposta del terzo può intendersi intanto munita dell’efficacia di titolo esecutivo limitatamente alle somme di denaro con essa liquidate a favore del soggetto accettante.

Quanto all’arbitrato amministrato dalla Camera per i contratti pubblici presso l’Anac, se ne promuove una connotazione in senso ulteriormente pubblicistico e di specialità disciplinare a cominciare dalla qualificazione attribuibile ad arbitri e consulenti in termini diversi da quanto risulta attualmente per gli arbitri di diritto comune, invero non astretti dallo statuto neppure dell’incaricato di pubblico servizio.

L’accresciuta specialità della disciplina, il suo intimo rigore unito al monopolio nell’amministrazione del procedimento da parte del soggetto pubblico costituito entro l’Autorità di settore consentono pure di introdurre la figura dell’arbitro unico per le controversie di importo meno rilevante, figura invero pi&ùgrave; coerente con i limiti remunerativi che si applicano ai soggetti incaricati di dirimere le liti arbitrali. Ulteriore profilo da accomodare normativamente nel mutato contesto della necessaria amministra(tivizza)zione di tutti i giudizi arbitrali, funzionale all’effettivo monitoraggio del contenzioso in materia, riguarda la disciplina dell’accesso ad arbitri in virt&ùgrave; di clausole non già conformate ratione temporis ai dettami della Legge n. 190/2012 (c.d. Severino). Dunque, nella logica di restituire sicura accessibilità agli arbitrati che muovono da tali clausole anteriori, appare possibile e utile mutuare adesso lo schema consolidato del silenzio assenso della P.A. alla via arbitrale optata dalla parte privata che abbia introdotto la domanda sulla scorta di una clausola contrattuale anteriore alla L. n. 190/2012, con soluzione del resto esplicitamente seguita in sede legislativa per il c.d. arbitrato forense ai fini della translatio iudicii verso la sede arbitrale (L. n. 134/2012).

Infine, nella logica del discarico di incombenti non giurisdizionali – come usa dire in Francia, de-giudiziarizzazione degli affari - appare indifferibile munire gli atti della Camera arbitrale di effetti che rendano eventuale e non necessaria l’adizione dell’A.G.: è il caso, per es., in cui siano stati liquidati dal Consiglio i crediti esigibili nei confronti delle parti da arbitri e periti, i quali non consistono allo stato di titoli esecutivi direttamente azionabili come tali.

Nella stessa logica, appare effettivamente superfluo che l’A.G., in veste monocratica qual è quella pur autorevole del presidente del tribunale della sede arbitrale (e, per lo pi&ùgrave;, di Roma), debba per forza venir compulsata per ragioni di nuda assistenza all’effettività del corso arbitrale; all’inverso, un collegio di pubblici ufficiali, qual è quello della Camera arbitrale, potrebbe pi&ùgrave; adeguatamente svolgere tale ruolo di assistenza all’arbitrato mediante esercizio di tutti i poteri di enforcement delle misure disposte dagli arbitri ovvero di controllo pieno del loro operato (è il caso emblematico della proroga del termine per la pronuncia del lodo). Si tratta di misure per le quali è attualmente richiesto l’apporto sostitutivo del magistrato pur senza necessarietà costituzionale di tanto.

Funzionale all’accrescimento, e si direbbe all’ottimizzazione del ruolo della Camera arbitrale, appare infine la relativa dotazione, al pari delle camere sia di origine pubblica che privata, di un apposito potere regolamentare da esercitare all’interno della meccanica di produzione delle fonti riservate all’Anac.

La norma introduce un modello di ADR nelle controversie tra operatori economici ed utenti nel campo dei servizi pubblici. La disposizione utilizza, in proposito, l’equivalente nozione comunitaria di servizio di interesse economico generale. La norma prevede un sistema di ADR che ha effetti vincolanti per le parti e che si ispira, come parametro di riferimento, alla definizione extragiudiziaria delle controversie applicata con successo nei settori vigilati dall’Autorità di garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), mediante l’operato dei cosiddetti CORECOM (v. l’art. 11, l. n. 249 del 1997; delibera 173/07/CONS di AGCOM). Un sistema analogo è attivo anche per le controversie tra operatori ed utenti attinenti l’energia elettrica e il gas e il servizio idrico, sotto il coordinamento e il potere decisorio dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI).

E’ previsto che l’ente pubblico, dopo aver assunto un servizio come servizio di interesse economico generale e aver deciso di promuovere una gara per la scelta del gestore, direttamente inserisca negli atti di gara la previsione di un tale meccanismo. Ciascun partecipante alla gara viene così a conoscenza delle condizioni dell’offerta, tra le quali anche l’attivazione di questo sistema di ADR nonché il sostenimento dei costi da parte del futuro gestore.

La norma, anche allo scopo di rafforzarne l’indipendenza, prevede che l’organo chiamato ad esercitare le funzioni aggiudicatorie di ADR sia nominato dai vertici giudiziari territorialmente competenti. Si svolgono due fasi: la prima di tipo strettamente conciliativo, che è curata dal presidente del collegio; la seconda, su impulso di entrambe le parti o dell’utente, di tipo aggiudicativo, che è affidata al collegio, la quale si chiude con un provvedimento di natura vincolante. Il contratto di servizio potrà integrare la disciplina con ulteriori previsioni relative al contraddittorio, ai termini e ad altri profili procedimentali. Si tratta di una decisione avente natura amministrativa, al pari di quanto accade nell’esperienza AGCOM e AEEGSI e che dunque riconduce questo istituto ai rimedi amministrativi giustiziali. E’ fatta salva l’impugnazione davanti al TAR della decisione. L’eventuale rigetto, tuttavia, comporta delle conseguenze sul piano delle spese, secondo un modello già presente a proposito dei c.d. pareri in precontenzioso pronunciati da ANAC ai sensi dell’art. 211, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Atteso il disposto dell’articolo 12 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che consente di devolvere alla giurisdizione amministrativa le controversie concernenti diritti soggettivi mediante arbitrato rituale di diritto, la Commissione, al fine di prevenire dubbi interpretativi, propone di includere, nelle materie oggetto di controversia, le domande di risarcimento del danno derivante da illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.

Le modifiche proposte mirano a promuovere e rendere efficace la mediazione disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010 e nello stesso tempo a coglierne il significato culturale e non ridurla ad una mera condizione di procedibilità, volta solo a deflazionare un contenzioso ’in esubero’.

A parte interventi minori di chiarimento (le definizioni all’art. 1, la possibilità per le parti di scegliere un organismo anche al di fuori dei criteri territoriali ex art. 4, l’obbligo per le parti di comportarsi secondo buona fede e con spirito di cooperazione, art. 8), la proposta mira a modificare il testo solo ove necessario e con interventi contenuti per evitare formulazioni di nuove norme o commi che potrebbero dare adito a problematiche interpretative.

Tema cruciale è quello della obbligatorietà della mediazione, problematico perché la mediazione costituisce una manifestazione dell’autonomia - dunque della libertà - delle parti. Tuttavia la libertà deve essere effettiva e non formale. Solo in seguito al d.lgs. n. 28/2010, sia pure timidamente e con resistenze, si è iniziata a diffondere la cultura della conciliazione: prima non vi era vera, effettiva libertà perché il cittadino era ’di fatto’ costretto ad adire il giudice rispetto alla via mediativa. Si ritiene pertanto che l’obbligatorietà possa giustificarsi in chiave promozionale: l’obbligatorietà della mediazione si basa sul principio delle ’’quote rosa’’, un favor per un metodo di risoluzione dei conflitti che però non mira a favorire semplicemente quello, ma ha di vista l’interesse generale.

In questa prospettiva, ritenendo che la spinta propulsiva promozionale della obbligatorietà della mediazione non abbia esaurito la sua funzione si è pertanto proposto di estendere l’obbligatorietà dell’esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità fino al 21.9.2023 (10 anni dall’entrata in vigore delle modifiche contenute nel d.l. n. 69/13, convertito con la legge n. 98/2013).

In varie occasioni, anche il mondo delle imprese ha dichiarato di essere favorevole all’estensione delle materie e così si è espressa l’Avvocatura all’importante Congresso Nazionale di Rimini del 6-8 ottobre scorso. Anche alla luce dell’atto di indirizzo del Ministro per l’anno 2017, pubblicato il 29 settembre 2016, si è proposto quindi di estendere la condizione di procedibilità ad altre materie e cioè ai settori in cui sono già competenti le Camere di Commercio (cioè i contratti di subfornitura, di franchising, di leasing mobiliare non finanziario) e ai rapporti sociali concernenti le società di persone, incluso il caso in cui sia parte l’erede o il legatario di un socio.

L’intervento di modifica mira poi a risolvere i contrasti interpretativi maturati in giurisprudenza e superare le incongruenze rivelate dall’esperienza sin qui svolta.

Innanzitutto è apparso fondamentale eliminare incertezze e dinamiche alterate che nascono dal c.d. primo incontro in mediazione, recependo la giurisprudenza maggioritaria che si è formata in materia. In grandissima maggioranza i giudici di merito hanno ritenuto che l’incontro sulla mediazione, anche per i casi di mediazione obbligatoria debba essere effettivo, e non limitarsi ad una fase preliminare informativa1.

Ritenere che l’ordine del giudice sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre, pare in effetti una conclusione irrazionale e soprattutto non conforme a una lettura sistematica e teleologica della normativa. L’art. 8 infatti prevede che, durante il primo incontro, il mediatore verifichi se vi è la possibilità di svolgere la mediazione (con riferimento a eventuali situazioni preliminari che possano ostacolare l’esperimento di mediazione) e non la volontà delle parti di farlo.

Va inoltre considerato che i difensori, definiti mediatori di diritto dalla stessa legge, hanno sicuramente già conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità. Se così non fosse non si vede come potrebbero fornire al cliente l’informazione prescritta dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010, senza contare che obblighi informativi in tal senso si desumono già sul piano deontologico (art. 62 codice deontologico).

Non avrebbe dunque senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore solo in vista di un’informativa e una dilazione del processo civile per un adempimento che finisce per essere puramente burocratico. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione.

L’ipotesi che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore per le informazioni è apparsa particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di ’mediabilità’ del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare ’’la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti’’), e che tale valutazione si sia svolta nel colloquio processuale con i difensori. Questo presuppone anche un’adeguata informazione ai clienti da parte dei difensori; inoltre, in caso di lacuna al riguardo, lo stesso giudice, qualora verifichi la mancata allegazione del documento informativo, deve a sua volta informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Come si vede dunque, sono previsti plurimi livelli informativi e non è pensabile che il processo venga momentaneamente interrotto per un’ulteriore informazione anziché per un serio tentativo di risolvere il conflitto.

Può ricordarsi infine che l’art. 5 della direttiva europea sulla mediazione civile e commerciale distingue le ipotesi in cui il giudice invia le parti in mediazione rispetto all’invio per una semplice sessione informativa2: un ulteriore motivo per ritenere che nella mediazione disposta dal giudice, viene chiesto alle parti (e ai difensori) di esperire la mediazione e cioè l’attività svolta dal terzo imparziale finalizzata ad assistere due o pi&ùgrave; soggetti nella ricerca di un accordo amichevole (secondo la definizione data dall’art. 1 del d.lgs. n. 28/2010) e non di acquisire una mera informazione e di rendere al mediatore una dichiarazione sulla volontà o meno di iniziare la procedura mediativa.

Si è ritenuto che anche la mediazione che precede il giudizio debba essere effettiva.

E’ vero che nella mediazione demandata il giudice ha già svolto la valutazione di ’mediabilità’ in concreto del conflitto, mentre la mediazione che precede il giudizio è imposta dal legislatore sulla base di una valutazione di mediabilità in astratto, in base alla tipologia delle controversie. Tale differenza, però, non incide minimamente sulla natura della mediazione e quindi non appare rilevante per ritenere che la condizione di procedibilità possa ritenersi assolta con un mero incontro "preliminare" in cui le parti dichiarano la mancanza di volontà di svolgere la mediazione. Anche per la mediazione pre-processuale vale quanto già rilevato circa l’esistenza di informazioni che precedono l’incontro in mediazione già fornite alla parte dal difensore o tramite il difensore; inoltre anche per la mediazione pre-processuale, ciò che l’art.5, co. 1 bis, impone è la mediazione e non una sessione informativa.

Per garantire la valutazione positiva di costituzionalità della previsione è apparso utile prevedere che l’incontro di mediazione sia effettivo e la condizione di procedibilità sia assolta anche se è negativo il solo primo incontro effettivo: ciò rende non eccessivamente gravoso l’incombente per le parti e nello stesso tempo potrebbe riportare a serietà l’ordine di mediazione del legislatore o del giudice.

D’altronde, la Direttiva europea in materia prevede che si possa imporre la mediazione e le condizioni a cui l’obbligatorietà può essere ammessa restano scolpite dalla giurisprudenza italiana e da quella della Corte UE. Il condizionamento della giurisdizione può ritenersi ammissibile in quanto non comprometta l’esperimento dell’azione giudiziaria che può essere ragionevolmente limitato, quanto all’immediatezza, se vengano imposti oneri finalizzati a salvaguardare «interessi generali»: la sentenza della Corte Cost. n. 276/2000 in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione per le cause di lavoro, ha affermato che il tentativo in questione soddisfaceva l’interesse generale sotto due profili: da un lato, perché evitava il sovraccarico dell’apparato giudiziario, dall’altro, perché favoriva la composizione preventiva della lite che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento pi&ùgrave; immediato rispetto a quello conseguito attraverso il processo. In sintonia con la nostra Corte costituzionale, anche l’importante decisione della Corte Giustizia Eu 18.3.2010, Alassini c. Telecom (che indica le condizioni per ritenere conforme al diritto comunitario il tentativo obbligatorio di conciliazione, nella specie in tema di telecomunicazioni), afferma, tra l’altro, che «i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti» (cfr. par. 63 della sentenza). Imporre un solo primo incontro effettivo non è apparso affatto sproporzionato rispetto allo scopo perseguito, né impone alle parti un ostacolo per accedere alla giurisdizione.


note:

1. v. tra le numerosissime pronunce, Trib. Firenze, sez. imprese, 17.3.2014 e 18.3.2014; Trib. Firenze, II sez., 19.3.2014; 26.11.2014; Trib. Palermo, 16.7.2014, Trib. Rimini, ord. 16.7.2014, Trib. Bologna, 16.10.2014; Trib. Cassino, 8.10.2014, Trib. Monza, 20.10.2014, Trib. Siracusa, 17.1.2015, Trib. Pavia, 9.3.2015, Trib. Milano, 7.5.2015; Trib. Milano, 27.4.2016; Trib. Busto Arsizio, 3.2.2016, tutte facilmente reperibili in internet o riviste. Chi ha pratica di mediazione conosce bene le difficoltà di individuare con precisione scientifica il confine tra la fase cd preliminare e la mediazione vera e propria.

2. Articolo 5
Ricorso alla mediazione
  1. L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili.

Sempre al fine di rendere pi&ùgrave; efficace la mediazione, l’articolato prevede la partecipazione personale delle parti, salvo gravi motivi, quale profilo connaturato alla mediazione

L’attività di mediazione è volta infatti a riattivare la comunicazione tra le parti attraverso la facilitazione del terzo, il quale appunto deve avere una specifica formazione proprio sulle tecniche di comunicazione e deve avere un contatto diretto con le persone coinvolte nel conflitto, senza il filtro dei professionisti che assistono la parte, ma non si sostituiscono ad essa. Tali tecniche o abilità presuppongono l’interazione immediata tra parti e mediatore se è vero che questi deve riuscire a comprendere gli interessi delle parti, leggere i loro sentimenti e le loro emozioni, anche attraverso un linguaggio non verbale. Questo proprium della mediazione induce ad affermare, nei limiti del possibile, il principio che le parti devono essere presenti di persona.

Questa conclusione, come ritenuto dalla maggior parte dei giudici, emerge già dall’interpretazione letterale delle norme: l’art. 5, comma 1-bis e l’art. 8 prevedono che le parti esperiscano il (o partecipino al) procedimento mediativo con l’’assistenza degli avvocati’, e questo implica la presenza degli assistiti.

Con la proposta di modifica si è voluto definitivamente chiarire che vi è l’obbligo di partecipazione delle parti di persona o, se sussistono gravi motivi, tramite un rappresentante diverso dal difensore.

La proposta di modifica introduce l’obbligo di motivazione per il giudice che disponga l’invio in mediazione. La previsione mira a garantire la serietà e la proficuità dell’invio e quindi l’aumento delle chances di accordo. Nella motivazione, di natura succinta (art. 134 c.p.c.) il giudice potrà infatti dar atto degli indici di mediabilità della controversia che ha preso in considerazione ai fini di un invio selettivo e calibrato sul caso concreto e fornire altresì alle parti e al mediatore elementi utili da valutare per lo svolgimento della mediazione.

Nell’articolato si propone di introdurre il divieto di formulazione della proposta del mediatore qualora la parte convocata non sia comparsa. Si tratta di un’ipotesi estranea alla mediazione poiché mediare implica la presenza delle due parti. Indirettamente viene garantita anche l’autonomia del mediatore per i casi, non infrequenti nella pratica, di mediazioni demandate dal giudice che impongono al mediatore la formulazione della proposta anche quando la parte convocata non sia comparsa.

Il primo incontro, pur se obbligatorio, non deve essere totalmente gratuito: l’attuale gratuità comporta nella pratica prassi alterate e dinamiche ambigue. La proposta di modifica pertanto prevede costi calmierati, e elimina la totale gratuità, anche a garanzia della dignità ed efficacia del lavoro del mediatore. Si propone altresì, ai fini di promozione dello strumento, la possibilità per le parti di detrarre il costo della mediazione, in caso di esito negativo, dal contributo unificato del giudizio istaurato o da istaurare.

Se l’accordo è raggiunto, occorrerebbe invece rendere effettivo il credito di imposta. Al riguardo si propone di sostituire all’attuale meccanismo, alquanto farraginoso, la possibilità di detrazione fiscale diretta. L’indicazione di costi modestissimi per il primo incontro effettivo obbligatorio consente di ritenere del tutto superabile il vaglio di costituzionalità alla luce della giurisprudenza sopra ricordata.

Un profilo di particolare delicatezza e importanza dell’intervento di riforma mira a introdurre il patrocinio a spese dello Stato anche quando la mediazione abbia effetto positivo e renda inutile il processo.

E’ utile premettere, per capire il senso della proposta, che la questione non è espressamente affrontata nella disciplina in materia di mediazione. L’art. 17 dl d.lg. 28/2010, al comma 5-bis, infatti, prevede che quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’art. 5 comma 2, all’organismo non sia dovuta nessuna indennità dalla parte che si trovi nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato ai sensi dell’art. 76 del t.u. sulle spese di giustizia (D.p.r. n. 115/2002). A tal fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, nonché a produrre la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

L’unica previsione riguarda dunque l’indennità che sarebbe dovuta all’Organismo mentre nulla si dice per quanto concerne il compenso all’avvocato, che deve obbligatoriamente assistere le parti nelle fasi di mediazione (art. 5 e 8 d.lgs. n. 28/2010). La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24723 del 23.11.2011, ha riaffermato che il patrocinio a spese dello Stato riguarda esclusivamente la difesa in giudizio non potendo coprire l’attività stragiudiziale3. Con la pronuncia, tuttavia, la Corte, richiamando un proprio precedente, fa salva una nozione estesa di attività giudiziale perché afferma che devono considerarsi giudiziali anche quelle attività stragiudiziali che, essendo strettamente dipendenti dal mandato alla difesa, vanno considerate strumentali o complementari alle prestazioni giudiziali, cioè di quelle attività che siano svolte in esecuzione di un mandato alle liti conferito per la rappresentanza e la difesa in giudizio (sulla base di tale presupposto, nella precedente decisione, era stato riconosciuto dovuto il compenso per l’assistenza e l’attività svolta dal difensore per la transazione della controversia instaurata dal medesimo).

Si ritiene possibile pertanto che rientri nel patrocinio a spese dello stato l’attività svolta dal difensore se la mediazione ha avuto esito negativo ed è stata seguita dal processo.

Nel caso invece in cui la mediazione abbia avuto esito positivo e non sia seguito il processo si apre una questione di non facile soluzione.

Negare il patrocinio a spese dello Stato appare paradossale dal momento che la liquidazione a spese dello Stato non troverebbe applicazione proprio quando il difensore ha svolto al meglio le sue prestazioni professionali, favorendo il raggiungimento dell’accordo in mediazione. E ciò anche se la mediazione è obbligatoria, come obbligatoria è l’assistenza dell’avvocato (art. 5, comma 1 bis e art. 8 d.lgs. n.28/2010). Ne deriverebbe un risultato irragionevole e di fatto una sorta di disincentivo rispetto ad un istituto che invece il legislatore sta cercando di promuovere in vario modo (in tale ottica si colloca anche la stessa previsione dell’obbligatorietà rispetto all’inizio del processo: art. 5, comma 1 bis, d.lgs 28/2010).

Alcuni giudici hanno ritenuto che in base a un’interpretazione sistematica e teleologica della normativa in tema di mediazione, della Costituzione e delle fonti europee fosse possibile ritenere che l’art. 75 del DPR. n.115/2002 4 comprenda sempre la fase della mediazione obbligatoria pre-processuale. Tale conclusione, che vale anche per la mediazione iussu iudicis, è sostenuta da una serie di considerazioni volte a dimostrare che la mediazione (obbligatoria) sia sempre connessa e funzionale alla fase processuale anche se poi questa in concreto non abbia luogo. Altre pronunce sono tuttavia di segno contrario, pur auspicando una modifica de iure condendo.

Trattandosi di materia molto complessa su cui si registrano varie opinioni, appare utile introdurre normativamente il riconoscimento che l’attività prestata dal difensore per i casi di mediazione obbligatoria rientri nel patrocinio a spese dello stato anche nel caso in cui, trattandosi di mediazione pre-processuale questa abbia esito positivo e non segua il processo. Si tratta, in fondo, di prevedere per le liti interne, quanto già previsto per le liti transfrontaliere. Si ricorda al riguardo la disciplina con cui l’Italia ha recepito la direttiva europea sul Legal aid, volta a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie frontaliere civili (Direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27/1/2003). L’art. 3 di tale direttiva recita: Art. 3. Diritto al patrocinio a spese dello Stato. 1. La persona fisica, che sia parte in una controversia ai sensi della presente direttiva, ha diritto a un patrocinio adeguato a spese dello Stato che le garantisca un accesso effettivo alla giustizia in conformità delle condizioni stabilite dalla presente direttiva. 2. Il patrocinio a spese dello Stato è considerato adeguato se garantisce: a) la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere a una soluzione prima di intentare un’azione legale; b) l’assistenza legale e la rappresentanza in sede di giudizio, nonché l’esonero totale o parziale dalle spese processuali, comprese le spese previste all’articolo 7 e gli onorari delle persone incaricate dal giudice di compiere atti durante il procedimento. La direttiva estende il legal aid alle procedure stragiudiziali (art. 10)5.

Il d.lgs. 27.5.2005, n. 116, che ha recepito la direttiva, prevede all’art. 10 che "Il patrocinio è, altresì, esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dal presente decreto, qualora l’uso di tali mezzi sia previsto come obbligatorio dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa".

Il riconoscimento del patrocinio a spese dello stato è una scelta conforme alla Costituzione (art. 3 Cost.), perché è irragionevole prevedere il sostegno dello stato per i casi di mediazione non conclusa con accordo e seguita da processo e negarla per i casi di mediazione, condizione di procedibilità, non seguita dal processo per l’esito positivo raggiunto. Così come è illogico riconoscere il gratuito patrocinio per le procedure derivative e accidentali e non per quelle non accidentali ma strutturalmente collegate al processo.

L’articolato prevede che la domanda dovrà essere presentata al Consiglio dell’ordine degli avvocati ex art. 124 tu. n.115/2002 (art. 124, comma 2°: Il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito), mentre l’autorità competente per la liquidazione è agevolmente individuabile nel Tribunale - che sarebbe stato - competente per il giudizio a cui l’istanza era stata preordinata (art. 83, comma 2 DPR. n.115/2002).

Per quanto concerne gli Organismi di mediazione, si è tenuta ferma la disposizione che esonera la parte dal pagamento dell’indennità; si è però previsto che l’organismo possa detrarre fiscalmente l’ammontare equivalente all’indennità che gli sarebbe spettata.


note:

3.Il caso riguardava il ricorso contro una decisione della Corte di appello di Torino che, con provvedimento del 13 luglio 2006, aveva respinto il reclamo proposto dall’avv. E.C. F. contro il decreto con cui il Tribunale di Torino aveva dichiarato inammissibile la domanda di liquidazione delle competenze per l’attività stragiudiziale dal medesimo svolta quale difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. L’istanza era stata respinta sul rilievo che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, il patrocinio a spese dello Stato è previsto per l’attività giudiziale e non pure per quella stragiudiziale.

4 La norma, (Ambito di applicabilità), prevede al primo comma: "1. L’ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse".

3 Secondo l’art. 10, "Il patrocinio a spese dello stato è altresì esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dalla presente direttiva, qualora l’uso di tali mezzi sia richiesto dalla legge ovvero quando il giudice vi abbia rinviato le parti in causa".

Pare opportuno coordinare la disciplina in tema di mediazione con la normativa per le ADR in materia consumeristica.

Di qui alcune delle modifiche proposte tra cui la previsione che nelle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o servizi tra professionisti e consumatori le parti abbiano accesso al procedimento senza la necessaria assistenza dell’avvocato (art. 8, comma 1). Anche le modifiche agli artt. 4, ultima parte, art. 5, comma 6 e 7, art. 16, comma 3 hanno lo scopo di uniformare la disciplina rispetto al d.lgs.130/2015.

Altre proposte di modifiche mirano a dirimere contrasti giurisprudenziali su profili processuali, per evitare inutili ostacoli e favorire la mediazione in casi particolari, ad es. quando è parte la Pubblica Amministrazione (art. 8, comma 1).

Si è chiarito che la condizione di procedibilità attiene alla sola domanda principale con cui si inizia il processo risolvendo così la vexata quaestio dei rapporti tra cumulo di domande e mediazione (art. 5 comma 1 bis); si è eliminata la previsione secondo cui il giudice, con l’ordinanza con cui invia le parti in mediazione, doveva assegnare un termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione in quanto la stessa creava divergenze interpretative sulla natura del termine: è sembrato meglio chiarire che la sanzione dell’improcedibilità riguarda solo il mancato svolgimento della mediazione (art. 5 comma 2).

Per favorire la presenza della parte convocata in mediazione è sembrato opportuno prevedere una sanzione economica di importo flessibile per la condanna di cui all’art. 8, comma 4 bis rimettendo al giudice l’entità della sanzione a seconda delle circostanze; per rafforzare il principio di riservatezza e l’autonomia del mediatore si propone di specificare che il giudice può desumere elementi di prova ex art. 116 c.p.c solo dalla mancata partecipazione delle parti (art.8 comma 4 bis; v. anche art. 10, art. 11). Altre modifiche mirano a garantire l’imparzialità del mediatore (art. 14) e altre riguardano la formazione degli avvocati e dei praticanti avvocati (art. 16 comma 4 bis). Si è, poi, inserita la previsione della periodicità per le campagne pubblicitarie a cura del Ministero della giustizia ex art. 21.

Si è, inoltre, inteso inoltre chiarire, modificando in proposito l’art.5, c. 2° del D.lgs. n. 28/2010, che allorché il tentativo di mediazione sia disposto (fuori dei casi di obbligatorietà ex lege) dal giudice in grado di appello, esso deve essere esperito non già a pena di improcedibilità della "domanda giudiziale" (espressione questa equivoca ed incongrua se riferita alla domanda giudiziale proposta in primo grado, che potrebbe essere stata in tutto o in parte già accolta in quel grado e pertanto non avrebbe senso sancirne la "improcedibilità"), bensì a pena dell’improcedibilità dell’appello principale o di quello incidentale (così come - se la delega giudiziale ha luogo in primo grado - a pena di improcedibilità dell’intero giudizio di primo grado, avendo ben poco senso – in caso di mediazione delegata dal giudice e non obbligatoria originariamente ed ex lege - distinguere fra domanda principale ed eventuale riconvenzionale). Ancora si è inteso risolvere - anche in relazione ai contrasti giurisprudenziali perduranti pur dopo l’intervento di una, peraltro isolata, pronuncia della Suprema Corte (Cass. Sez. III, 3.12.2016, n. 24629) - il problema delle conseguenze del mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in fase di opposizione a decreto ingiuntivo.

Posto che l’obbligo dell’esperimento del tentativo non può essere imposto all’istante in fase monitoria né prima che il giudice dell’opposizione abbia disposto (con pronuncia lato sensu cautelare) sulla concessione o sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto (scelte legislative queste che la Commissione ha considerato pienamente meritevoli di essere preservate), la Commissione ha constatato anzitutto le incongruità, se assunte in termini generali ed esclusivi, di entrambe le soluzioni attualmente sposate dalla (contrastante) giurisprudenza. E’ incongruo imporre sempre al debitore opponente l’onere di avviare il tentativo a pena di cristallizzazione definitiva degli effetti del decreto ingiuntivo (come vuole la cit. pronuncia della Suprema Corte), perché all’opponente già gravato dell’onere di propria opposizione a fronte di un provvedimento di condanna emesso inaudita altera parte – il che segna un indubbio (pur se giustificato) privilegio per il (presunto) creditore - non pare ragionevole imporre un secondo e successivo onere di attivazione a pena di conseguenza per lui altrettanto irreversibili; e ciò soprattutto, allorché il giudice della opposizione non abbia concesso o abbia sospeso la provvisoria esecutorietà del decreto, con prognosi dunque significativamente sfavorevole riguardo alla fondatezza della pretesa creditoria. E’ d’altra parte incongruo imporre sempre al creditore opposto l’onere di avviare il tentativo a pena di inefficacia del decreto già emesso, soprattutto ponendo mente alla paradossale ed anzi irrazionale situazione che si verificherebbe allorché, concessa o non sospesa la provvisoria esecuzione al decreto, l’opposto fosse ad un tempo facoltizzato ad avviare l’esecuzione forzata contro il debitore opponente e costretto a "convenirlo" dinanzi all’organo di composizione amichevole.

Da tali riflessioni la Commissione ha tratto spunto per ulteriori considerazioni: allorché il giudizio di opposizione è giunto, dopo la pronuncia giudiziale sulla sospensione o concessione della provvisoria esecutorietà, ad una fase sostanzialmente (anche se non "cronologicamente") avanzata dell’esercizio della funzione giurisdizionale relativa alla lite, è ben vero che ciò può in alcune circostanze concrete (da verificare appunto caso per caso) rendere assai opportuno e anche facilitare un tentativo di composizione bonaria, ma è anche vero che del tutto ultroneo diviene obbligare ex lege le parti (l’una o l’altra) ad esperire il tentativo medesimo.

Si è perciò adottata una soluzione meno semplicistica e pi&ùgrave; flessibile: si è modificato l’art. 5, c. 4 lett. a), nel senso che nessun obbligatorio tentativo di mediazione sia previsto dalla legge (a prescindere dalla materia della controversia) allorché l’attore sostanziale abbia scelto la via monitoria e pur quando ci si trovi in sede di giudizio di opposizione ed anche dopo il provvedimento di concessione/sospensione della esecutorietà; si è poi modificato l’art. 5, c. 2 nel senso di prevedere che (sempre a prescindere dalla materia) il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, dopo l’adozione di quei provvedimenti interinali, valuti la situazione caso per caso e possa, con ordinanza motivata, disporre l’esperimento (obbligatorio) del tentativo di mediazione; in tale ipotesi per altro è la legge a determinare ex ante quali siano ed a carico di chi gli effetti del mancato esperimento del tentativo e dunque a chi pertenga l’onere di avviarlo, e ciò a seconda che la provvisoria esecutorietà sia stata concessa o mantenuta (in tal caso l’onere spetta al debitore opponente), ovvero la provvisoria esecutorietà non sia stata concessa o sia stata sospesa (in tal caso l’onere spetta all’opposto). E’ insomma la parte alla quale la prognosi corrispondente al provvedimento interinale risulta sfavorevole che deve avviare il tentativo di mediazione a pena di effetti processuali per essa sfavorevoli.


Si dà atto, inoltre, che nell’ambito dei lavori di Commissione sono state discusse ulteriori proposte relative all’estensione delle materie rientrati nella mediazione obbligatoria e di opposizione a decreto ingiuntivo che, per completezza, si pongono all’attenzione.


In particolare:

a )Sulla estensione della mediazione c.d. obbligatoria
Innanzitutto si è proposto di estendere la mediazione c.d. obbligatoria ai rapporti di durata o che comunque comportino relazioni durature tra le parti e ai rapporti societari nelle società di persone, ambiti in cui viene in evidenza la relazione tra le parti che può essere preservata o definita in modo da contemperare i vari interessi. In particolare, nelle materie societarie le parti perseguono uno scopo comune e hanno tutto l’interesse a risolvere il conflitto endo-societario con un metodo che favorisca la definizione amichevole, assicurando riservatezza e flessibilità di soluzioni. Si sono pertanto aggiunti i contratti di opera, di opera professionale, di appalto privato, franchising, leasing, di fornitura e somministrazione, di concorrenza sleale c.d. pura, i contratti relativi al trasferimento di partecipazioni sociali, i rapporti sociali inerenti le società di persone; è apparso opportuno, per le controversie di competenza del Tribunale per le imprese, porre un limite di valore (euro 250.000). Le ragioni dell’estensione dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione a nuove materie sono state così ulteriormente specificate:
  1. per la materia della concorrenza sleale c.d. pura la mediazione si giustifica come risposta all’esigenza di celere composizione della lite considerato che l’ambito nel quale l’azione opera è quello dell’attività di impresa, per la quale i profili risarcitori possono avere risvolti economici importanti;
  2. per la materia dei trasferimenti di partecipazioni societarie la mediazione è utile per gli aspetti della riservatezza e del bisogno di rimedi di celere definizione.
b) Sulla mediazione nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo.
In secondo luogo, si è proposto di disciplinare l’ipotesi in cui, dopo la pronuncia dei provvedimenti interinali, debba essere esperita la mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo. Si tratta di questione che vede tuttora divisa la giurisprudenza nonostante l’intervento della Corte di Cassazione, sez. III, che, con sentenza 3.12.2015, n. 246296, ha affermato che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la parte su cui grava l’onere di introdurre il percorso obbligatorio di mediazione è la parte opponente: infatti, è questa che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, ’cioè la soluzione pi&ùgrave; dispendiosa, osteggiata dal legislatore’. E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c., perché ’intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. Secondo la Corte la soluzione contraria sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. La Corte sottolinea anche come ’non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà l’opposizione allo stesso decreto ingiuntivo’.
Tuttavia la querelle non è affatto sopita.
Alcuni giudici di merito hanno infatti sottolineato come la decisione della SC si basi su un assunto non corretto e cioè che la mediazione vada esperita ’prima’ dell’opposizione. Il procedimento di mediazione deve invece necessariamente essere introdotto ’dopo’ che il giudice abbia emesso le ordinanze interinali sulla provvisoria esecutività del titolo (art. 4 del d.lgs. n. 28/2010) e dunque dopo la proposizione dell’opposizione Proprio perché, come sottolineato dalla stessa Corte, le parti riprendono in sede di opposizione la ’normale posizione’’ di attore e convenuto in senso sostanziale, onerato per l’avvio della mediazione deve considerarsi l’attore-opposto (Tribunale di Firenze, sez. imprese, ord. 17.1.2016; così anche Tribunale di Firenze, sez. seconda, ord. 15.2.2016). Anche il Tribunale di Busto Arsizio con sentenza del 3.2.2016, n. 199, si è posto pone in contrasto con le conclusioni della S.C., dubitando della loro compatibilità costituzionale con il principio di cui all’art. 24 Cost., in quanto appaiono ’…ricollegare l’onere di intraprendere la mediazione alla scelta della parte di instaurare un giudizio di opposizione avverso un provvedimento reso in assenza di contraddittorio e sulla base di un’istruzione sommaria, quasi come se la mediazione fosse una sorta di sanzione nei confronti di chi agisce in giudizio’. Nello stesso senso ancora, ricordo Tribunale di Grosseto, sentenza 7.6.2016; Tribunale Benevento, ord. 23.1.2016; Tribunale di Milano, ord. 13.6.20167. In conformità invece alla pronuncia della Cassazione si pongono altre decisioni tra cui il Tribunale di Reggio Emilia, ord. 3.2.2016; Tribunale di Vasto, sentenza 30.5.2016; Tribunale di Cosenza, sentenza 5.5.20168; Tribunale di Verbania, sentenza 22.03.2016 nonché Tribunale di Nola, sentenza 3 marzo 20169.
In tale contesto, è quanto mai necessario intervenire con una disposizione normativa che ponga fine al lungo contrasto giurisprudenziale, secondo il compito specifico che è stato assegnato alla Commissione (si veda in particolare il decreto di proroga).
Deve dunque essere individuato con precisione il soggetto a carico del quale va posto l’onere della condizione di procedibilità, in quanto vi sono esigenze di certezza del diritto che vanno soddisfatte con urgenza, anche considerando la gravità delle conseguenze che possono verificarsi trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo.

note:

6.In Foro It., 2016, p. 1319, con nota di D. Dalfino, Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: quando la Cassazione non è persuasiva; in Giur. it., 2016, p. 71, con nota di E. Benigni, Mediazione e opposizioni a decreto ingiuntivo: onerato dell’avvio è l’opponente.

7. In www.101mediatori.it

8. Tutte in mondoadr.it

9. In www.expartecreditoris.it

Ai fini della deflazione dei procedimenti innanzi all’Autorità Giudiziaria, con particolare riguardo allo snellimento del ruolo presidenziale, si propone la possibilità per i coniugi, animati sin dall’inizio da comune volontà, e che siano assistiti da un solo difensore, di ottenere la separazione personale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero la modifica delle relative condizioni, senza dover ricorrere agli strumenti ordinari giudiziali o di volontaria giurisdizione.

Siamo tutti ben consapevoli del fatto che nell’originaria formulazione del D.L. 132/2014 era prevista la possibilità per i coniugi di essere tutelati in sede di negoziazione assistita da un solo difensore, cosa che peraltro non è stata confermata in sede di conversione in legge.

La ratio di tale modifica è ravvisabile nel fatto che presupposto per l’avviamento delle trattative di negoziazione tendenti al raggiungimento dell’accordo (che infatti si avviano per mezzo dell’inoltro di un invito di una parte nei confronti dell’altra) possa individuarsi nella sussistenza di interessi potenzialmente configgenti delle parti medesime, che dovrebbero essere destinati a trovare componimento e soluzione proprio nell’accordo definitivo raggiunto, all’esito delle trattative di negoziazione.

Sulla base di tale presupposto, invero incompatibile con l’assistenza delle parti da parte di un solo difensore, la norma del comma primo dell’articolo 6 è stata modificata in sede di conversione con l’aggiunta delle parole "da almeno un avvocato per parte", anche se nel comma quinto il legislatore ha forse dimenticato, con riguardo alle comunicazioni da effettuare allo stato civile, di correggere l’espressione "gli accordi raggiunti a seguito di convenzione assistita da uno o pi&ùgrave; avvocati".

Tale intervento correttivo ha fatto sì che nella prassi applicativa, nel caso, piuttosto frequente, di coniugi che si rivolgano ad un avvocato già in accordo tra loro circa le modalità dirette a regolare i loro futuri rapporti, siano state attuate due diverse scelte da parte del difensore incaricato:

  1. A seconda dei casi, la predisposizione di un ricorso per separazione consensuale, di un ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero di un ricorso per la modifica delle condizioni, da proporsi al tribunale competente, con conseguente inutile carico per la giurisdizione, invece paradossalmente sgravata delle situazioni che, ancorché inizialmente conflittuali, hanno poi trovato soluzione nell’accordo di negoziazione assistita.
  2. Diversamente l’applicazione sostanzialmente elusiva della norma con incarico esteso per l’altro coniuge ad altro difensore terzo (con verosimili maggiori costi a carico delle parti), ovvero ad altro difensore abituale collaboratore, o collega di studio, del legale incaricato dalle parti, in quest’ultimo caso con potenziale situazione di conflitto di interessi sotto il profilo deontologico (tale prassi ha fatto sì che vari Consigli dell’Ordine sul territorio, sollecitati dalle Procure della Repubblica competenti, abbiano rilasciato pareri anche discordanti sull’applicazione al caso concreto dell’articolo 24, comma 5 del vigente Codice Deontologico Forense).

Con la proposta qui illustrata si consentirebbe invece ai coniugi, già in accordo tra loro circa le condizioni di separazione o divorzio, ovvero circa le modifiche da apportare, di essere assistiti da un unico difensore, ferma restando la garanzia del controllo esercitato dal pubblico ministero, il quale è preposto a verificare il rispetto della legge, anche per l’eventuale tutela dei soggetti deboli indicati nel secondo periodo del secondo comma dell’articolo 6.

Del resto l’assenza di una simile previsione appare in stridente contrasto con la possibilità per le parti, on questo caso solo facoltativamente assistite da un avvocato, di proporre condizioni di separazione, di divorzio, ovvero modifiche, direttamente all’ufficiale dello stato civile senza che tale procedura sia neppure assoggettata al controllo del pubblico ministero, ancorché nelle sole ipotesi di assenza di figli minori, o maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di figli minori e con la limitazione di non poter contemplare in tali casi trasferimenti patrimoniali.

L’introduzione di tale norma avrebbe quindi il triplice effetto di sgravare il ruolo presidenziale da separazioni consensuali e divorzi congiunti e modifiche condivise delle condizioni di separazione e divorzi (1), quello non trascurabile di diminuire l’incidenza economica di tali procedimenti sulle parti (2), nonché infine quello di scongiurare l’applicazione elusiva della norma di cui all’articolo 6 (3).

Inoltre, con l’articolato si propone innanzitutto di allargare l’ambito oggettivo di operatività della negoziazione assistita nei procedimenti di famiglia. Com’è noto, la degiurisdizionalizzazione prevista dal decreto-legge n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014 riguarda esclusivamente la soluzione consensuale della separazione personale dei coniugi, della cessazione degli effetti civili del matrimonio e dello scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’art. 3, primo comma, numero 2, lettera b), della legge sul divorzio, nonché della modifica delle condizioni di separazione e di divorzio. Con il prefigurato intervento di modifica, la convenzione di negoziazione assistita potrà essere conclusa anche per risolvere consensualmente controversie in tema di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio. Si intende così colmare, nel segno dell’eguaglianza e della parificazione delle opportunità e della tutela, una lacuna rinvenibile nel testo normativo vigente.

Un altro profilo dell’intervento riformatore mira a sciogliere i problemi interpretativi concernente la sorte del procedimento dinanzi al presidente del tribunale nel caso in cui, in presenza di figli minorenni o maggiorenni portatori di handicap o non economicamente autosufficienti, il pubblico ministero non autorizzi l’accordo. I dubbi esegetici derivano dall’estrema sinteticità e laconicità della norma, la quale si limita a disporre che il presidente del tribunale fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. Alcuni tribunali interpretano la disposizione dell’art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 132 del 2014 nel senso che il diniego dell’autorizzazione apra ad un procedimento specifico in cui il presidente del tribunale può autorizzare o meno l’accordo; altri ritengono che si abbia una trasformazione del procedimento in separazione o divorzio consensuale. La proposta di modifica mira ad offrire una risposta a tali dubbi interpretativi, stabilendo che il presidente del tribunale (o un giudice da lui delegato) può, con decreto, concedere l’autorizzazione in luogo del pubblico ministero; altrimenti si aprono le possibilità indicate, in tema di separazione consensuale, dall’art. 158, secondo comma, cod. civ. (con il potere del giudice, quindi, di indicare le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, con il potere dello stato di rifiutare la richiesta autorizzazione).

Per rendere effettiva la procedura di negoziazione in tema di famiglia (dove, com’è noto, occorre l’assistenza di almeno un avvocato per parte) e per assicurarne la pratica fruibilità anche ai non abbienti, si è prevista la possibilità di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato per accedere alla negoziazione, e ciò ad evitare che i non abbienti siano costretti a riversare sui tribunali la definizione di controversie che essi sarebbero disposti a risolvere attraverso la via convenzionale con l’assistenza di un avvocato. La disciplina di dettaglio che si propone di introdurre (nell’ambito dell’art. 6 del decreto-legge n. 132 del 2014) prevede: che le condizioni per l’ammissione sono quelle stabilite dall’art. 76 del testo unico in tema di spese di giustizia; che competente ad accogliere o respingere la domanda è il consiglio dell’ordine del luogo in cui ha sede il tribunale che sarebbe competente per la relativa controversia; che, qualora il consiglio dell’ordine respinga o dichiari inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al procuratore della Repubblica; che il procuratore della Repubblica è anche l’organo abilitato a liquidare il compenso all’avvocato (con provvedimento opponibile), entro i limiti, minimi e massimi, stabiliti da apposito decreto del Ministro della giustizia.

Un’ulteriore modifica – che si propone, questa volta, al testo dell’art. 5 della legge sul divorzio – concerne l’assegno divorzile una tantum. La legge sul divorzio prevede che per la corresponsione in unica soluzione dell’assegno, che ha l’effetto di precludere la proposizione di qualsiasi successiva domanda di contenuto economico, sia necessaria una valutazione di equità da parte del tribunale. La proposta mira a far sì che l’accordo sulla corresponsione una tantum dell’assegno di divorzio possa essere raggiunto anche in sede di procedura di negoziazione assistita, sempre che vi sia, da parte degli avvocati che assistono nella negoziazione i coniugi, una valutazione di equità della soluzione concordata.

La proposta si muove in due direzioni di semplificazione: la prima di totale eliminazione dei controlli tutori in fattispecie caratterizzate da scarso o nullo rischio per il patrimonio dell’incapace; la seconda di semplificazione del procedimento per le ipotesi in cui il controllo tutorio permanga.

Sotto il primo profilo, si propone di modificare gli artt. 320 (in materia di responsabilità genitoriale) e 374 (in materia di interdizione) del codice civile, affidando alla esclusiva responsabilità dei rappresentanti legali degli incapaci (genitori o tutore) la decisione di compiere accettazioni di eredità con beneficio di inventario (atto tra l’altro dovuto e non discrezionale), accettazioni di donazioni, stipula di locazioni infranovennali ed acquisto di beni con provvista fornita dai genitori o da terzi. Si tratta di atti tutti sostanzialmente a titolo gratuito, privi di rischio e statisticamente frequenti, e che pertanto impegnano inutilmente gli uffici giudiziari (cancellieri e giudici).

In sostanza si tratta di valorizzare la responsabilità dei soggetti titolari della responsabilità genitoriale o tutoria, cui (specie i primi) già l’ordinamento attribuisce un ben pi&ùgrave; pregnante ruolo di carattere personale nella vita dei minori; d’altra parte un mero esame sommario della giurisprudenza onoraria sul punto non consente di individuare precedenti negativi sul punto, a dimostrazione che - per gli atti in discorso - il controllo giudiziario è di fatto inesistente e si risolve in un mero passaggio burocratico, foriero di costi per l’utenza e di aggravio per la struttura giudiziaria.

Si propone altresì di semplificare la disciplina del conflitto di interessi, escludendolo con presunzioni iuris et de iure in alcune fattispecie in cui il conflitto appare esclusivamente teorico ed insuscettibile di danni per il patrimonio dell’incapace; nei casi indicati nel proposto ultimo comma dell’art. 320 c.c., infatti, la mera circostanza che l’esercente la responsabilità genitoriale intervenga, in nome e per conto del minore, alla stipula dell’atto esclude in radice il rischio che abbia inteso far prevalere un ipotetico interesse proprio su quello del minore.

Sotto il secondo profilo si propone la semplificazione delle procedure previste per l’autorizzazione degli atti di straordinaria amministrazione dei minori sottoposti a tutela e dei minori emancipati, la cui disciplina, in virt&ùgrave; del disposto dell’articolo 424 c.c., si applica, rispettivamente, anche alla tutela degli interdetti ed alla curatela degli inabilitati, sostituendosi al doppio passaggio "parere del giudice tutelare- decreto del tribunale" la diretta autorizzazione del giudice tutelare. Tale proposta non solo risponde ad esigenze di maggiore celerità e semplificazione del procedimento, abbreviando i tempi di definizione delle istanze ed alleggerendo l’attività delle cancellerie e gli oneri per gli utenti della giustizia, ma corrisponde anche al nuovo ruolo che la funzione del giudice tutelare ha assunto con l’introduzione dell’amministrazione di sostegno, ruolo ben distante dalla vecchia figura del pretore in funzione di giudice tutelare. Le modifiche proposte, peraltro, rendono omogenea, in tema di autorizzazione degli atti di straordinaria amministrazione, la disciplina dell’interdizione rispetto a quella dell’amministrazione di sostegno. La legge 9 gennaio 2004, n. 6, infatti, già aveva previsto all’art. 411 c.c., che i provvedimenti autorizzatori di cui agli articoli 375 e 376 c.c. fossero emessi direttamente dal giudice tutelare. Di talché, sotto tale profilo, del tutto irragionevole appare la diversa disciplina in tema di tutela dei minori, degli interdetti, degli inabilitati, dei minori emancipati, per la quale è ancora oggi prevista l’autorizzazione del tribunale, previo parere del giudice tutelare.

Si propone, pertanto, in tal senso la modifica degli articoli: 320, 3° comma c.c., relativamente all’esercizio dell’impresa commerciale da parte del minore; 375 c.c., relativo al compimento degli atti di straordinaria amministrazione da parte del tutore del minore (norma applicabile anche al tutore dell’interdetto), con la consequenziale modifica dell’articolo 376 c.c., relativo alla determinazione delle modalità per la vendita dei beni e per il reimpiego del prezzo.

Analogamente, si è intervenuti modificando gli articoli 394 e 395 c.c., in tema di autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione dei minori emancipati (norme applicabili anche alla curatela degli inabilitatati), l’art 397 c.c., in tema di autorizzazione all’esercizio di un’impresa commerciale senza l’assistenza di un curatore da parte del minore emancipato; l’articolo 425 c.c., relativo all’esercizio dell’impresa da parte dell’inabilitato. Infine, in via di necessario coordinamento con le modifiche dinanzi esposte, si è intervenuti modificando l’articolo 45 delle disposizioni di attuazione del codice civile che prevede la reclamabilità avanti al tribunale dei provvedimenti del giudice tutelare.

Per completezza, la Commissione ritiene che le previsioni di cui agli articoli 372 e 373 del codice civile siano ormai obsolete e richiedono una diversa formulazione che tenga conto dell’evoluzione del mercato finanziario che consentirebbe di effettuare investimenti pi&ùgrave; redditizi e poco rischiosi valutandosi caso per caso la loro convenienza per il minore, sempre che il capitale investito rimanga intatto.

La proposta aggiunge, rispetto a quanto contenuto dalla precedente, anche l’ulteriore modifica alla legge notarile (legge 16 febbraio 1913, n. 89) che disciplina l’autonomo ius postulandi del Notaio in materia di ricorsi di volontaria giurisdizione, purché riguardanti la stipula di atti a lui affidati.

Si prevede, in particolare, che, nei casi di presentazione del ricorso da parte del notaio, ai sensi dell’articolo 1 della suddetta legge notarile, l’autorizzazione si intende rilasciata quando, entro il termine di quindici giorni dal deposito dell’istanza, la cancelleria non notifichi al Notaio - anche con mezzi telematici, nel rispetto della vigente normativa sul PCT, o comunque a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo pec pubblico di cui lo stesso è titolare, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 - un provvedimento di diniego o sospensione del rilascio dell’autorizzazione richiesta. In tal modo si evita il protrarsi inutile del procedimento, con relativo lavoro di giudici e cancellerie, laddove il giudice stesso non ravvisi prima facie impedimenti al rilascio dell’autorizzazione richiesta, la cui astratta legittimità è stata peraltro già valutata dal pubblico ufficiale richiedente (che se ne assume le responsabilità previste dalla legge) e la cui responsabilità ricade comunque sull’esercente la responsabilità genitoriale o tutoria, che deve presumersi agire dell’interesse del minore o dell’interdetto.

III - TESTO DELLE PROPOSTE

Normativa vigente
(articoli estratti)

Proposta di modifica
(seconda versione)

Art. 806.
(Controversie arbitrabili)

Art. 806.
(Controversie arbitrabili)

Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.

Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.

Le controversie di cui all’art. 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.

comma abrogato

Art. 807.
(Compromesso).

Art. 807.
(Compromesso).

Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia.

La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi.

Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia.

La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi.

Per i rapporti di cui all’articolo 409 le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che sia decisa da arbitri una specifica controversia, che abbia ad oggetto diritti già sorti. In tal caso il compromesso, a pena di nullità, deve essere certificato in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dagli organi di certificazione di cui all’articolo 76 del medesimo decreto legislativo.

Art. 808.
(Clausola compromissoria).

Art. 808.
(Clausola compromissoria).

Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’art. 807.

La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.

Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’art. 807.

La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.

La clausola compromissoria per le controversie di cui all’articolo 409 è valida se prevista dalla legge o nei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro.

Art. 829.
(Casi di nullità).

Art. 829.
(Casi di nullità).

L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti:

L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti:

1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell’art. 817, terzo comma;

1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell’art. 817, terzo comma;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’art.812;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’art. 812;

4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’art. 817, quarto comma, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;

4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’art. 817, quarto comma, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;

5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei nn. 5), 6), 7) dell’art. 823;

5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei nn. 5), 6), 7) dell’art. 823;

6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell’art. 821;

6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell’art. 821;

7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;

7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;

8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non pi&ùgrave; impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento;

8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non pi&ùgrave; impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento;

9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;

9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;

10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;

10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;

11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;

11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;

12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato.

12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato

La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.

La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. &EGRAVE; ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico.

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. &EGRAVE; ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico.

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al meritodella controversia è sempre ammessa:

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è sempre ammessa:

1) nelle controversie previste dall’art. 409;

1) abrogato

Nelle controversie previste dall’art. 409, il lodo è soggetto ad impugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi.

Nelle controversie previste dall’articolo 409, il lodo è soggetto anche ad impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia e delle norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro salvo che ciò sia espressamente escluso dalle parti nel compromesso stipulato ai sensi dell’articolo 807, terzo comma. &EGRAVE; ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico. Si applica l’articolo 412 quater, undicesimo e dodicesimo comma.

Normativa vigente

Proposta

Art. 828.
(Impugnazione per nullità)

Art. 828.
(Impugnazione per nullità)

L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato.

L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato.

 

Se le parti non hanno disposto l’impugnazione per violazione delle regole di diritto attinenti al merito della controversia possono convenire con atto scritto, anche anteriore al lodo, che l’impugnazione per nullità sia proposta immediatamente alla corte di cassazione con ricorso.
Si applicano in quanto compatibili le disposizioni del capo III, titolo III del libro II.

L’impugnazione non è pi&ùgrave; proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione. L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell’atto di correzione.

L’impugnazione non è pi&ùgrave; proponibile decorsi sei mesi dalla data dell’ultima sottoscrizione. L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell’atto di correzione.

La corte d’appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.

La corte d’appello, o la corte di cassazione, nel caso previsto dall’articolo 828, secondo comma, decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.

Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’art. 829, commi primo, nn. 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta.

Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commi primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Nel caso previsto dall’articolo 828, secondo comma, la corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato decide la controversia nel merito a seguito di riassunzione da effettuarsi nelle forme e nel termine di cui all’articolo 392. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta.

Quando la corte d’appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia.

Quando la corte d’appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia.

Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi.

Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi. Nel caso previsto dall’articolo 828, secondo comma, l’istanza si propone alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato, con ricorso unitamente al quale deve essere depositata attestazione circa l’avvenuto deposito del ricorso alla corte di cassazione per l’impugnazione per nullità.

D.L. 12 settembre 2014, n. 132, conv. in l. n. 162 del 2014

 

Art. 1. Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria

 

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile. Tale facoltà è consentita altresì nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale.

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili [eliminare: e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale], nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

Abrogato l’ultimo periodo

[Omissis]

[Omissis]

Dopo l’articolo 832 del codice civile, aggiungere i seguenti:

«832.bis. Oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie. - Gli atti costitutivi delle società iscritte nel registro delle imprese, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove tale soggetto non sia designato o il designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente della sezione specializzata in materia di impresa del luogo in cui la società ha la sede legale.

La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia.

Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell’accettazione dell’incarico, è vincolante per costoro.

Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l’intervento obbligatorio del pubblico ministero.

Fermo quanto previsto dall’art. 2352 del codice civile, le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso.».

«832.ter. Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale. - La domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci.

Nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all’articolo 832.bis, l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105 nonché l’intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 è ammesso fino alla prima udienza nella quale sia trattata nel merito la controversia.

Fermo quanto previsto dall’articolo 829, il lodo è sempre impugnabile per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.

Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società.

Fermo quanto previsto dall’articolo 832, comma quinto, se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di decisioni e delibere dei soci o degli organi sociali agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera.

I dispositivi dell’ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull’impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese.».

«832.quater. Decisione secondo diritto. - Anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto quando abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di decisioni o delibere.».

«832.quinquies. Risoluzione di contrasti sulla gestione di società- Gli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata e delle società di persone possono anche contenere clausole con le quali si deferiscono ad uno o pi&ùgrave; terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere di amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società.

Gli atti costitutivi possono prevedere che la decisione sia reclamabile davanti ad un collegio, nei termini e con le modalità dagli stessi stabilite.

Gli atti costitutivi possono altresì prevedere che il soggetto o il collegio chiamato a dirimere i contrasti di cui ai commi primo e secondo può dare indicazioni vincolanti anche sulle questioni collegate con quelle espressamente deferitegli.

La decisione resa ai sensi del presente articolo è impugnabile a norma dell’articolo 1349, comma secondo, del codice civile.».

Normativa vigente

Proposta

Art. 816 septies c.p.c.
(Anticipazione delle spese)

Art. 816 septies c.p.c.
(Anticipazione delle spese)

Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti gli arbitri determinano la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte.

Se una delle parti non presta l’anticipazione richiestale, l’altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all’anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono pi&ùgrave; vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale.

L’articolo 816. septies, comma primo, del codice di procedura civile è così modificato:

«Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili e della metà dei compensi prevedibili calcolati secondo parametri determinati in conformità alla legge. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte.».

All’art. 832 c.p.c., comma 5, aggiungere in fine i seguenti periodi:

"Il regolamento arbitrale può anche prevedere deroghe al divieto di cui all’art. 818. In tal caso, il provvedimento è richiesto e deliberato a norma del regolamento e il medesimo ricorso non può essere proposto al giudice. Il provvedimento cautelare non è soggetto a impugnazione e si applica l’art. 825 in quanto compatibile".

D.Lgs. 06/09/2005, n. 206
Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

Normativa vigente

Proposta

Parte III

Parte III

IL RAPPORTO DI CONSUMO

IL RAPPORTO DI CONSUMO

Titolo I

Titolo I

DEI CONTRATTI DEL CONSUMATORE IN GENERALE

DEI CONTRATTI DEL CONSUMATORE IN GENERALE

Art. 33.
(Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore)

Art. 33.
(Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore)

1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista ;

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista (55);

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;

c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;

r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;

t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

Il comma 2, lettera t) dell’articolo 33 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 è così modificato:

"Sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, limitazioni all’adozione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria. Sono fatte salve le convenzioni arbitrali di cui all’articolo 806 del codice di procedura civile e seguenti, purché, fermo restando il foro del consumatore, siano soddisfatti i requisiti prescritti dal comma 1, gli arbitrati siano rituali di diritto, siano amministrati a norma dell’articolo 832 del codice di procedura civile, commi primo, secondo, terzo, quarto e quinto, e sia sempre ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto.".

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. E’ fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile;

v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. E’ fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile;

v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;

v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

3. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2:

3. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2:

b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

4. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.

4. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.

5. Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.

5. Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.

6. Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte.

6. Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte.

Decreto Legislativo n. 50 del 19.4.2016 Codice appalti

Normativa vigente

Proposta

PARTE VI
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
TITOLO I
CONTENZIOSO

PARTE VI
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
TITOLO I
CONTENZIOSO

CAPO II
RIMEDI ALTERNATIVI ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE

CAPO II
RIMEDI ALTERNATIVI ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE

Art. 205.
(Accordo bonario per i lavori)

Art. 205.
(Accordo bonario per i lavori)

1. Per i lavori pubblici di cui alla parte II, con esclusione del capo I, affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora in seguito all’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell’importo contrattuale, al fine del raggiungimento di un accordo bonario si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7.

1. Per i lavori pubblici di cui alla parte II, con esclusione del capo I, affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora inseguito all’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell’importo contrattuale, al fine del raggiungimento di un accordo bonario si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7.

2. Il procedimento dell’accordo bonario riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell’avvio del procedimento stesso e può esserereiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l’importo di cui al comma 1, nell’ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell’importo del contratto. Le domande che fanno valere pretese già oggetto di riserva, non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse. Non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell’articolo 26. Prima dell’approvazione del certificato di collaudo ovvero di verifica di conformità o del certificato di regolare esecuzione, qualunque sia l’importo delle riserve, il responsabile unico del procedimento attiva l’accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte.

2. Il procedimento dell’accordo bonario riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell’avvio del procedimento stesso e può essere reiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l’importo di cui al comma 1, nell’ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell’importo del contratto. Le domande che fanno valere pretese già oggetto di riserva, non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse. Non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell’articolo 26. Prima dell’approvazione del certificato di collaudo ovvero di verifica di conformità o del certificato di regolare esecuzione, qualunque sia l’importo delle riserve, il responsabile unico del procedimento attiva l’accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte.

3. Il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione del contratto dà immediata comunicazione al responsabile unico del procedimento delle riserve di cui al comma 1, trasmettendo nel pi&ùgrave; breve tempo possibile una propria relazione riservata.

3. Il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione del contratto dà immediata comunicazione al responsabile unico del procedimento delle riserve di cui al comma 1, trasmettendo nel pi&ùgrave; breve tempo possibile una propria relazione riservata.

4. Il responsabile unico del procedimento valuta l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del limite di valore di cui al comma 1.

4. Il responsabile unico del procedimento valuta l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del limite di valore di cui al comma 1.

5. Il responsabile unico del procedimento, entro 15 giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo di collaudo, può richiedere alla Camera arbitrale l’indicazione di una lista di cinque esperti aventi competenza specifica in relazione all’oggetto del contratto. Il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve scelgono d’intesa, nell’ambito della lista, l’esperto incaricato della formulazione della proposta motivata di accordo bonario. In caso di mancata intesa tra il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve, entro quindici giorni dalla trasmissione della lista l’esperto è nominato dalla Camera arbitrale che ne fissa anche il compenso, prendendo come riferimento il imiti stabiliti con il decreto di cui all’articolo 209, comma 16. La proposta è formulata dall’esperto entro novanta giorni dalla nomina. Qualora il RUP non richieda la nomina dell’esperto, la proposta è formulata dal RUP entro novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3.

5. Il responsabile unico del procedimento, entro 15 giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo di collaudo, può richiedere alla Camera arbitrale l’indicazione di una lista di cinque esperti aventi competenza specifica in relazione all’oggetto del contratto. Il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve scelgono d’intesa, nell’ambito della lista, l’esperto incaricato della formulazione della proposta motivata di accordo bonario. In caso di mancata intesa tra il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve, entro quindici giorni dalla trasmissione della lista l’esperto è nominato dalla Camera arbitrale che ne fissa anche il compenso, prendendo come riferimento il imiti stabiliti con il decreto di cui all’articolo 209, comma 16. La proposta è formulata dall’esperto entro novanta giorni dalla nomina. Qualora il RUP non richieda la nomina dell’esperto, la proposta è formulata dal RUP entro novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3.

6. L’esperto, qualora nominato, ovvero il RUP, verificano le riserve in contraddittorio con il soggetto che le ha formulate, effettuano eventuali ulteriori audizioni, istruiscono la questione anche con la raccolta di dati e informazioni e con l’acquisizione di eventuali altri pareri, e formulano, accertata e verificata la disponibilità di idonee risorse economiche, una proposta di accordo bonario, che viene trasmessa al dirigente competente della stazione appaltante e al soggetto che ha formulato le riserve. Se la proposta è accettata dalle parti, entro quarantacinque giorni dal suo ricevimento, l’accordo bonario è concluso e viene redatto verbale sottoscritto dalle parti. L’accordo ha natura di transazione. Sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla accettazione dell’accordo bonario da parte della stazione appaltante. In caso di reiezione della proposta da parte del soggetto che ha formulato le riserve ovvero di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo possono essere aditi gli arbitri o il giudice ordinario.

6. L’esperto, qualora nominato, ovvero il RUP, verificano le riserve in contraddittorio con il soggetto che le ha formulate, effettuano eventuali ulteriori audizioni, istruiscono la questione anche con la raccolta di dati e informazioni e con l’acquisizione di eventuali altri pareri, e formulano, accertata e verificata la disponibilità di idonee risorse economiche, una proposta di accordo bonario, che viene trasmessa al dirigente competente della stazione appaltante e al soggetto che ha formulato le riserve. Se la proposta è accettata dalle parti, entro quarantacinque giorni dal suo ricevimento, l’accordo bonario è concluso e viene redatto verbale sottoscritto dalle parti. L’accordo ha natura di transazione. Sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla accettazione dell’accordo bonario da parte della stazione appaltante. In caso di reiezione della proposta da parte del soggetto che ha formulato le riserve ovvero di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo possono essere aditi gli arbitri o il giudice ordinario.

 

Gli arbitri o il giudice ordinario devono essere aditi dalla Stazione appaltante, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione con la quale il soggetto che ha formulato le riserve abbia dichiarato di accettare la proposta. Decorso tale termine senza opposizione della Stazione appaltante, la proposta acquista efficacia di titolo esecutivo limitatamente alle somme di denaro con essa liquidate a favore del soggetto accettante.

Art. 206.
(Accordo bonario per i servizi e le forniture)

Art. 206.
(Accordo bonario per i servizi e le forniture)

1. Le disposizioni di cui all’articolo 205 si applicano, in quanto compatibili, anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica, e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa la corretta valutazione dell’esattezza della prestazione pattuita.

1. Le disposizioni di cui all’articolo 205 si applicano, in quanto compatibili, anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica, e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa la corretta valutazione dell’esattezza della prestazione pattuita.

Art. 207.
(Collegio consultivo tecnico)

Art. 207.
(Collegio consultivo tecnico)

1. Al fine di prevenire controversie relative all’esecuzione del contratto le parti possono convenire che prima dell’avvio dell’esecuzione, o comunque non oltre novanta giorni da tale data, sia costituito un collegio consultivo tecnico con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle dispute di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso.

1. Al fine di prevenire controversie relative all’esecuzione del contratto le parti possono convenire che prima dell’avvio dell’esecuzione, o comunque non oltre novanta giorni da tale data, sia costituito un collegio consultivo tecnico con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle dispute di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso.

2. Il collegio consultivo tecnico è formato da tre membri dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera. I componenti del collegio possono essere scelti dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini un componente e che il terzo componente sia scelto dai due componenti di nomina di parte; in ogni caso, tutti i componenti devono essere approvati dalle parti. Il componente nominato dalla stazione appaltante è preferibilmente scelto all’interno della struttura di cui all’articolo 31, comma 9, ove istituita. La parti concordano il compenso del terzo componente nei limiti stabiliti con il decreto di cui all’articolo 209, comma 16.

2. Il collegio consultivo tecnico è formato da tre membri dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera. I componenti del collegio possono essere scelti dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini un componente e che il terzo componente sia scelto dai due componenti di nomina di parte; in ogni caso, tutti i componenti devono essere approvati dalle parti. Il componente nominato dalla stazione appaltante è preferibilmente scelto all’interno della struttura di cui all’articolo 31, comma 9, ove istituita. La parti concordano il compenso del terzo componente nei limiti stabiliti con il decreto di cui all’articolo 209, comma 16.

3. Il collegio consultivo tecnico si intende costituito al momento di sottoscrizione dell’accordo da parte dei componenti designati e delle parti contrattuali. All’atto della costituzione è fornita al collegio consultivo copia dell’intera documentazione inerente al contratto.

3. Il collegio consultivo tecnico si intende costituito al momento di sottoscrizione dell’accordo da parte dei componenti designati e delle parti contrattuali. All’atto della costituzione è fornita al collegio consultivo copia dell’intera documentazione inerente al contratto.

4. Nel caso in cui insorgano controversie contrasti, il collegio consultivo può procedere all’ascolto informale delle parti per favorire la rapida risoluzione delle questioni tecniche controversie eventualmente insorte. Può altresì convocare le parti per consentire l’esposizione in contraddittorio delle rispettive ragioni.

4. Nel caso in cui insorgano controversie contrasti, il collegio consultivo può procedere all’ascolto informale delle parti per favorire la rapida risoluzione delle questioni tecniche controversie eventualmente insorte. Può altresì convocare le parti per consentire l’esposizione in contraddittorio delle rispettive ragioni.

5. Ad esito della propria attività il collegio consultivo formula in forma scritta una proposta di soluzione della controversia disputa dando sintetico atto della motivazione. La proposta del collegio non vincola le parti.

5. Ad esito della propria attività il collegio consultivo formula in forma scritta una proposta di soluzione della controversia disputa dando sintetico atto della motivazione. La proposta del collegio non vincola le parti.

6. Se le parti accettano la soluzione offerta dal collegio consultivo, l’atto contenente la proposta viene sottoscritto dai contraenti alla presenza di almeno due componenti del Collegio e costituisce prova dell’accordo sul suo contenuto. L’accordo sottoscritto vale come transazione.

6. Se le parti accettano la soluzione offerta dal collegio consultivo, l’atto contenente la proposta viene sottoscritto dai contraenti alla presenza di almeno due componenti del Collegio e costituisce prova dell’accordo sul suo contenuto. L’accordo sottoscritto vale come transazione.

7. Nel caso in cui la controversia il contrasto non sia composto mediante la procedura di cui ai commi precedenti, i componenti del collegio consultivo non possono essere chiamati quali testimoni nell’eventuale giudizio civile che abbia ad oggetto la controversia medesima.

7. Nel caso in cui la controversia il contrasto non sia composto mediante la procedura di cui ai commi precedenti, i componenti del collegio consultivo non possono essere chiamati quali testimoni nell’eventuale giudizio civile che abbia ad oggetto la controversia medesima, ma la proposta del collegio può, a istanza della parte interessata, essere acquisita agli atti del successivo giudizio.

8. Il collegio consultivo tecnico è sciolto al termine dell’esecuzione del contratto o in data anteriore su accordo delle parti.

8. Il collegio consultivo tecnico è sciolto al termine dell’esecuzione del contratto o in data anteriore su accordo delle parti.

Art. 208.
(Transazione)

Art. 208.
(Transazione)

1. Le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi.

1. Le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi.

2. Ove il valore dell’importo oggetto di concessione o rinuncia sia superiore a 100.000,00 euro, ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici, è acquisito il parere in via legale dell’Avvocatura dello Stato, qualora si tratti di amministrazioni centrali, ovvero di un legale interno alla struttura, ove esistente, secondo il rispettivo ordinamento, qualora si tratti di amministrazioni sub centrali.

2. Ove il valore dell’importo oggetto di concessione o rinuncia sia superiore a 100.000,00 euro, ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici, è acquisito il parere in via legale dell’Avvocatura dello Stato, qualora si tratti di amministrazioni centrali, ovvero di un legale interno alla struttura, ove esistente, secondo il rispettivo ordinamento, qualora si tratti di amministrazioni sub centrali.

3. La proposta di transazione può essere formulata sia dal soggetto aggiudicatario che dal dirigente competente, sentito il responsabile unico del procedimento.

3. La proposta di transazione può essere formulata sia dal soggetto aggiudicatario che dal dirigente competente, sentito il responsabile unico del procedimento.

Art. 209.
(Arbitrato)

Art. 209.
(Arbitrato)

1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario di cui agli articoli 205 e 206 possono essere deferite ad arbitri a procedimenti arbitrali amministrati esclusivamente a norma delle disposizioni seguenti. L’arbitrato, ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge 6 novembre 2012, n. 190, si applica anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici.

1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario di cui agli articoli 205 e 206 possono essere deferite ad arbitri a procedimenti arbitrali amministrati esclusivamente a norma delle disposizioni seguenti. L’arbitrato, ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge 6 novembre 2012, n. 190, si applica anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici.

2. La stazione appaltante indica nel bando o nell’avviso con cui indice la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, se il contratto conterrà o meno la clausola compromissoria. L’aggiudicatario può ricusare la clausola compromissoria, che in tale caso non è inserita nel contratto, comunicandolo alla stazione appaltante entro venti giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione. E’ vietato in ogni caso il compromesso.

2. La stazione appaltante indica nel bando o nell’avviso con cui indice la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, se il contratto conterrà o meno la clausola compromissoria. L’aggiudicatario può ricusare la clausola compromissoria, che in tale caso non è inserita nel contratto, comunicandolo alla stazione appaltante entro venti giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione. E’ vietato in ogni caso il compromesso.

3. L’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, e il deferimento agli arbitri, senza preventiva autorizzazione, sono nulli.

3. L’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, e il deferimento agli arbitri, senza preventiva autorizzazione, sono nulli.

 

3.bis Per i contratti stipulati anteriormente all’ entrata in vigore della legge 6 novembre 2012, n. 190 e recanti la clausola compromissoria, l’organo di governo dell’amministrazione può rifiutare il deferimento all’ arbitrato entro venti giorni dalla notificazione della domanda della parte privata.

4. Il collegio arbitrale è composto da tre membri ed è nominato dalla Camera arbitrale di cui all’articolo 210. Ciascuna delle parti, nella domanda di arbitrato o nell’atto di resistenza alla domanda, designa l’arbitro di propria competenza scelto tra soggetti di provata esperienza e indipendenza nella materia oggetto del contratto cui l’arbitrato si riferisce. Il Presidente del collegio arbitrale è designato dalla Camera arbitrale tra i soggetti iscritti all’albo di cui al comma 2 dell’articolo 210, in possesso di particolare esperienza nella materia oggetto del contratto cui l’arbitrato si riferisce.

4. Il collegio arbitrale è composto da tre membri ed è nominato dalla Camera arbitrale di cui all’articolo 210. Per i procedimenti arbitrali in cui il valore della domanda risulti inferiore o pari a euro 1.000.000,00 la controversia è decisa da un arbitro unico. Nei casi di competenza del collegio, ciascuna delle parti, nella domanda di arbitrato o nell’atto di resistenza alla domanda, designa l’arbitro di propria competenza scelto tra soggetti di provata esperienza e indipendenza nella materia oggetto del contratto cui l’arbitrato si riferisce. Il Presidente del collegio arbitrale ovvero l’arbitro unico è nominato e designato dalla Camera arbitrale, scegliendolo tra i soggetti iscritti all’albo di cui al comma 2 del citato articolo 211, in possesso di particolare esperienza nella materia oggetto del contratto cui l’arbitrato si riferisce.

 

4.bis. Il presidente del collegio e gli arbitri nominati dalle parti nonché l’arbitro unico e il consulente tecnico d’ufficio rivestono, in costanza dell’incarico, la qualifica di pubblici ufficiali. Spetta in ogni caso alla Camera arbitrale la verifica dell’attualità dei requisiti per lo svolgimento dell’incarico.

5. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione oltre che nel rispetto delle disposizioni del presente codice. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati tra i dirigenti pubblici. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto, preferibilmente, tra i dirigenti pubblici. In entrambe le ipotesi, qualora l’Amministrazione con atto motivato ritenga di non procedere alla designazione dell’arbitro nell’ambito dei dirigenti pubblici, la designazione avviene nell’ambito degli iscritti all’albo.

5. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione oltre che nel rispetto delle disposizioni del presente codice. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati tra i dirigenti pubblici. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto, preferibilmente, tra i dirigenti pubblici. In entrambe le ipotesi, qualora l’Amministrazione con atto motivato ritenga di non procedere alla designazione dell’arbitro nell’ambito dei dirigenti pubblici, la designazione avviene nell’ambito degli iscritti all’albo.

6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 815 del codice di procedura civile, non possono essere nominati:

6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 815 del codice di procedura civile, non possono essere nominati:

a) i magistrati ordinari, amministrativi contabili e militari in servizio o a riposo nonché gli avvocati e procuratori dello Stato, in servizio o a riposo, e i componenti delle commissioni tributarie;

a) i magistrati ordinari, amministrativi contabili e militari in servizio o a riposo nonché gli avvocati e procuratori dello Stato, in servizio o a riposo, e i componenti delle commissioni tributarie;

b) coloro che nell’ultimo triennio hanno esercitato le funzioni di arbitro di parte o di difensore in giudizi arbitrali disciplinati dal presente articolo, ad eccezione delle ipotesi in cui l’esercizio della difesa costituisca adempimento di dovere d’ufficio del difensore dipendente pubblico;

b) coloro che nell’ultimo triennio hanno esercitato le funzioni di arbitro di parte o di difensore in giudizi arbitrali disciplinati dal presente articolo, ad eccezione delle ipotesi in cui l’esercizio della difesa costituisca adempimento di dovere d’ufficio del difensore dipendente pubblico;

c) coloro che, prima del collocamento a riposo, hanno trattato ricorsi in sede civile, penale, amministrativa o contabile presentati dal soggetto che ha richiesto l’arbitrato;

c) coloro che, prima del collocamento a riposo, hanno trattato ricorsi in sede civile, penale, amministrativa o contabile presentati dal soggetto che ha richiesto l’arbitrato;

d) coloro che hanno espresso parere, a qualunque titolo, nelle materie oggetto dell’arbitrato;

d) coloro che hanno espresso parere, a qualunque titolo, nelle materie oggetto dell’arbitrato;

e) coloro che hanno predisposto il progetto o il capitolato di gara o dato parere su esso;

e) coloro che hanno predisposto il progetto o il capitolato di gara o dato parere su esso;

f) coloro che hanno diretto, sorvegliato o collaudato i lavori, i servizi, ole forniture a cui si riferiscono le controversie;

f) coloro che hanno diretto, sorvegliato o collaudato i lavori, i servizi, ole forniture a cui si riferiscono le controversie;

g) coloro che hanno partecipato a qualunque titolo alla procedura per la quale è in corso l’arbitrato.

g) coloro che hanno partecipato a qualunque titolo alla procedura per la quale è in corso l’arbitrato.

7. La nomina del collegio arbitrale effettuata in violazione delle disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 determina la nullità del lodo.

7. La nomina del collegio arbitrale o dell’arbitro unico effettuata in violazione delle disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 determina la nullità del lodo.

8. Al fine della nomina del collegio, la domanda di arbitrato, l’atto di resistenza ed eventuali controdeduzioni sono trasmessi alla Camera arbitrale. Sono altresì trasmesse le designazioni di parte. Contestualmente alla nomina del Presidente, la Camera arbitrale comunica alle parti la misura e le modalità del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale. Il Presidente del collegio arbitrale nomina, se necessario, il segretario, scegliendolo tra il personale interno all’ANAC.

8. Al fine della nomina del collegio o dell’arbitro unico, la domanda di arbitrato, l’atto di resistenza ed eventuali controdeduzioni sono trasmessi alla Camera arbitrale. Sono altresì trasmesse le designazioni di parte. Contestualmente alla nomina del Presidente o dell’arbitro unico, la Camera arbitrale comunica alle parti la misura e le modalità del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale. Il Presidente del collegio arbitrale nomina, se necessario, il segretario, scegliendolo tra il personale interno all’ANAC.

9. Le parti determinano la sede del collegio arbitrale, anche presso uno dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali dell’Osservatorio di cui all’articolo 213; se non vi è alcuna indicazione della sede del collegio arbitrale, ovvero se non vi è accordo fra le parti, questa deve intendersi stabilita presso la sede della Camera arbitrale.

9. Le parti determinano la sede del collegio arbitrale, anche presso uno dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali dell’Osservatorio di cui all’articolo 213; se non vi è alcuna indicazione della sede del collegio arbitrale, ovvero se non vi è accordo fra le parti, questa deve intendersi stabilita presso la sede della Camera arbitrale.

10. Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal presente codice. In particolare, sono ammissibili tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.

10. Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal presente codice, sostituita la Camera arbitrale al presidente del tribunale nell’esercizio dei poteri a questo riservati. In particolare, sono ammissibili tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.

11. I termini che gli arbitri hanno fissato alle parti per le loro allegazioni e istanze istruttorie possono essere considerati perentori, con la conseguenza che la parte che non li ha rispettati è dichiarata decaduta, solo se vi sia una previsione in tal senso o nella convenzione di arbitrato o in un atto scritto separato o nel regolamento processuale che gli arbitri stessi si sono dati.

11. I termini che gli arbitri hanno fissato alle parti per le loro allegazioni e istanze istruttorie possono essere considerati perentori, con la conseguenza che la parte che non li ha rispettati è dichiarata decaduta, solo se vi sia una previsione in tal senso o nella convenzione di arbitrato o in un atto scritto separato o nel regolamento processuale che gli arbitri stessi si sono dati.

13. Il deposito del lodo presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici precede quello da effettuarsi presso la cancelleria del tribunale ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 825 del codice di procedura civile. Il deposito del lodo presso la camera arbitrale è effettuato, a cura del collegio arbitrale, in tanti originali quante sono le parti, oltre a uno per il fascicolo d’ufficio ovvero con modalità informatiche e telematiche determinate dall’ANAC. Su richiesta di parte il rispettivo originale è restituito, con attestazione dell’avvenuto deposito, ai fini degli adempimenti di cui all’articolo 825 del codice di procedura civile.

13. Il deposito del lodo presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici precede quello da effettuarsi presso la cancelleria del tribunale ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 825 del codice di procedura civile. Il deposito del lodo presso la camera arbitrale è effettuato, a cura del collegio arbitrale o dell’arbitro unico, in tanti originali quante sono le parti, oltre a uno per il fascicolo d’ufficio ovvero con modalità informatiche e telematiche determinate dall’ANAC. Su richiesta di parte il rispettivo originale è restituito, con attestazione dell’avvenuto deposito, ai fini degli adempimenti di cui all’articolo 825 del codice di procedura civile.

14. Il lodo è impugnabile, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. L’impugnazione è proposta nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo e non è pi&ùgrave; proponibile dopo il decorso di centoottanta giorni dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale.

14. Il lodo è impugnabile, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. L’impugnazione è proposta nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo e non è pi&ùgrave; proponibile dopo il decorso di centoottanta giorni dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale.

15. Su istanza di parte la Corte d’appello può sospendere, con ordinanza, l’efficacia del lodo, se ricorrono gravi e fondati motivi. Si applica l’articolo 351 del codice di procedura civile. Quando sospende l’efficacia del lodo, o ne conferma la sospensione disposta dal presidente, il collegio verifica se il giudizio è in condizione di essere definito. In tal caso, fatte precisare le conclusioni, ordina la discussione orale nella stessa udienza o camera di consiglio, ovvero in una udienza da tenersi entro novanta giorni dall’ordinanza di sospensione; all’udienza pronunzia sentenza a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se ritiene indispensabili incombenti istruttori, il collegio provvede su di essi con la stessa ordinanza di sospensione e ne ordina l’assunzione in una udienza successiva di non oltre novanta giorni; quindi provvede ai sensi dei periodi precedenti.

15. Su istanza di parte la Corte d’appello può sospendere, con ordinanza, l’efficacia del lodo, se ricorrono gravi e fondati motivi. Si applica l’articolo 351 del codice di procedura civile. Quando sospende l’efficacia del lodo, o ne conferma la sospensione disposta dal presidente, il collegio verifica se il giudizio è in condizione di essere definito. In tal caso, fatte precisare le conclusioni, ordina la discussione orale nella stessa udienza o camera di consiglio, ovvero in una udienza da tenersi entro novanta giorni dall’ordinanza di sospensione; all’udienza pronunzia sentenza a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se ritiene indispensabili incombenti istruttori, il collegio provvede su di essi con la stessa ordinanza di sospensione e ne ordina l’assunzione in una udienza successiva di non oltre novanta giorni; quindi provvede ai sensi dei periodi precedenti.

16. La Camera arbitrale, su proposta del collegio arbitrale, determina con apposita delibera il compenso degli arbitri nei limiti stabiliti con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all’effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell’eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l’importo di 100 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con i decreti e le delibere di cui al primo periodo. Per i dirigenti pubblici resta ferma l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.214, nonché all’articolo 1, comma 24 della legge 6 novembre 2012, n.190. L’atto di liquidazione del compenso e delle spese arbitrali, nonché del compenso e delle spese per la consulenza tecnica, costituisce titolo per l’ingiunzione di cui all’articolo 633 del codice di procedura civile. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, si applica l’articolo 216 comma 22.

16. La Camera arbitrale, su proposta del collegio arbitrale o dell’arbitro unico, determina con apposita delibera il compenso degli arbitri nei limiti stabiliti con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all’effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell’eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l’importo di 100 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con i decreti e le delibere di cui al primo periodo. Per i dirigenti pubblici resta ferma l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.214, nonché all’articolo 1, comma 24 della legge 6 novembre 2012, n.190. Se la controversia viene decisa da un arbitro unico il compenso liquidabile a norma delle precedenti disposizioni è ridotto di un terzo. L’atto di liquidazione del compenso degli arbitri nonché di determinazione delle spese ripetibili nei confronti delle parti costituisce titolo esecutivo contro queste ultime. L’atto di liquidazione del compenso e delle spese arbitrali, nonché del compenso e delle spese per la consulenza tecnica, costituisce titolo per l’ingiunzione di cui all’articolo 633 del codice di procedura civile.

17. Il corrispettivo a saldo per la decisione della controversia è versato dalle parti, nella misura liquidata dalla Camera arbitrale, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del lodo.

17. Il corrispettivo a saldo per la decisione della controversia è versato dalle parti, nella misura liquidata dalla Camera arbitrale, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del lodo.

18. La Camera arbitrale provvede alla liquidazione degli onorari e delle spese di consulenza tecnica, ove disposta, ai sensi degli articoli da 49 a 58 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nella misura derivante dall’applicazione delle tabelle ivi previste.

18. La Camera arbitrale provvede alla liquidazione degli onorari e delle spese di consulenza tecnica, ove disposta, ai sensi degli articoli da 49 a 58 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nella misura derivante dall’applicazione delle tabelle ivi previste. L’atto di liquidazione costituisce titolo esecutivo contro le parti.

19. Gli importi dei corrispettivi dovuti a saldo per la decisione delle controversie direttamente versati all’ANAC.

19. Gli importi dei corrispettivi dovuti a saldo per la decisione delle controversie direttamente versati all’ANAC sono versati dalle parti direttamente ai beneficiari, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di liquidazione fatta alle parti medesime.

20. Salvo quanto previsto dall’articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile, il collegio arbitrale, se accoglie parzialmente la domanda, compensa le spese del giudizio in proporzione al rapporto tra il valore della domanda e quello dell’accoglimento.

20. Salvo quanto previsto dall’articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile, il collegio arbitrale o l’arbitro unico, se accoglie parzialmente la domanda, compensa le spese del giudizio in proporzione al rapporto tra il valore della domanda e quello dell’accoglimento.

21. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento del compenso dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio e al giudizio arbitrale, salvo rivalsa fra loro.

21. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento del compenso dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio e al giudizio arbitrale, salvo rivalsa fra loro.

Art. 210.
(Camera arbitrale, albo degli arbitri ed elenco dei segretari)

Art. 210.
(Camera arbitrale, albo degli arbitri ed elenco dei segretari)

1. Presso l’ANAC è istituita la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, di seguito camera arbitrale.

1. Presso l’ANAC è istituita la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, di seguito camera arbitrale. Al fine di garantire la trasparenza, la celerità e l’economicità delle procedure arbitrali nonché il rispetto dei requisiti di integrità, imparzialità e responsabilità degli arbitri e degli eventuali ausiliari la Camera arbitrale redige un regolamento adottato con delibera dell’ANAC.

2. La Camera arbitrale cura la formazione e la tenuta dell’Albo degli arbitri per i contratti pubblici, redige il codice deontologico degli arbitri camerali e provvede agli adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale.

2. La Camera arbitrale cura la formazione e la tenuta dell’Albo degli arbitri per i contratti pubblici, redige il codice deontologico degli arbitri camerali e provvede agli adempimenti necessari alla costituzione del collegio arbitrale e al funzionamento dell’arbitrato collegio arbitrale.

3. Sono organi della Camera arbitrale il Presidente e il consiglio arbitrale.

3. Sono organi della Camera arbitrale il Presidente e il consiglio arbitrale.

4. Il consiglio arbitrale, composto da cinque membri, è nominato dall’ANAC fra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’istituto, nonché dotati dei requisiti di onorabilità stabiliti dalla medesima Autorità. Al suo interno, l’ANAC sceglie il Presidente. L’incarico ha durata quinquennale ed è retribuito nella misura determinata dal provvedimento di nomina nei limiti delle risorse attribuite all’Autorità stessa. Il Presidente e i consiglieri sono soggetti alle incompatibilità e ai divieti previsti dal comma 10.

4. Il consiglio arbitrale, composto da cinque membri, è nominato dall’ANAC fra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’istituto, nonché dotati dei requisiti di onorabilità stabiliti dalla medesima Autorità. Al suo interno, l’ANAC sceglie il Presidente. L’incarico ha durata quinquennale ed è retribuito nella misura determinata dal provvedimento di nomina nei limiti delle risorse attribuite all’Autorità stessa. Il Presidente e i consiglieri sono soggetti alle incompatibilità e ai divieti previsti dal comma 10.

5. Per l’espletamento delle sue funzioni la Camera arbitrale si avvale di una struttura di segreteria con personale fornito dall’ANAC.

5. Per l’espletamento delle sue funzioni la Camera arbitrale si avvale di una struttura di segreteria con personale fornito dall’ANAC.

6. La Camera arbitrale cura annualmente la rilevazione dei dati emergenti dal contenzioso in materia di contratti pubblici e li trasmette all’Autorità e alla cabina di regia di cui all’articolo 212.

6. La Camera arbitrale cura annualmente la rilevazione dei dati emergenti dal contenzioso in materia di contratti pubblici e li trasmette all’Autorità e alla cabina di regia di cui all’articolo 212. Per l’espletamento della propria attività la Camera arbitrale può richiedere notizie, chiarimenti e documenti relativamente al contenzioso in materia di contratti pubblici; con regolamento dell’ANAC, su proposta della Camera arbitrale, sono disciplinate le particolari modalità di acquisizione.

7. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 18, della legge 6 novembre 2012, n. 190, possono essere iscritti all’albo degli arbitri della Camera arbitrale i soggetti appartenenti alle seguenti categorie:

7. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 18, della legge 6 novembre 2012, n. 190, Possono essere iscritti all’albo degli arbitri della Camera arbitrale i soggetti appartenenti alle seguenti categorie:

a) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio davanti alle magistrature superiori e in possesso dei requisiti per la nomina a consigliere di cassazione;

a) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio davanti alle magistrature superiori e in possesso dei requisiti per la nomina a consigliere di cassazione;

b) tecnici in possesso del diploma di laurea in ingegneria e architettura abilitati all’esercizio della professione da almeno 10 anni e iscritti ai relativi albi;

b) tecnici in possesso del diploma di laurea in ingegneria e architettura abilitati all’esercizio della professione da almeno 10 anni e iscritti ai relativi albi;

c) professori universitari di ruolo nelle materie giuridiche e tecniche e dirigenti delle pubbliche amministrazioni, con provata esperienza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

c) professori universitari di ruolo nelle materie giuridiche e tecniche e dirigenti delle pubbliche amministrazioni, con provata esperienza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

8. La Camera arbitrale cura, altresì, in sezione separata, la tenuta dell’elenco dei periti per la nomina dei consulenti tecnici nei giudizi arbitrali. Sono iscritti all’elenco i soggetti in possesso del diploma di laurea e comprovata esperienza professionale di almeno 5 anni, con relativa iscrizione all’albo professionale, se richiesta.

8. La Camera arbitrale cura, altresì, in sezione separata, la tenuta dell’elenco dei periti per la nomina dei consulenti tecnici nei giudizi arbitrali. Sono iscritti all’elenco i soggetti in possesso del diploma di laurea e comprovata esperienza professionale di almeno 5 anni, con relativa iscrizione all’albo professionale, se richiesta.

9. I soggetti di cui al comma 7, lettere a), b) e c), nonché al comma 8 del presente articolo, sono rispettivamente inseriti nell’albo degli arbitri e nell’elenco dei periti, su domanda corredata da curriculum e da adeguata documentazione comprovante i requisiti.

9. I soggetti di cui al comma 7, lettere a), b) e c), nonché al comma 8 del presente articolo, sono rispettivamente inseriti nell’albo degli arbitri e nell’elenco dei periti, su domanda corredata da curriculum e da adeguata documentazione comprovante i requisiti. Non possono comunque essere iscritti all’albo né all’elenco i soggetti condannati in via definitiva ovvero anche soltanto sottoposti a procedimento penale in corso per reati contro la pubblica amministrazione o per appartenenza o concorso esterno ad associazione di stampo mafioso. Gli oneri relativi alla tenuta dell’albo e dell’elenco sono posti a carico dei soggetti interessati all’ iscrizione, prevedendo a tal fine, a cura della Camera, tariffe idonee ad assicurare l’integrale copertura dei suddetti costi.

10. L’iscrizione all’albo degli arbitri e all’elenco dei periti ha validità triennale e può essere nuovamente conseguita decorsi due anni dalla scadenza del triennio. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’articolo 1, comma 42, lettera l, della legge 6 novembre 2012, n.190, durante il periodo di appartenenza, e nei successivi tre anni, i soggetti iscritti all’albo non possono espletare incarichi professionali in favore delle parti dei giudizi arbitrali da essi decisi, ivi compreso l’incarico di arbitro di parte.

10. L’iscrizione all’albo degli arbitri e all’elenco dei periti ha validità triennale e può essere nuovamente conseguita decorsi due anni dalla scadenza del triennio. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’articolo 1, comma 42, lettera l, della legge 6 novembre 2012, n.190, durante il periodo di appartenenza, e nei successivi tre anni, i soggetti iscritti all’albo non possono espletare incarichi professionali in favore delle parti dei giudizi arbitrali da essi decisi, ivi compreso l’incarico di arbitro di parte.

11. Sono fatti salvi i casi di ricusazione di cui all’articolo 815 del codice di procedura civile.

11. Sono fatti salvi i casi di ricusazione di cui all’articolo 815 del codice di procedura civile.

12. Per le ipotesi di cui all’articolo 209, comma 8, la Camera arbitrale cura anche la tenuta dell’elenco dei segretari dei collegi arbitrali. Possono essere iscritti all’elenco i funzionari in possesso di diploma di laurea in materia giuridica o economica o equipollenti e, ove necessario, in materie tecniche, inseriti nei ruoli delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, aventi un’anzianità di servizio in ruolo non inferiore a cinque anni. Gli eventuali oneri relativi alla tenuta dell’elenco sono posti a carico dei soggetti interessati all’iscrizione, prevedendo a tal fine tariffe idonee ad assicurare l’integrale copertura dei suddetti costi.

12. Per le ipotesi di cui all’articolo 209, comma 8, la Camera arbitrale cura anche la tenuta dell’elenco dei segretari dei collegi arbitrali. Possono essere iscritti all’elenco i funzionari, comunque in servizio all’ANAC, in possesso di diploma di laurea in materia giuridica o economica o equipollenti e, ove necessario, in materie tecniche, inseriti nei ruoli delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, aventi un’anzianità di servizio in ruolo non inferiore a cinque anni. Gli eventuali oneri relativi alla tenuta dell’elenco sono posti a carico dei soggetti interessati all’iscrizione, prevedendo a tal fine tariffe idonee ad assicurare l’integrale copertura dei suddetti costi.

13. Sul sito dell’ANAC sono pubblicati l’elenco degli arbitrati in corso e definiti, i dati relativi alle vicende dei medesimi, i nominativi e i compensi degli arbitri e dei periti.

13. Sul sito dell’ANAC sono pubblicati l’elenco degli arbitrati in corso e definiti, i dati relativi alle vicende dei medesimi, i nominativi e i compensi degli arbitri e dei periti.

Art. 211.
(Pareri di precontenzioso dell’ANAC)

Art. 211.
(Pareri di precontenzioso dell’ANAC)

1. Su iniziativa della stazione appaltante o di una o pi&ùgrave; delle altre parti, l’ANAC esprime parere relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara. Qualora l’altra parte acconsenta preventivamente, il parere, purché adeguatamente motivato, obbliga le parti ad attenersi a quanto in esso stabilito.

1. Su iniziativa della stazione appaltante o di una o pi&ùgrave; delle altre parti, l’ANAC esprime parere relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara. Qualora l’altra parte acconsenta preventivamente, il parere, purché adeguatamente motivato, obbliga le parti ad attenersi a quanto in esso stabilito.

2.Qualoral’Autorità,nell’esercizio delle proprie funzioni, accerti violazioni che determinerebbero l’annullabilità d’ufficio di uno dei provvedimenti ricompresi nella procedura ai sensi degli articoli 21-opties e 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n.241, invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. La raccomandazione ha effetto sospensivo sul procedimento di gara in corso per il medesimo termine di sessanta giorni, qualora dal provvedimento possa derivare danno grave. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell’Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250,00 e il limite massimo di euro 25.000,00, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’articolo 36 del presente decreto

2.Qualoral’Autorità,nell’esercizio delle proprie funzioni, accerti violazioni che determinerebbero l’annullabilità d’ufficio di uno dei provvedimenti ricompresi nella procedura ai sensi degli articoli 21-opties e 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n.241, invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. La raccomandazione ha effetto sospensivo sul procedimento di gara in corso per il medesimo termine di sessanta giorni, qualora dal provvedimento possa derivare danno grave. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell’Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250,00 e il limite massimo di euro 25.000,00, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’articolo 36 del presente decreto

D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104
Attuazione dell’art. 44 della L. 18.6.2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo

Normativa vigente

Proposta

Art. 12
(Rapporti con l’arbitrato)

Art. 12
(Rapporti con l’arbitrato)

1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli articoli 806 e segg. del codice di procedura civile.

All’articolo 12 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, aggiungere, in fine, le seguenti parole:
«ivi incluse quelle aventi per oggetto domande di risarcimento del danno derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.».

1. Gli enti pubblici che affidano mediante gara ad evidenza pubblica la gestione di un servizio di interesse economico generale inseriscono nello schema di contratto di servizio o comunque negli atti di gara la previsione di sistemi di risoluzione extragiudiziaria delle controversie con gli utenti che derivino dal rapporto di utenza. I costi di funzionamento di tali sistemi sono posti a carico dell’affidatario e gestore del servizio.

 

2. Il sistema di risoluzione delle controversie prevede l’operato di un collegio deliberante composto da tre membri, un presidente e due componenti, muniti della necessaria esperienza, competenza e indipendenza, preferibilmente scelti tra avvocati, notai, professori universitari in materie giuridiche, dirigenti pubblici e magistrati in quiescenza. I membri del collegio sono nominati, su istanza dell’ente affidante, nel modo seguente: il presidente del collegio dal Presidente del Tribunale territorialmente competente e gli altri due membri, rispettivamente, dal Presidente del TAR e dal Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti territorialmente competenti.

 

3. Per le controversie di cui al comma 1, l’azione in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito un tentativo di conciliazione affidato al presidente del collegio deliberante, secondo modalità stabilite nel contratto di servizio.

 

4. Qualora il tentativo di conciliazione abbia avuto esito negativo o comunque non si sia concluso entro il termine massimo di quattro mesi, le parti congiuntamente, o anche il solo utente, possono, in alternativa al giudizio ordinario, rimettere al collegio deliberante la definizione della controversia, secondo modalità stabilite nel contratto di servizio. La decisione del collegio è impugnabile davanti al giudice amministrativo; in caso di rigetto del ricorso, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi dell’articolo 26 del codice del processo amministrativo.

 

CAPO I
ELIMINAZIONE DELL’ARRETRATO E TRASFERIMENTO IN SEDE
ARBITRALE DEI PROCEDIMENTI CIVILI PENDENTI

Norma vigente

Proposta

Art. 1.
(Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria)

Art. 1.
(Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria)

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

Tale facoltà è consentita altresì nelle controversie di cui all’art. 409 del codice di procedura civile se la possibilità di farle decidere da arbitri, quando non abbiano per oggetto diritti indisponibili, sia prevista dalla legge o nei contratti o accordi prevista dalla legge o nei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro. Cause vertenti su collettivi nazionali di lavoro. Cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta.

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

Tale facoltà è consentita altresì nelle controversie di cui all’art. 409 del codice di procedura civile se la possibilità di farle decidere da arbitri, quando non abbiano per oggetto diritti indisponibili, sia prevista dalla legge o nei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro. Cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità aventi ad ooggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta.

2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone con ordinanza la trasmissione del fascicolo all’arbitro scelto di comune accordo dalle parti o al presidente del collegio arbitrale scelto secondo le regole definite dalle parti o al presidente del consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale per la nomina del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000. Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso. L’ordinanza dispone altresì la cancellazione dal ruolo del procedimento pendente.

2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone con ordinanza la trasmissione del fascicolo all’arbitro scelto di comune accordo dalle parti o al presidente del collegio arbitrale scelto secondo le regole definite dalle parti o al presidente del consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale per la nomina del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000. Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso. L’ordinanza dispone altresì la cancellazione dal ruolo del procedimento pendente.

2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato.

2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato.

3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri.

4-bis. Con il decreto di cui al comma 4 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica.

4-bis. Con il decreto di cui al comma 4 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica.

CAPO I

 

 

DISPOSIZIONI
GENERALI

 

 

Art. 1
(Definizioni)

 

 

1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per:

  1. mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o pi&ùgrave; soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;
  2. mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo;
  3. conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione;
  4. organismo: l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;
  5. e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.

 

 

 

Proposta della Commissione

Proposta
Breggia-Marotta

 

  1. procedimento: la procedura di mediazione amministrata dall’organismo che inizia con il deposito della domanda di mediazione, prosegue con uno o pi&ùgrave; incontri, per terminare con la redazione del processo verbale di accordo o di mancato accordo conciliativo.
  2. clausola di mediazione: la clausola contrattuale con la quale, in caso di controversia futura, le parti si obbligano all’esperimento della mediazione civile e commerciale;
  1. clausola multistep: la clausola contrattuale con la quale, in caso di controversia futura, le parti si obbligano all’esperimento della mediazione civile e commerciale e, in caso di esito negativo, allo svolgimento di una procedura arbitrale.

Art. 2
(Controversie oggetto di mediazione)

 

 

1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.

 

 

2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.

 

 

CAPO II

 

 

DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

 

 

Art. 3
(Disciplina applicabile e forma degli atti)

 

 

1. Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti.

 

 

2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico.

 

 

3. Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.

 

 

4. La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo.

 

 

Art. 4
(Accesso alla mediazione)

 

 

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di pi&ùgrave; domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, salvo diverso accordo tra le parti. In caso di pi&ùgrave; domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.

 

2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

 

 

3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

 

 

Art. 5
(Condizione di procedibilità e rapporti con il processo)

 

 

1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128- bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1°(gradi) settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice,

1-bis Chi intende esercitare un’azione davanti alle Autorità giurisdizionali in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, nonché contratti di subfornitura, di franchising, di leasing mobiliare non finanziario, rapporti sociali inerenti le società di persone, incluso il caso in cui sia parte l’erede o il legatario di un socio è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128- bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità del giudizio. La presente disposizione ha efficacia sino al 21 settembre 2023. Al termine di due anni dalla data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. In occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Cassazione il Ministero della giustizia renderà noti gli esiti del monitoraggio delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita. assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.

1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, nonché contratti di opera, di opera professionale, di appalto privato, di fornitura e di somministrazione, di franchising, di leasing, concorrenza sleale non interferente con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, contratti relativi al trasferimento di partecipazioni sociali, rapporti sociali inerenti le società di persone, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128- bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. Restano escluse dal regime dell’obbligatorietà le controversie di competenza del Tribunale delle Imprese sopra indicate, il cui valore superi l’importo di 250.000 euro. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale con cui viene iniziato il processo. Al termine di due anni dalla data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. In occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Cassazione il Ministero della giustizia renderà noti gli esiti del monitoraggio delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’effettivo avvio del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità del giudizio di primo grado o dell’appello principale o incidentale. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 per consentire lo svolgimento della procedura di mediazione. Se all’udienza di rinvio la mediazione non risulta ancora avviata, il giudice dichiara l’improcedibilità.

 

2-bis. Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.

 

 

3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.

 

 

4. I commi 1-bis e 2 non si applicano:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

 

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione.

In tali casi, successivamente alla pronuncia sull’istanza di concessione o di sospensione della provvisoria esecuzione, il giudice, con ordinanza motivata, può disporre l’esperimento del tentativo di mediazione. Il mancato avvio della mediazione comporta la improcedibilità del giudizio e la revoca del decreto ingiuntivo opposto ove quest’ultimo non sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo o ne sia stata sospesa la provvisoria esecuzione, ovvero comporta la improcedibilità del giudizio con gli effetti di esecutorietà e definitività di cui all’articolo 647 del codice di procedura civile ove il decreto ingiuntivo sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo o non ne sia stata sospesa la provvisoria esecuzione. In caso di provvisoria esecuzione parziale l’improcedibilità del giudizio di opposizione per mancato avvio della mediazione comporta gli effetti dell’articolo 647 del codice di procedura civile nei limiti della concessa esecuzione parziale del decreto ingiuntivo.

 

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Successivamente a tali pronunce l’onere di avviare la mediazione è a carico dell’opposto, pena la revoca del decreto ingiuntivo.

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;

 

 

c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;

 

 

d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

 

 

e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;

 

 

f) nei procedimenti in camera di consiglio;

 

 

g) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

 

 

5. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.

5. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione e la mediazione non risulta esperita, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, dispone l’invio delle e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione è iniziata, ma non conclusa. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente alla conclusione del contratto o a quanto previsto dallo statuto o dall’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.

 

6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo.

6. Dal momento del deposito, la domanda di mediazione produce ai fini della prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo.

 

 

7. Qualora nel verbale di accordo le parti abbiano acconsentito alla cancellazione della causa dal ruolo e all’estinzione del procedimento, il giudice, se il verbale attestante il raggiungimento di accordo e il predetto consenso venga depositato nella cancelleria a cura della parte interessata, provvede ai sensi dell’art. 309 c.p.c.

 

Art. 6
(Durata)

 

 

1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi.

 

 

2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma 1-bis dell’articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.

 

 

Art. 7
(Effetti sulla ragionevole durata del processo)

 

 

1. Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.

 

 

Art. 8
(Procedimento)

 

 

1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o pi&ùgrave; mediatori ausiliari.

1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte esclusivamente a cura dell’organismo di mediazione con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato.

Le parti devono essere presenti di persona oppure, per giustificati motivi, tramite un rappresentante diverso dall’avvocato che le assiste in mediazione. Il rappresentante deve essere a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia. Per le persone giuridiche è richiesta la partecipazione tramite un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia. È obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di partecipare alla mediazione assistiti dalla propria avvocatura, ove presente. La conciliazione della lite da parte di chi è incaricato di rappresentare la pubblica amministrazione, amministrata da uno degli organismi di mediazione previsti dal presente decreto, non dà luogo a responsabilità amministrativa e contabile quando il suo contenuto rientri nei limiti del potere decisionale dell’incaricato, salvo i casi di casi di dolo o colpa grave.

All’inizio del procedimento il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, e quindi procede con il suo esperimento. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o pi&ùgrave; mediatori ausiliari. Le parti devono comportarsi secondo buona fede e lealtà nonché con spirito di cooperazione.

 

2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.

 

 

3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.

 

 

4. Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti.

 

 

4-bis. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

4-bis. Il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile solo dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione. Il giudice, anche nel corso del giudizio, a prescindere dalla soccombenza, con provvedimento separato, può condannare la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma che ammonti nel minimo all’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio e nel massimo al triplo di tale importo.

 

Art. 9
(Dovere di riservatezza)

 

 

1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo.

 

 

2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.

 

 

Art. 10
(Inutilizzabilità e segreto professionale)

 

 

1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.

1. Le dichiarazioni rese, anche in relazione ad eventuali proposte conciliative ad eccezione di quanto previsto dall’art. 13, o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parzialmente, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.

 

2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili.

 

 

Art. 11
(Conciliazione)

 

 

1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13.

1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore redige verbale nel quale attesta esclusivamente il mancato raggiungimento dell’accordo. In tal caso può anche formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13. In nessun caso il mediatore può formulare una proposta qualora la parte convocata non sia comparsa.

 

2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.

 

 

3. Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

3. Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile o un atto per il quale è necessaria l’iscrizione nel registro delle imprese, per procedere alla trascrizione o alla iscrizione della stessa la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

 

4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e della parte che non l’ha accettata; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

 

5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.

 

 

Art. 12
(Efficacia esecutiva ed esecuzione)

 

 

1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. L’accordo di cui al periodo precedente deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal Presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. Il verbale di cui al comma 1 sostituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

 

 

Art. 13
(Spese processuali)

 

 

1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.

 

 

2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.

 

 

3. Salvo diverso accordo, le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.

 

 

Art. 14
(Obblighi del mediatore)

 

 

1. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti.

 

 

2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di:

 

 

a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento;

 

 

b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione;

b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione anche con riguardo ai suoi rapporti professionali e personali con i rappresentanti delle parti;

 

c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative;

 

 

d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo.

 

 

3. Su istanza di parte, il responsabile dell’organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull’istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell’organismo.

3. Su istanza di parte, motivata sulla base di una delle ragioni segnalate dal mediatore di cui al precedente comma 2, lett. b) o di altra seria ragione di possibile pregiudizio alla imparzialità, ovvero sulla base del mancato rilascio della dichiarazione di cui al precedente comma 2, lett. a), il responsabile dell’organismo sentito il mediatore in merito, provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull’istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell’organismo.

 

Art. 15
(Mediazione nell’azione di classe)

 

 

1. Quando è esercitata l’azione di classe prevista dall’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito.

 

 

CAPO III

 

 

ORGANISMI DI MEDIAZIONE

 

 

Art. 16
(Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori)

 

 

1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all’articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro.

 

 

2. La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall’articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.

 

 

3. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento.

3. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento. Al fine di garantire il principio di trasparenza, l’organismo dovrà mantenere un sito web aggiornato che fornisca alle parti un facile accesso alle informazioni concernenti il funzionamento della procedura di mediazione e che consenta di presentare la domanda e la documentazione di supporto necessaria in via telematica.

Il sito deve contenere inoltre le seguenti informazioni: oggetto sociale; nome del responsabile dell’organismo; nome dei soci, associati, responsabili e finanziatori; regolamento di procedura, indennità di mediazione e criterio di calcolo; statistiche dettagliate e aggiornate almeno semestralmente sulle procedure gestite e i curriculum di tutti i mediatori.

3-bis Agli organismi di mediazione è vietato lo svolgimento della propria attività presso un qualunque studio professionale. Tale divieto è esteso anche ai casi in cui organismo e professionista esercitano all’interno degli stessi locali, sebbene a diverso titolo.

 

4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico.

 

 

4-bis. Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4-bis. Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati che partecipano a corsi di formazione in materia di mediazione e conciliazione possono acquisire crediti ai fini della formazione continua previsti dal regolamento attuativo della l. 31 dicembre 2012, n. 247. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati. La partecipazione del praticante avvocato ad un incontro di mediazione equivale alla partecipazione ad una udienza in tribunale ai fini della pratica forense fino a concorrenza della metà degli obblighi formativi di udienza. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l’elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell’attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale.

 

 

6. L’istituzione e la tenuta del registro e dell’elenco dei formatori avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

 

Art. 17
(Risorse, regime tributario e indennità)

 

 

1. In attuazione dell’articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall’articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al «Fondo unico giustizia» attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell’articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell’articolo 7 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 luglio 2009, n. 127.

 

 

3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.

3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 100.000,00 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente, per le mediazioni disposte dal giudice, previa valutazione del medesimo al fine di eliminare o ridurre il rischio di comportamento negoziale elusivo o simulatorio.

Questa proposta è rimessa all’apprezzamento del sig. Ministro

4. Fermo restando quanto previsto dai commi 5-bis e 5- ter del presente articolo, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, sono determinati:

 

 

a) l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti;

 

 

b) i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati;

 

 

c) le maggiorazioni massime dell’indennità dovute, non superiori al 25 per cento, nell’ipotesi di successo della mediazione;

 

 

d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1- bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2. (31)

d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1- bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, ovvero quando è prevista contrattualmente dalla clausola di mediazione.

 

5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1 , all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

 

 

5-bis. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del presente decreto, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

5- bis Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1 bis ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del presente decreto, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L’organismo tuttavia potrà detrarre ai fini fiscali l’ammontare dell’indennità che gli sarebbe spettata. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

Quando la mediazione sia condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, ovvero è disposta dal giudice, la parte che si trovi nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio ai sensi dell’art. 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ha diritto ad essere ammessa al patrocinio a spese dello stato anche per l’attività svolta dal difensore dinanzi all’organismo di mediazione.

In caso di mediazione svolta prima del processo, conclusasi con accordo, il consiglio dell’ordine competente all’ammissione è quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito. La liquidazione del compenso al difensore in tal caso è effettuata dall’ufficio giudiziario che sarebbe stato competente per il giudizio.

 

5-ter. Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.

5-ter. Fermo restando quanto previsto dai precedenti commi, in particolare dal comma 4 e dal decreto previsto dall’art. 16 comma 2, per il primo incontro, nei casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità, ciascuna parte è tenuta a versare all’organismo l’importo di 40 euro per le liti di valore inferiore a 1000 euro, di 80 per le liti sino a 10.000 euro, di 180 euro per le liti di valore da 10.000 euro a 50.000 euro, di 200 euro per le liti di valore superiore a 50.000 euro. Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro tale importo sarà considerato a titolo di spese di mediazione. Nel caso in cui sia raggiunto un accordo o la mediazione prosegua oltre il primo incontro il suddetto importo sarà detratto dalla indennità di mediazione.

 

6. Il Ministero della giustizia provvede, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell’indennità di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell’attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all’esonero.

 

 

7. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto Nazionale di Statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.

 

 

8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro per l’anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del «Fondo unico giustizia» di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tale fine, resta acquisita all’entrata del bilancio dello Stato.

 

 

9. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all’entrata l’ulteriore importo necessario a garantire la copertura finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8.

 

 

Art. 18
(Organismi presso i tribunali)

 

 

1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16.

 

 

Art. 19
(Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio)

 

 

1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità.

 

 

2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16.

 

 

CAPO IV

 

 

DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA

 

 

Art. 20
(Credito d’imposta)

 

 

1. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.

Le parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi, in caso di raggiungimento di accordo, possono detrarre fiscalmente l’indennità di mediazione fino a concorrenza di euro cinquecento.

In caso di mancato accordo, alle parti è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’organismo, fino a concorrenza di euro duecentocinquanta.

 

2. A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l’ammontare delle risorse a valere sulla quota del «Fondo unico giustizia» di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d’imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell’anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d’imposta effettivamente spettante in relazione all’importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell’importo indicato al comma 1.

 

 

4. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

 

5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio».

 

 

Art. 21
(Informazioni al pubblico)

 

 

Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.

Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, da svolgersi periodicamente, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.

 

CAPO V

 

 

ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

 

 

Art. 22
(Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo)

 

 

1. All’articolo 10, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: «5-bis) mediazione, ai sensi dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69;».

 

 

Art. 23
(Abrogazioni)

 

 

1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

 

 

2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, nonché le disposizioni concernenti i procedimenti di conciliazione relativi alle controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile. I procedimenti di cui al periodo precedente sono esperiti in luogo di quelli previsti dal presente decreto.

 

 

Art. 24
(Disposizioni transitorie e finali)

 

 

1. Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi successivamente iniziati.

 

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. &EGRAVE; fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

Testo Coordinato del Decreto-Legge 12 Settembre 2014, N. 132

Testo del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 212 del 12 settembre 2014), coordinato con la legge di conversione 10 novembre 2014, n. 162 (in questo stesso supplemento ordinario alla pag. 1), recante: «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile.». (14A08730)

 

(GU n. 261 del 10-11-2014 - Suppl. Ordinario n. 84)

 

OMISSIS (CAPO I)

 

OMISSIS (Art. 1)

 

CAPO II
PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UNO O PI&ÙGRAVE; AVVOCATI

 

OMISSIS (Artt. 2 – 5)

 

OMISSIS (Artt. 2 – 5)

 

Art. 6.
(Convenzione di negoziazione assistita da uno o pi&ùgrave; avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio)

Art. 6.
(Convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio nonché di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio)

1. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

1. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

 

1-bis Qualora i coniugi si rivolgano congiuntamente ad un avvocato per incaricarlo, a tutela degli interessi di entrambi, di promuovere il ricorso di cui agli articoli 158 c.c. e 711 c.p.c., ovvero il ricorso di cui all’articolo 4, comma 16, legge 01.12.1970, n.898 nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, n.2), lettera b), legge 01.12.1970, n.898, ovvero per incaricarlo di procedere consensualmente alle successive modificazioni delle condizioni di separazione o di divorzio, il difensore, in alternativa alla proposizione delle relative domande al tribunale, può raccogliere su atto sottoscritto dalle parti, e da lui medesimo anche ai fini dell’autenticazione delle firme, le comuni volontà dei coniugi e quindi procedere ai sensi del comma seguente.

La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

 

2.-bis La convenzione di negoziazione assistita può essere conclusa altresì al fine di raggiungere una soluzione consensuale di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio.

2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All’accordo autorizzato si applica il comma 3.

2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso, entro dieci giorni dalla sottoscrizione delle parti, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. previa, occorrendo, la comparizione delle parti, provvede entro trenta giorni. Il presidente o il giudice da lui delegato può, con decreto, concedere l’autorizzazione in luogo del pubblico ministero; altrimenti provvede ai sensi dell’art. 158, secondo comma, del codice civile. All’accordo autorizzato si applica il comma 3.

3. L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L’avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.

3. Le comuni volontà dei coniugi, così come raccolte dal difensore incaricato, ottenuto il nulla osta o l’autorizzazione del pubblico ministero, producono gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio e di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio. Nell’atto in cui sono raccolte le volontà dei coniugi l’avvocato dà atto di avere tentato di conciliare le parti e di averle informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L’avvocato è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.

4. All’avvocato che viola l’obbligo di cui al comma 3, terzo periodo, è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 10.000. Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede è competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

 

5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g) è inserita la seguente:

 

"g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o pi&ùgrave; avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio";

g-bis) "gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita dagli avvocati delle parti, ovvero autorizzati, o da un solo avvocato scelto di comune accordo, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio, nonché le condizioni condivise dai coniugi ai sensi dell’articolo 6-bis, del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162"

b) all’articolo 63, comma 2, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

 

"h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o pi&ùgrave; avvocati conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio";

"h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita dagli avvocati dei coniugi o da un solo avvocato scelto di comune accordo, al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni condivise dai coniugi ai sensi dell’articolo 6-bis, decreto- legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 di separazione o di divorzio";

c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

 

"d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o pi&ùgrave; avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio".

d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita dagli avvocati dei coniugi, ovvero autorizzati, o da un solo avvocato scelto di comune accordo, conclusi tra gli stessi coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nonché le condizioni condivise dai coniugi ai sensi dell’articolo 6-bis, del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162".

 

5. – Al fine di raggiungere la soluzione consensuale ai sensi del comma 1, la parte che si trova nelle condizioni indicate nell’articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, può chiedere di essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

6. – L’istanza è rivolta al consiglio dell’ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il tribunale che sarebbe competente per la relativa controversia.

 

7. – L’istanza è redatta in carta semplice e contiene:

 

a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l’indicazione del procedimento di negoziazione assistita familiare che si intende avviare;

 

b) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’art. 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

 

c) l’impegno a comunicare, fino a che l’accordo non sia stato raggiunto o autorizzato, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito.

 

8. – La domanda di ammissione al patrocinio è accolta o respinta dal consiglio dell’ordine. Se il consiglio dell’ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente.

 

10. – Il patrocinio a spese dello Stato copre il compenso dovuto all’avvocato per l’assistenza prestata nel procedimento di negoziazione, entro i limiti, minimi e massimi, stabiliti da apposito decreto del Ministro della giustizia.

 

11. – Il compenso è liquidato dal Procuratore della Repubblica. Contro il decreto di liquidazione è ammessa l’opposizione ai sensi dell’art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e dell’art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

LEGGE 1 DICEMBRE 1970, N 898 Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio.

 

Art. 5.

 

Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l’intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all’articolo 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.

 

((La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti)).

 

La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può, ai sensi dell’articolo 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.

 

((Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.

 

Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria)).

Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale o, in caso di negoziazione assistita ai sensi dell’art. 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, dagli avvocati delle parti. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

 

Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.

 

Norma vigente

Proposta

TITOLO IX

 

Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio

 

Art. 320.
Rappresentanza e amministrazione.

Art. 320.
Rappresentanza e amministrazione.

I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, rappresentano i figli nati e nascituri, fino alla maggiore età o all’emancipazione, in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

[I]. I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale rappresentano i figli nati e nascituri, fino alla maggiore età o all’emancipazione in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

[Ibis] I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale possono, in nome e per conto dei figli, accettare eredità con beneficio di inventario, accettare donazioni, non gravate da oneri o condizioni, stipulare locazioni infranovennali ed acquistare beni immobili con provvista fornita da essi stessi o da terzi.

Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316.
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.

 

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego.

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego. Possono essere riscosse liberamente le somme mensili spettanti ai minori a titolo di benefici assistenziali.

L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza.

L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza fino all’esito dell’istruttoria, se necessaria.

Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore.

[VI]. Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale (2), o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale (2), il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale (2), la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore. Non è necessaria la nomina di curatore speciale per l’accettazione di eredità o donazioni o per gli acquisti di beni immobili con provvista fornita dai genitori o da terzi.

Art. 321.
Nomina di un curatore speciale.

 

In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, non possono o non vogliono compiere uno o pi&ùgrave; atti di interesse del figlio, eccedente l’ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti.

 .

Art. 322.
Inosservanza delle disposizioni precedenti.

 

Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.

 .

TITOLO X

 

Della tutela e dell’emancipazione

 

Capo I

 

Della tutela dei minori

 

Sezione III

 

Dell’esercizio della tutela

 

Art. 357.
Funzioni del tutore.

 

Il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne mministra i beni.

 

Art. 358.
Doveri del minore.

 

Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può abbandonare la casa o l’istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.

Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.

 

Art. 359.
Cattiva condotta del minore.

 

Il tutore che non riesce a frenare la cattiva condotta del minore [c.c. 319, 410, n. 1], salva l’applicazione delle norme contenute nelle leggi speciali, ne riferisce al presidente del tribunale. Questi sentito il minore e, potendo, il protutore [c.c. 346, 355] e qualche prossimo parente [c.c. 74] o affine [c.c. 78] e assunte informazioni può ordinare il collocamento del minore in un istituto di correzione [c.c. 319; c.p.c. 737].

Contro il decreto del presidente del tribunale è ammesso ricorso al presidente della corte di appello, che provvede sentito il pubblico ministero.

 

Art. 360.
Funzioni del protutore.

 

Il tutore che non riesce a frenare la cattiva condotta del minore [c.c. 319, 410, n. 1], salva l’applicazione delle norme contenute nelle leggi speciali, ne riferisce al presidente del tribunale. Questi sentito il minore e, potendo, il protutore [c.c. 346, 355] e qualche prossimo parente [c.c. 74] o affine [c.c. 78] e assunte informazioni può ordinare il collocamento del minore in un istituto di correzione [c.c. 319; c.p.c. 737].

Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l’interesse di questo è in opposizione con l’interesse del tutore.

Se anche il protutore si trova in opposizione d’interessi col minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale.

Il protutore è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore è venuto a mancare o ha abbandonato l’ufficio. Frattanto egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e può fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di amministrazione.

 

Art. 361.
Provvedimenti urgenti.

 

Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d’ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all’apposizione dei sigilli, nonostante qualsiasi dispensa.

 

Art. 362.
Inventario.

 

Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all’inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa.

L’inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le circostanze lo esigono.

 

Art. 363.
Formazione dell’inventario.

 

L’inventario si fa col ministero del cancelliere del tribunale o di un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l’intervento del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con l’assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia.

Il giudice può consentire che l’inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio non eccede euro 7,75.

L’inventario è depositato presso il tribunale(2).

Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerità.

 

Art. 364.
Contenuto dell’inventario.

 

Nell’inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità stabilite nel codice di procedura civile.

 

Art. 365.
Inventario di aziende.

 

Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali o agricole, si procede con le forme usate nel commercio o nell’economia agraria alla formazione dell’inventario dell’azienda, con l’assistenza e l’intervento delle persone indicate nell’articolo 363. Questi particolari inventari sono pure depositati presso il tribunale e il loro riepilogo è riportato nell’inventario generale.

 

Art. 366.
Beni amministrati da curatore speciale.

 

Il tutore deve comprendere nell’inventario generale del patrimonio del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a un curatore speciale. Se questi ha formato un inventario particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà all’inventario generale.

Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato.

 

Art. 367.
Dichiarazione di debiti o crediti del tutore.

 

Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell’inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l’obbligo di interpellarlo al riguardo.

Nel caso di inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il tutore è interpellato dal giudice tutelare all’atto del deposito.

In ogni caso si fa menzione dell’interpellazione e della dichiarazione del tutore nell’inventario o nel verbale di deposito.

 

Art. 368.
Omissione della dichiarazione.

 

Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.

Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela.

 

Art. 369.
Deposito di titoli e valori.

 

Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di credito designato dal giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro custodia.

Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di amministrazione.

 

Art. 370.
Amministrazione prima dell’inventario.

 

Prima che sia compiuto l’inventario, l’amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione.

 

Art. 371.
Provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione.

 

Compiuto l’inventario, il giudice, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

  1. sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi o all’esercizio di un’arte, mestiere o professione, disposto l’ascolto dello stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore ove capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l’avviso dei parenti prossimi (1);
  2. sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l’istruzione del minore e per l’amministrazione del patrimonio, fissando i modi d’impiego del reddito eccedente;
  3. sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele.

Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il tutore deve domandare l’autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa.

 

Art. 372.
Investimento di capitali.

Vedi considerazioni nella relazione

I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore investiti:

  1. in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;
  2. nell’acquisto di beni immobili posti nella Repubblica;
  3. in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nella Repubblica, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito fondiario;
  4. in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri istituti di credito, ovvero, per motivi particolari, un investimento diverso da quelli sopra indicati.

 

Art. 373.
Titoli al portatore.

 

Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il tutore deve farli convertire in nominativi, salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia.

Art. 374.
Autorizzazione del giudice tutelare.

Art. 374.
Autorizzazione del giudice tutelare.

Il tutore non può senza l’autorizzazione del giudice tutelare:

  1. acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l’uso del minore, per l’economia domestica e per l’amministrazione del patrimonio;
  2. riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l’ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
  3. accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni;
  4. fare contratti di locazione d’immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;
  5. promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.

[I] Il tutore può, senza alcuna autorizzazione giudiziale, accettare eredità con beneficio di inventario, accettare donazioni, stipulare locazioni infranovennali ed acquistare beni immobili con provvista fornita da essi stessi o da terzi. [II]. Il tutore non può senza l’autorizzazione del giudice tutelare e salvo quanto previsto al comma precedente:

  1. acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l’uso del minore, per l’economia domestica e per l’amministrazione del patrimonio;
  2. riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l’ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
  3. rinunciare ad eredità, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni;
  4. fare contratti di locazione d’immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;
  5. promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto], di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.

Art. 375.
Autorizzazione del tribunale.

Art. 375.
Autorizzazione del giudice tutelare

Il tutore non può senza l’autorizzazione del tribunale:

  1. alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;
  2. costituire pegni o ipoteche;
  3. procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi;
  4. fare compromessi e transazioni o accettare concordati.

L’autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.

Il tutore non può senza l’autorizzazione del giudice tutelare:

  1. alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;
  2. costituire pegni o ipoteche;
  3. procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi;
  4. fare compromessi e transazioni o accettare concordati.

L’autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.

Art. 376.
Vendita di beni.

 

Nell’autorizzare la vendita dei beni, il tribunale determina se debba farsi all’incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo.

Quando nel dare l’autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare.

Nell’autorizzare la vendita dei beni, il giudice tutelare determina se debba farsi all’incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo.

Nel dare l’autorizzazione il giudice tutelare stabilisce il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo.

Art. 377.
Atti compiuti senza l’osservanza delle norme dei precedenti articoli.

 

Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa.

 

Capo II

 

Dell’emancipazione

 

Art. 390.
Emancipazione di diritto.

 

Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.

 

Art. 391.
Emancipazione con provvedimento del giudice tutelare.

 

Il minore che ha compiuto gli anni diciotto può essere emancipato dal giudice su istanza del genitore esercente la patria potestà o del tutore.

L’emancipazione può essere accordata dal giudice tutelare su istanza dello stesso minore, sentiti i genitori o il tutore. Il giudice tutelare non può accordare la emancipazione senza il consenso del genitore esercente la patria potestà salvo che concorrano gravissime ragioni.

 

Art. 392.
Curatore dell’emancipato.

 

Curatore del minore sposato con persona maggiore di età è il coniuge.

Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.

Se interviene l’annullamento per una causa diversa dall’età, o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all’ufficio, o, in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì negli atti previsti nell’articolo 165.

 

Art. 393.
Incapacità o rimozione del curatore.

 

Sono applicabili al curatore le disposizioni degli articoli 348, ultimo comma, 350 e 384.

 

Art. 394.
Capacità dell’emancipato.

Art. 394.
Capacità dell’emancipato.

L’emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione.

Il minore emancipato può con l’assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

Per gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare. Per gli atti indicati nell’articolo 375 l’autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.

Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell’ultimo comma dell’articolo 320.

L’emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione.

Il minore emancipato può con l’assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

Per gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare. Per gli atti indicati nell’articolo 375 l’autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare [disp. att. c.c. 38].

Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell’ultimo comma dell’articolo 320.

Art. 395.
Rifiuto del consenso da parte del curatore.

 

Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore nel compimento dell’atto, salva, se occorre, l’autorizzazione del tribunale.

Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore nel compimento dell’atto, salva, se occorre, l’autorizzazione del tribunale.

Art. 396
Inosservanza delle precedenti norme.

 

Gli atti compiuti senza osservare le norme stabilite nell’articolo 394 possono essere annullati su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa.

Sono applicabili al curatore le disposizioni dell’articolo 378.

 

Art. 397.
Emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale.

 

Il minore emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.

L’autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d’ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato.

Il minore emancipato, che è autorizzato all’esercizio di una impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, anche se estranei all’esercizio dell’impresa.

Il minore emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.

L’autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d’ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato.

Il minore emancipato, che è autorizzato all’esercizio di una impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, anche se estranei all’esercizio dell’impresa.

Titolo XII

 

Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia

 

Capo I – Dell’amministrazione di sostegno

 

Art. 405.
Decreto di nomina dell’amministratore di sostegno. Durata dell’incarico e relativa pubblicità
................

 

Art. 406.
Soggetti
................

 

Art. 407.
Procedimento.
................

 

Art. 408.
Scelta dell’amministratore di sostegno
................

 

Art. 409.
Effetti dell’amministrazione di sostegno.
................

 

Art. 411.
Norme applicabili all’amministrazione di sostegno.

 

Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388. I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare.

All’amministratore di sostegno si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779.

Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell’amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente.

Il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, avuto riguardo all’interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni. Il provvedimento è assunto con decreto motivato a seguito di ricorso che può essere presentato anche dal beneficiario direttamente.

Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388. I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare.

Capo II
Della interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale

 

Art. 424.
Tutela dell’interdetto e curatela dell’inabilitato.

 

Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli e alla curatela degli inabilitati.

Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina del tutore provvisorio dell’interdicendo e del curatore provvisorio dell’inabilitando a norma dell’articolo 419. Per l’interdicendo non si nomina il protutore provvisorio.

Nella scelta del tutore dell’interdetto e del curatore dell’inabilitato il giudice tutelare individua di preferenza la persona pi&ùgrave; idonea all’incarico tra i soggetti, e con i criteri, indicati nell’articolo 408.

 

Art. 425.
Esercizio dell’impresa commerciale da parte dell’inabilitato.

 

L’inabilitato può continuare l’esercizio dell’impresa commerciale soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare. L’autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore.

L’inabilitato può continuare l’esercizio dell’impresa commerciale soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare. L’autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore.

Art. 427.
Atti compiuti dall’interdetto e dall’inabilitato.

 

Nella sentenza che pronuncia l’interdizione o l’inabilitazione, o in successivi provvedimenti dell’autorità giudiziaria, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento ovvero con l’assistenza del tutore, o che taluni atti eccedenti l’ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore.

Gli atti compiuti dall’interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell’interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall’interdetto dopo la nomina del tutore, qualora alla nomina segua la sentenza di interdizione.

Possono essere annullati su istanza dell’inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione fatti dall’inabilitato, senza l’osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza d’inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l’inabilitazione.

Per gli atti compiuti dall’interdetto prima della sentenza d’interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell’articolo seguente.

 

Disposizioni di attuazione del codice civile

Art. 45

Disposizioni di attuazione del codice civile

Art. 45

La competenza a decidere dei reclami avverso i decreti del giudice tutelare spetta al Tribunale ordinario quando si tratta dei provvedimenti indicati negli articoli 320, 321, 372, 373, 374, 376, secondo comma, 386, 394 e 395 del Codice.
La competenza spetta al Tribunale per i minorenni in tutti gli altri casi.
Nell’ipotesi prevista nell’articolo 386, ultimo comma, del Codice l’autorità giudiziaria competente provvede in sede contenziosa.

La competenza a decidere dei reclami avverso i decreti del giudice tutelare spetta al Tribunale ordinario quando si tratta dei provvedimenti indicati negli articoli 320, 321, 372, 373, 374, 375, 376, secondo comma, 386, 394 e 395, 397 e 425 del Codice.
La competenza spetta al Tribunale per i minorenni in tutti gli altri casi.
Nell’ipotesi prevista nell’articolo 386, ultimo comma, del Codice l’autorità giudiziaria competente provvede in sede contenziosa.

All’art. 1 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Qualora - nel termine di giorni quindici dalla proposizione del ricorso di cui al secondo comma, n. 1) - al Notaio istante non sia stato notificato, al domicilio eletto o all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dall’Albo Unico di cui all’art. 3 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, un provvedimento di rigetto o una richiesta di integrazione documentale, o di chiarimenti, o comunque di sospensione del procedimento, ed il provvedimento richiesto consista in una mera autorizzazione, il cui contenuto sia integralmente evincibile dal ricorso, il ricorso stesso si intende accolto.

IV - ALLEGATI: AUDIZIONI

    » AUDIZIONI

dott. Fabio Bartolomeo

Il dott. Bartolomeo evidenzia che l’Italia è l’unico Stato dell’Unione europea che procede alla rilevazione statistica delle mediazioni, mentre negli altri Stati membri essa non viene monitorata in quanto si svolge al di fuori del circuito giudiziario.

&EGRAVE; di conseguenza non del tutto attendibile il rapporto CEPEJ sul punto, posto che viene in esso riportato soltanto il numero dei mediatori accreditati. Anche il sistema di small claims viene monitorato soltanto nella misura in cui le controversie di modesta entità si svolgono nell’ambito del sistema giudiziario.

In Italia, è maggiore la partecipazione se la mediazione si svolge presso organismi gestiti dagli Ordini degli avvocati, decisamente inferiore se l’organismo è organizzato da altri ordini professionali. In termini di successo della mediazione, si può dire che i migliori risultati si realizzano presso gli organismi organizzati dagli ordini degli avvocati e presso le camere di commercio.

Il dott. Bartolomeo precisa che nell’elaborato statistico prodotto è stato valutato separatamente, e non inserito nella media, l’organismo “Inframedia”, che opera nel settore del recupero crediti con circa cento sedi in Italia; il grande successo delle mediazioni trattate presso tale organismo dipende in realtà dalla tipologia di materia trattata, sicché si è ritenuto che esso non rappresenti un valido campione statistico.

Con riguardo alla effettiva riuscita della mediazione, il dott. Bartolomeo precisa che i dati non sono allo stato acquisibili con modalità certe, atteso che la riuscita della mediazione potrebbe manifestarsi semplicemente mediante l’abbandono del giudizio e la cancellazione di esso ai sensi dell’art. 309 c.p.c.

In linea generale, la mediazione sta lentamente crescendo, e le sopravvenienze sono superiori alle definizioni. Operando una correlazione tra le iscrizioni delle mediazioni presso gli organismi e le iscrizioni presso i tribunali, si è verificato un “effetto filtro” netto del dieci per cento, che potrebbe salire al trenta per cento se le parti partecipassero effettivamente alle mediazione.

dott.ssa Magda Bianco e dott.ssa Margherita L. Cartechini

Dopo una breve introduzione sui vari tipi di ADR e un loro inquadramento in diverse esperienze giuridiche (in particolare Regno Unito e Spagna), la relazione si concentra sull’arbitrato bancario finanziario (ABF) e ne descrive le caratteristiche principali.

L’ABF è un ADR di tipo decisorio che può essere attivato solo su istanza del cliente. Il suo ambito applicativo verte su controversie sorte successivamente all’1.2.2009 relativamente a operazioni e servizi bancari e finanziari di importo inferiore a 100.000 euro.

Per la partecipazione alla procedura non è richiesta la partecipazione di un legale, i costi sono estremamente contenuti e i tempi di risposta si aggirano intorno ai 105 giorni.

L’ABF si struttura in tre collegi – Roma, Milano e Napoli -, e il foro competente è quello del ricorrente. Il collegio di coordinamento assicura l’uniformità decisoria. Le decisione si basa sulla documentazione prodotta dalle parti, è secondo diritto ma non vincola le parti giuridicamente, che quindi possono adire l’autorità giudiziaria.

Una volta delineato tale strumento stragiudiziale di composizione delle liti, viene descritto il ruolo di vigilanza e di indirizzo politico e legislativo della Banca d’Italia nel sistema dell’ABF. In particolare, la Banca d’Italia si occupa di emanare le disposizioni che disciplinano l’ambito di applicazione dell’ABF, coordinano il funzionamento dei collegi e definiscono i costi. Inoltre, nomina i collegi, offre funzioni di supporto e di vigilanza tramite la pubblicazione degli inadempimenti degli intermediari rispetto a quanto deciso all’esito delle procedure.

I relatori si soffermano poi sui punti di forza e di debolezza del sistema, individuando i primi nei tempi di definizione relativamente contenuti, nella elevata specializzazione dei collegi giudicanti e nell’uniformità degli orientamenti decisori che garantisce una maggiore prevedibilità delle decisioni, i secondi nei tempi ancora superiori alle prospettive, nell’utilizzo a volte opportunistico del sistema e nelle esigenze di potenziamento dei sistemi informatici.

L’audizione si conclude con riferimento ad alcune esigenze ancora da risolvere, ossia: i) il sacrificio di una maggiore efficienza a favore di una maggiore formalità dei procedimenti che garantisce, almeno sulla carta, una composizione delle liti pi&ùgrave; soddisfacente; ii) la terzietà dell’organismo che mal si concilia con il ricorso istruttorio offerto agli utenti; iii) quali regole applicare alla procedura.

   3. ANIA

dott.ssa Antonella Azzaroni e avv. Fabio Maniori

L’ANIA si sofferma sull’incidenza delle ADR sul settore assicurativo, che, a differenza di altri settori, registra dei dati non altrettanto positivi.

Con riguardo alle prime considerazioni di carattere generale, l’associazione individua i fattori che determinano tale insuccesso nella scarsità della legislazione in materia relativamente a profili procedural-civilisti, quali la mancanza di una disciplina organica sul conflitto di interesse e sulla mediazione contrattuale obbligatoria.

Numerose sono le soluzioni individuate dall’associazione.
In primo luogo, si sottolinea la necessità di agire sui costi delle ADR, così da renderle pi&ùgrave; accessibili. In secondo luogo, dopo avere ricordato l’inefficacia dell’obbligatorietà delle ADR, si suggerisce l’incentivazione dell’uso di clausole contrattuali di ADR, tramite degli strumenti normativi che ne evitino la dichiarazione di vessatorietà.

Si suggerisce, infine, di eliminare il divieto di non obbligatorietà della presenza di un difensore per la partecipazione alle molteplici tipologie di mediazione nell’ambito delle controversie nelle quali siano parte i consumatori.

Svolte tali premesse, l’audizione si concentra con pi&ùgrave; attenzione sulle singole ADR.
In relazione alla mediazione, la relazione riflette principalmente sul ruolo che il mediatore deve rivestire, sulla sua autorevolezza e sulla sua terzietà.

Si ribadisce, inoltre, la necessità di clausole contrattuali di ADR, al fine di consentire un maggiore accesso da parte delle parti alle ADR. Per fare ciò, è necessario escludere, tramite una normativa ad hoc, la vessatorietà di siffatte clausole.

Sempre con riguardo alla disciplina della mediazione, si critica il riferimento al foro competente, dal momento che si tratta di una fase stragiudiziale, anche in considerazione dell’evoluzione delle c.d. ODR.

Con precipuo riferimento alla negoziazione assistita, dopo un breve raffronto con le esperienze statunitense e francese, si auspica, similmente al primo sistema, l’abolizione dell’obbligatorietà della negoziazione assistita in ogni materia e, similmente al secondo, il difensore eletto dalle parti nella negoziazione non possa rappresentarle nell’eventuale giudizio ordinario.

Con riguardo, infine, all’arbitrato, si discute come, dati gli ingenti costi della procedura, sia auspicabile l’adozione di incentivi fiscali per renderla pi&ùgrave; accessibile.

Peraltro, in considerazione del fatto che nella maggioranza dei casi gli arbitrati in materia assicurativa sono multiparte, si suggerisce la previsione di una normativa pi&ùgrave; specifica in ambito processuale, in particolar modo in riferimento alla chiamata del terzo in causa, della riunione e dell’intervento.

La relazione si conclude con la menzione della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696-bis c.p.c., uno strumento che, se si decidesse di sfruttare – come è probabile che accadrà nell’ambito della responsabilità medica con l’approvazione della riforma Gelli - dovrebbe essere accompagnato dalla previsione di criteri di formazione e di specificazione della figura del consulente.

   4. AGCOM

prof. Angelo Marcello Cardani, avv. Enrico Maria Cotugno e dott. Raffaele Cangiano

La relazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni offe una breve ma completa panoramica sul quadro normativo nell’ambito dei metodi di soluzione stragiudiziale dei contrasti sorti tra utenti finali e operatori del settore, evidenziando, in primo luogo, come tale sistema sia estremamente efficiente e funzionale e, in secondo luogo, come, nonostante i risultati postivi, sussistano delle criticità relative alla mancanza di un potere di autoregolamentazione delle Autorità competenti.

In riferimento al quadro normativo, l’Autorità evidenzia che già con la l. 481/95 il legislatore aveva incentivato l’utilizzo delle ADR nel settore delle comunicazioni.

La legge 249/97 ha, infine, introdotto il divieto di proporre ricorso giudiziale senza il previo esperimento della conciliazione, e ha demandato, con la previsione di cui all’art. 1, co. 11, l’individuazione delle specifiche controversie assoggettabili al tentativo obbligatorio di conciliazione all’AGCom, la quale ha di fatto espletato tale onere con la deliberazione del Consiglio n. 53 del 28 aprile 1999.

Il codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003) ha ribadito la competenza della AGCom in materia di risoluzione stragiudiziale nei settori delle comunicazioni, e ha fissato alcuni criteri di semplificazione delle procedure, ossia la trasparenza, l’accessibilità, la efficienza nelle decisioni, negli indennizzi e nei rimborsi.

Allo stato, i procedimenti alternativi per la risoluzione dei contrasti nel settore sono disciplinati dal regolamento 173/07/CONS, affiancato dalla delibera 73/11/CONS sugli indennizzi.

I tentativi di conciliazione sono condizione di procedibilità per adire l’autorità giudiziaria.
I procedimenti sono articolati in una prima fase di impulso, che si instaura tramite il deposito di un’apposita istanza presso l’Autorità competente, e, ove non sia stato possibile raggiungere un accordo, di una seconda fase di definizione della controversia.

Nel corso della procedura gli utenti hanno la possibilità di richiedere provvedimenti temporanei di urgenza, all’esito di un’istruttoria non superiore a dieci giorni, volti a garantire la corretta fornitura del servizio fino al termine della procedura di conciliazione.

Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non vada a buon fine, gli utenti, in alternativa al giudizio civile, possono deferire la controversia all’AGCom per vederla risolvere in via amministrativa.
Nel 2011 all’AGCom è stata attribuita anche il potere di regolamentazione, di vigilanza e di tutela nel settore dei servizi postali. Tale materia è regolata dal d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 di attuazione della direttiva 97/67/CE.

Infine, il d.lgs. 130/2015 (di modifica del codice del consumo), introduce il titolo II-bis alla parte V del codice del consumo e stabilisce alcuni criteri per salvaguardare il consumatore. Tali disposizioni non incidono, peraltro, sulla disciplina delineata dall’AGCom, dal momento che la nuova normativa è diretta esclusivamente a regolare le procedure di volontaria giurisdizione, sebbene attribuisca all’autorità il compito di tenuta del ruolo degli organismi abilitati a svolgere i procedimenti di conciliazione obbligatoria.

Con la delibera 184/13/CONS, l’AGCom ha stabilito le regole per la definizione, in via conciliativa non obbligatoria, delle controversie sorte nel settore postale.

I dati relativi ai tentativi di conciliazione obbligatoria mostrano un’altissima percentuale di utilizzo da parte dei consumatori e un alto tasso di esiti positivi.
In termini di durata, sebbene le procedure durino in media pi&ùgrave; a lungo di quanto previsto dalla legge, ossia 71 anziché 30 giorni, i procedimenti per la definizione delle controversie durano di meno della durata massima stabilita dal regolamento.

A fronte di un quadro delineato prevalentemente positivo, si lamentano difficoltà di gestione delle numerose istanze dovute a un uso massivo e pretestuoso delle procedure.

L’AGCom, pertanto, conclude con la richiesta di attribuzione di specifici poteri di regolamentazione, al fine di poter attuare quelle riforme regolamentari che, di volta in volta, si rendessero necessarie, e sottolinea, in ogni caso, che una soluzione a tali problematiche potrebbe essere rappresentata dall’informatizzazione dei procedimenti (ODR).

dott. Roberto Malaman, avv. Simone Lucattini, avv. Gabriella Facchetti e avv. Barbara Serventi

La prima parte della relazione presentata dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico riassume l’evoluzione del quadro normativo sulle ADR nel settore di sua competenza.

In particolare, si trova un primo riferimento normativo nelle disposizioni della legge istitutiva della stessa Autorità e, precisamente, all’art. 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, che demandava a uno o pi&ùgrave; regolamenti – mai emanati - la definizione di criteri, condizioni, termini e modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso l’Autorità.

Nelle more dell’emanazione del regolamento governativo di cui all’art. 2, comma 24, lettera b), della legge 481/95, è stato adottato, con la deliberazione 127/03, un "Regolamento per lo svolgimento delle procedure arbitrali" successivamente sostituito con la deliberazione 9 aprile 2005, 42/05, con la quale sono state approvate le "Disposizioni in materia di procedure arbitrali per la risoluzione delle controversie in materia di accesso alle reti dell’energia elettrica e del gas".

Tale quadro è stato, poi, perfezionato tramite l’attuazione delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 tramite il decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, con il quale il legislatore ha affidato all’Autorità garante il compito di: i) garantire agli utenti finali l’accesso a tutte le informazioni concernenti i loro diritti, la normativa in vigore e le modalità disponibili per la risoluzione delle controversie; ii) assicurare il trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione dei clienti finali nei confronti dei venditori e dei distributori di gas naturale e di energia elettrica; iii) decidere sui reclami presentati contro un gestore di un sistema di trasmissione, di trasporto, di stoccaggio, di un sistema GNL o di distribuzione.

L’Autorità ha dato attuazione a quanto disposto dal decreto legislativo 93/11 con la deliberazione 18 maggio 2012, 188/2012/E/com, approvando la Disciplina per la trattazione dei reclami presentati dagli operatori e dai prosumer (produttori e consumatori di energia elettrica) contro il gestore di un sistema di trasmissione, di trasporto, di stoccaggio, di un sistema GNL o di distribuzione, ha dato parimenti attuazione al comma 4 dell’art. 44 del decreto legislativo 93/11 con la deliberazione 21 giugno 2012, 260/2012/E/com, per quanto riguarda il trattamento efficace delle procedure di conciliazione dei clienti finali nei confronti dei venditori e dei distributori di gas naturale ed energia elettrica, mediante l’istituzione del Servizio Conciliazione clienti energia.

L’Autorità sottolinea, quindi la fondamentale emanazione del decreto legislativo 130/2015, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori.

Nello specifico tale decreto ha apportato modifiche alla parte V del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), sostituendo l’art. 141 con il nuovo Titolo II-bis, denominato "Risoluzione extragiudiziale delle controversie", in cui sono definite le disposizioni che si applicano alle procedure volontarie di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, nell’ambito delle quali l’organismo ADR (Alternative Dispute Resolutions) propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole.

Il decreto in esame, inoltre, designa l’Autorità tra quelle competenti per l’ADR negli specifici settori di competenza, alle quali sono affidati diversi compiti, tra i quali, l’istituzione, la tenuta e la pubblicazione dell’elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere che rientrano nell’ambito di applicazione del menzionato decreto legislativo 130/15 e che rispettano i relativi requisiti.

In attuazione di tali previsioni, l’Autorità ha istituito l’elenco degli organismi ADR deputati a gestire, nei settori di competenza, le procedure volontarie di risoluzione extragiudiziale delle controversie nazionali e transfrontaliere tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea e ha contestualmente approvato la disciplina di prima attuazione.

Il decreto in esame ha previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione come condizione di procedibilità per l’azione giudiziale prevista dall’art. 2, comma 24, lettera b), della legge 481/95, attribuendo all’Autorità medesima il potere di regolamentarne le modalità di svolgimento.

Vale rammentare che è attualmente all’esame del Senato, in seconda lettura, il disegno di legge recante la "Legge annuale per il mercato e la concorrenza" (AS. 2085, approvato dalla Camera) che, all’art. 32, rubricato "Misure per garantire l’informazione dei consumatori", stabilisce che l’Autorità deve garantire il trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione per tutti i settori oggetto di regolazione e controllo da parte della medesima Autorità a beneficio dei clienti finali e degli utenti dei predetti settori, anche mediante avvalimento; l’approvazione di tale testo estenderebbe pertanto l’operatività delle norme citate a tutti i servizi regolati.

Concluso il quadro normativo, l’Autorità affronta le controversie fra operatori prima e le controversie fra utenti finali e operatori.

Relativamente al primo argomento, l’autorità individua due principali sistemi di soluzione dei contrasti: i) l’arbitrato amministrato; ii) la procedura giustiziale.
In riferimento all’arbitrato amministrato, esso è attualmente regolato dalla deliberazione 14 marzo 2005, n. 42, recante "Disposizioni in materia di procedure arbitrali per la risoluzione delle controversie in materia di accesso alle reti dell’energia elettrica e del gas e di revoca della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 127/03".

Si tratta di un tipico arbitrato amministrato ex art. 832 c.p.c., ove l’autorità svolge la funzione di camera arbitrale, che funge da strumento di chiusura successivo all’autocomposizione, ossia un tentativo di composizione bonaria partecipato dai "dirigenti di primo livello" delle imprese in lite a cui fanno riferimento i c.d. codici di rete contenenti regole e modalità per la risoluzione e la gestione e il funzionamento delle infrastrutture di rete.

Il ricorso a tale arbitrato è stato esperito, a oggi, una sola volta, e l’autorità rinviene le ragioni di tale scarso utilizzo nella natura volontaria del ricorso a tale strumento e nel fatto che gli accordi dai quali può scaturire raramente prevedono una clausola arbitrale.

La procedura giustiziale è regolato dalla deliberazione 18 maggio 2012, 188/2012/E/com, sulla base del potere attribuito all’autorità garante dal d.lgs. 93/11, in attuazione degli art. 37, par. 11, della direttiva 2009/72/CE e dell’art. 41, par. 11, della direttiva 2009/73/CE.

L’ambito applicativo di tale procedura è prettamente riconducibile al third party access e all’unbundling.
La procedura giustiziale è caratterizzata da un sistema rapido e gratuito e si conclude con una decisione amministrativa vincolante e impugnabile dinanzi al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. l, c.p.a.

L’accesso a tale procedura prescinde da un previo accordo delle parti, e proprio per tale ragione tale procedura ha conosciuto una maggiore fortuna rispetto all’arbitrato amministrato, la durata media delle procedure giustiziali gestite dall’Autorità è di 5 mesi e 16 giorni; la percentuale di rispetto delle decisioni è del 100%; in particolare, l’85% delle decisioni sono state immediatamente ottemperate dalle parti, mentre, nel restante 15%, l’ottemperanza è avvenuta a seguito dell’intervento degli Uffici. La procedura si articola attraverso la proposizione di un reclamo all’Autorità, in grado di condurre all’autocomposizione della controversia, e lo svolgimento della procedura medesima, durante la quale l’Autorità, oltre a essere dotata del potere decisionale, può anche proporre alle parti un’ipotesi di risoluzione della controversia.

Le decisioni dell’Autorità devono essere ottemperate entro un termine di volta in volta stabilito, e può essere richiesto anche il deposito di relazioni relative alla attuazione di quanto disposto.

I dati dimostrano il rispetto pressoché costante e totale delle decisioni dell’Autorità, a fronte, da un lato, dell’autorevolezza tecnica riconosciuta al Regolatore e, dall’altro, dal discredito che potrebbe derivare dall’inadempimento e dalle sanzioni pecuniarie.

Si sottolinea, inoltre, come tramite l’esercizio, allo stesso tempo, della funzione di regolazione delle controversie e di quella regolamentare ha costituito un’opportunità di poter migliorare, di volta in volta, tramite la regolazione interpretativa, il sistema della conciliazione.

In relazione alle controversie fra clienti finali e operatori, l’Autorità ha dato attuazione al comma 4 dell’art. 44 del decreto legislativo 93/11 con la deliberazione 21 giugno 2012, 260/2012/E/com, per quanto riguarda il trattamento efficace delle procedure di conciliazione dei clienti finali nei confronti dei venditori e dei distributori di gas naturale e di energia elettrica, mediante l’istituzione del Servizio Conciliazione Clienti Energia (di seguito: Servizio Conciliazione), gestito in avvalimento da Acquirente Unico S.p.A.

La procedura è volontaria per gli utenti finali e gli operatori del mercato libero, mentre sussiste un obbligo di attivazione in capo agli esercenti la maggior tutela per il settore elettrico, ai distributori dei settori elettrico e gas e al GSE.

In alternativa a tale procedimento, il consumatore può anche inviare un reclamo di "seconda istanza" allo Sportelo per il consumatore di energia, istituito dall’Autorità con deliberazione 26 luglio 2012, 323/2012/E/com e gestito in avvalimento da Acquirente Unico S.p.A.

Entrambi gli strumenti non pregiudicano l’accesso alla giustizia ordinaria.
Tale procedimento di conciliazione si inserisce, similmente a quanto accade in materia di comunicazioni, al secondo livello rispetto al reclamo diretto da parte dell’utente finale al fornitore del servizio.

Il Servizio Conciliazione è gratuito e si svolge on line tramite incontri virtuali innanzi a un mediatore terzo e imparziale nell’arco di 90 giorni solari.

L’ambito di applicazione del procedimento è "universale" e non è necessaria la presenza di un legale. Il verbale di accordo ha un efficacia transattiva tra le parti. Le parti, possono richiedere entro sette giorni dall’attivazione della procedura la proposta di un accordo conciliativo a cui sono libere di aderire.

I dati forniti dimostrerebbero un aumento del 39% per cento della promozione delle richieste/mese di conciliazioni rispetto al 2015.

Il decreto legislativo 130/15 ha apportato modifiche alla parte V del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), sostituendo l’art. 141 con il nuovo Titolo II-bis, denominato "Risoluzione extragiudiziale delle controversie", in cui sono definite le disposizioni che si applicano alle procedure volontarie di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, nell’ambito delle quali l’organismo ADR propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole, e ha iscritto il Servizio Conciliazione in elenco, quale Organismo ADR rispondente ai requisiti fissati dal decreto stesso.

Il decreto legislativo 130/15 ha attualizzato l’art. 2 comma 24, lettera b), della legge 481/95, con la previsione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, nelle materie di competenza dell’Autorità, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziale, e ha attribuito alla stessa Autorità il potere di regolamentare, con propri provvedimenti, le modalità di svolgimento del tentativo di conciliazione medesimo.

Con la deliberazione 209/2016/E/com l’Autorità ha adottato il Testo Integrato Conciliazione (TICO), in materia di procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra clienti e utenti finali e operatori nei settori regolati dall’Autorità, con efficacia dall’1 gennaio 2017, e ha disciplinato le modalità per l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione presso il Servizio Conciliazione e, in alternativa, secondo altre procedure, ai fini della procedibilità dell’azione giudiziale.

Le caratteristiche salienti della procedura sono: i) l’ampiezza dell’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo e la gradualità applicativa per le controversie degli utenti finali del servizio idrico integrato nei confronti del gestore; ii) la condizione di procedibilità per l’azione giudiziale (che si considera avverata se il primo incontro, da tenersi entro 30 giorni dalla domanda, si conclude senza accordo); iii) l’obbligo partecipativo in capo agli operatori per le controversie azionate dagli utenti finali; iv) la valenza di titolo esecutivo del verbale di conciliazione; v) la previsione di procedure alternative al Servizio di Conciliazione.

La relazione si conclude con i seguenti suggerimenti: i) fare salve le discipline settoriali adottate in tema di conciliazione obbligatoria da parte delle Autorità indipendenti, in modo da fare salve le specificità di settore alla luce degli obiettivi di deflazione del contenzioso e di tutela specifica degli utenti finali; ii) prevedere l’attribuzione di un potere decisorio di terzo livello dell’Autorità , facoltativo per l’utente finale, a seguito dell’esito negativo della conciliazione obbligatoria, fondato sull’art. 2, comma 12, lett. m), della legge n. 481/95 e, per i settori energetici, dall’ art. 44 del d.lgs. 93/11; iii) estendere la competenza della conciliazione obbligatoria nel settore idrico anche ad Acquirente Unico S.p.A.; iv) chiarire alcuni aspetti processuali della procedimento; v) prevedere che, in caso la decisione dell’Autorità non venga rispettata dalle parti, il giudice valuti il comportamento della parte ricorrente ai fini delle spese di giudizio.

 

La relazione si apre attraverso una dimostrazione dell’interesse di Confindustria verso un progetto di riforma organico della disciplina delle ADR – considerato lo scopo meritorio di offrire un alternativa economica e veloce all’inefficiente sistema giudiziario italiano -, alla quale segue un commento sulla mediazione, sulla negoziazione assistita e sull’arbitrato.

In riferimento alla mediazione, si sostiene che l’obbligatorietà del suo esperimento è volta alla promozione di una vera cultura delle ADR, obiettivo, ad oggi, non ancora raggiunto, dal momento che solo una minima parte delle procedure promosse corrisponde a mediazioni su base volontaria. Si suggerisce, pertanto, la conservazione del sistema attuale, accompagnata da un potenziamento di alcuni profili, dal monitoraggio dei dati derivanti dalle procedure all’estensione delle materie per le quali è prevista l’obbligatorietà della procedura stessa.

Con riguardo alla negoziazione assistita, dopo aver salutato con favore la scelta legislativa, attuata tramite il d.l. 132/2014, di renderla obbligatoria in alcuni casi specifici, si suggerisce: i) un elencazione pi&ùgrave; chiara e puntuale delle materie che come condizione di procedibilità presentano il suo esperimento; ii) un aumento del credito di imposta in linea con quanto già previsto per la mediazione; iii) la conferma dell’esclusione della materia del lavoro, per la quale già sono previsti idonei strumenti per la composizione bonaria dei contrasti.

In merito all’arbitrato, dopo averne sottolineato i meriti, rivestiti dalla riservatezza e tempestività della decisione, si criticano i profili economici relativi al suo esperimento, ai quali si potrebbe rimediare tramite l’applicazione del principio di trasparenza con riguardo ai compensi degli arbitri, come, ad esempio, la previsione dell’obbligo di presentazione di un preventivo e si suggerisce che le indicazioni tariffarie non siano vincolanti.

dott.ssa Francesca Palisi

L’Associazione apre la sua relazione evidenziando come il settore bancario vanti una lunga esperienza nell’abito dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, con riguardo alle costituzioni, nel 1993, dell’Ombudsman – Giurì Bancario e, nel 2005, del Conciliatore Bancario Finanziario – Associazione per la soluzione delle controversie bancarie, finanziarie e societarie – ADR.

La soluzione in via stragiudiziale delle controversie in ambito bancario presenta caratteri peculiari: in primo luogo, per la presenza di organismi di risoluzione stragiudiziali speciali, quali l’ABF, al quale si affiancherà, a breve, un organismo strutturato dalla CONSOB (ACF); in secondo luogo, perché nonostante l’esperimento del tentativo di mediazione sia obbligatorio anche nell’abito di controversie di carattere bancario, tale condizione di procedibilità si considera assolta nel caso in cui la controversia venga compromessa innanzi all’ABF.

I dati dimostrano che gli organismi preposti alla soluzione dei contrasti in materia bancaria non sono riusciti a contribuire alla diffusione delle ADR, soprattutto a causa della scarsa chiarezza della disciplina in materia.

Partendo da questo assunto, l’ABI suggerisce: i) una chiara definizione dell’ambito applicativo della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, di cui al D.lgs. n. 28/2010 e del d.lgs. 130/2015, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori; ii) una modifica della disciplina sul primo incontro di mediazione, con l’obiettivo di renderlo idoneo al possibile raggiungimento di un accordo tra le parti, prevedendo che le parti possano entrare da subito nel merito della questione e che vi sia un intervallo di tempo congruo tra la data di comunicazione dell’incontro e quella fissata per il suo svolgimento; iii) la promozione di una specializzazione per materia dei mediatori, in modo da promuovere l’affidamento degli utenti a tale sistema, e, al tempo stesso, prevedere un’indennità di mediazione sin dal primo incontro posta in capo a entrambe le parti nel caso esse non vogliano proseguire; iv) sulla scorta di quanto disposto ai sensi dell’art. 116, co. 2, c.p.c., specificare il significato di giustificato motivo e prevedere che esso possa essere costituito da una giurisprudenza costante relativa alla questione che la renda palesemente infondata; v) l’eliminazione dell’obbligo di farsi assistere da un legale nel tentativo di mediazione, al fine di incentivare l’esperimento di tale tentativo anche volontariamente, e, al limite, prevedere tale obbligo solo per le controversie di valore superiore a euro 100.000,00; vi) per finalità di semplificazione, la previsione delle facoltà della parte di partecipare a distanza alla mediazione, vii) la previsione di incentivi di carattere fiscale.

   8. CO.RE.COM

dott. Felice Blasi e prof. avv. Alberto Maria Benedetti

La relazione consiste, sostanzialmente, in un’illustrazione del sistema di conciliazione obbligatorio istituito presso il CO.RE.COM, che costituisce (come sostenuto, in parte, nella relazione presentata da AGCom) in un modello di successo che potrebbe servire come esempio per tutte le altre procedure ADR.

Gli utenti (persone fisiche o giuridiche) che lamentano la violazione di un proprio diritto o interesse in materia di comunicazioni, prima di avviare una causa in sede civile devono promuovere obbligatoriamente davanti agli organi preposti - Camere di Commercio, Organismi di mediazione convenzionati, CO.RE.COM - un tentativo di conciliazione.

La ratio di tale obbligatorietà risiede nel tentativo di raggiungere una soluzione positiva della controversia ed evitare di andare incontro al lungo iter giudiziario, posto, peraltro, a carico del cittadino e delle amministrazioni.

La procedura davanti al CO.RE.COM è completamente gratuita e si conclude entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza (anche se, in base a quanto descritto da AGCom, ciò avviene, in media, in 71 giorni).

La procedura di conciliazione innanzi al CO.RE.COM viene attivata presentando una istanza in carta libera, oppure utilizzando il formulario UG disponibili sui siti dei CO.RE.COM.

In entrambi i casi, le istanze devono contenere i requisiti minimi prescritti dalla delibera Agcom 173/07/CONS a pena di inammissibilità.

Il CO.RE.COM, verificata l’ammissibilità della domanda, predispone tavoli di conciliazione ripartiti per gestore e convoca le parti all’udienza di conciliazione, che si svolge innanzi a un funzionario in posizione di imparzialità. Dell’udienza di conciliazione viene redatto apposito verbale., il quale, in caso di esito positivo, ha valore di titolo esecutivo.

Qualora il ricorrente non si presenta senza giustificato motivo in udienza, il procedimento di conciliazione viene archiviato, e ciò nega al ricorrente la possibilità di avviare il procedimento per la definizione della controversia presso il CO.RE.COM.

Se l’assenza ingiustificata è solo della parte convenuta, il tentativo di conciliazione si conclude con esito negativo. Gli utenti per una sola volta possono richiedere un giustificato differimento della convocazione ad altra data.

Si tratta di un sistema di risoluzione amministrativa del contenzioso con i gestori delle telecomunicazioni, in quanto il modello pensato da AGCom manifesta la sua completa efficacia se visto nell’azione combinata di tutti gli strumenti che, in questo ambito, sono possibili ai CO.RE.COM titolari di deleghe e, precisamente, i) conciliazione, ii) definizione della controversia, iii) provvedimenti temporanei.

Infatti, se la conciliazione non è andata a buon fine, le parti anche disgiuntamente tra loro possono chiedere, tramite apposita istanza da presentare entro tre mesi dall’esperimento del primo tentativo di conciliazione e a meno che una delle parti non abbia già adito l’autorità giudiziaria competente, la definizione della controversia tramite pronuncia del CO.RE.COM.

Il CO.RE.COM, infatti, verificata l’ammissibilità dell’istanza, comunica alle parti l’avvio del procedimento, indicando contestualmente i termini entro cui produrre memorie e documentazione, integrare e replicare alle produzioni avversarie, nonché il termine ordinatorio di conclusione del procedimento (180 giorni). Se necessario ai fini istruttori ovvero se una delle parti lo richiede, viene fissata un’apposita udienza di discussione, nella quale le parti sono convocate per essere sentite ed esporre oralmente le rispettive ragioni. Questo è un passaggio importante, perché se in questa sede le parti trovano un accordo dopo la presentazione dell’istanza, devono darne immediata comunicazione al CO.RE.COM, che archivia il procedimento.

Il provvedimento di definizione della controversia tra un operatore e un utente di massima può avere ad oggetto: il rimborso e/o lo storno di somme non dovute; la corresponsione di un indennizzo secondo quanto previsto dal regolamento in materia di indennizzi applicabili nelle controversie tra utenti e operatori; il ripristino dello status quo ante; la sanatoria della posizione amministrativo- contabile dell’utente; il rimborso delle spese per l’espletamento della procedura.

In caso di distacco della linea, o di malfunzionamento o di abuso che inibisce la fruizione del servizio su qualunque tipo di utenza fissa o mobile, si può chiedere al CO.RE.COM (sia in fase di conciliazione che di definizione della controversia) di adottare provvedimenti temporanei volti a garantire il ripristino del servizio, o a cessare l’abuso in corso. Il CO.RE.COM, verificata l’ammissibilità della domanda (modello GU5), avvia il relativo procedimento trasmettendo tempestivamente al gestore una richiesta di osservazioni; entro 5 giorni dalla richiesta, il gestore è tenuto ad inviare le proprie memorie ed eventuale documentazione ed entro dieci giorni complessivi dalla presentazione della domanda, l’ufficio adotta il provvedimento di urgenza per la cessazione del disservizio o dell’abuso, oppure la rigetta in considerazione delle osservazioni del gestore. Nel caso in cui il gestore non dia seguito efficace al provvedimento adottato, il CO.RE.COM segnala l’inadempienza all’AGCom, per le sanzioni del caso.

Esposta nel dettaglio la procedura, si suggerisca che vengano estese a tutti i CO.RE.COM d’Italia le deleghe I e II.

A parere del CO.RE.COM, dunque, bisognerebbe presentare in sede governativa e parlamentare il modello di conciliazione esposto, affinché possa essere adottata da altre Autorità e in altri settori, ovvero affinché i CO.RE.COM stessi possano estendere la loro area di competenza su altre materie e ambiti.

   9. MISE

 

La relazione si concentra sulla risoluzione delle controversie nei rapporti di consumo, recentemente disciplinata dal d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130, che ha recepito la direttiva 2013/11/UE, e, in particolare, auspicando che essa non venga scalfita, poiché considerata meritoria e, in ogni caso, derivante dall’attuazione di norme vincolanti provenienti dall’Unione europea.

In particolare, il Consiglio fa salvi i seguenti aspetti: i) la previsioni di costi ridotti per l’introduzione dei procedimenti e l’esclusione dell’obbligo di farsi rappresentare da un avvocato; ii) l’istituzione della procedura volontaria di negoziazione paritetica, che consiste in un protocollo d’intesa tra le associazioni dei consumatori e le singole imprese, sottoscritto innanzi a due conciliatori professionisti, designati l’uno dall’impresa e l’altro dall’associazione dei consumatori, tramite cui si stabiliscono le regole a cui le parti devono attenersi per risolvere le singole controversie, il quale viene sottoposto al consumatore che è libero di accettare o di adire la giustizia ordinaria.

   10. CONSOB

dott. Guido Stazi

La relazione si basa sull’organismo da poco introdotto dalla CONSOB tramite il regolamento adottato il 4 maggio 2016 dalla CONSOB e denominato ACF (arbitro per le controversie finanziarie), organo che è stata demandata a formare sulla base della delega contenuta nel d.lgs. n. 130/2015.

L’ACF è caratterizzato dall’adesione obbligatoria degli intermediari e dalla natura decisoria della procedura, similmente a quanto previsto per l’ABF.

L’accesso alla procedura è gratuito, e sarà finanziato per gli investitori da parte di un fondo nel quale convergono la metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per la violazione della disciplina ai servizi di investimento.

Le controversie incluse nell’ambito di competenza dell’ACF sono solo quelle che insorgono tra utenti e intermediari finanziari, anche in ambito transfrontaliero e del mercato online.

Sono escluse dall’ambito di competenza le controversie: i) di valore superiore a euro 500.000,00; ii) che non sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione degli obblighi da parte dell’intermediario; ii) che non hanno natura patrimoniale.

L’ACF è composto da un organo decidente (o collegio) – composto da un Presidente e quattro membri nominati in parte dalla CONSOB in parte dalle associazioni di categoria degli intermediari e dal CNCU, i quali devono essere dotati di particolari requisiti di eleggibilità -, e la segreteria tecnica – l’unità organizzativa della CONSOB che fornisce attività di supporto all’Arbitro.

Il Presidente del collegio ha le funzioni di: i) filtrare i ricorsi irricevibili e inammissibili; ii) dichiarare l’interruzione e l’estinzione del procedimento; iii) coordinare le attività; iv) comunicare alla CONSOB le cause che potrebbero determinare la revoca o decadenza dei membri del collegio; v) esercitare funzioni di indirizzo della segreteria tecnica; vi) curare i rapporti esterni.

La segreteria ha prettamente funzioni di assistenza all’attività del collegio.
Il ricorso presso l’ACF deve essere proposto per via telematica e corredato della documentazione attestante la ricevibilità dell’istanza, senza la necessaria intermediazione di un’associazione o di un difensore, quando non sia pendente un altro tentativo di soluzione stragiudiziale delle controversie e sia stato già presentato reclamo all’intermediario, con esito negativo o siano passati almeno 60 giorni e, in ogni caso, non pi&ùgrave; di un anno dalla data di presentazione del reclamo.

Una volta inviato il ricorso, la segreteria tecnica ha sette giorni per valutare la ricevibilità e l’ammissibilità del ricorso e, ove necessario, chiede gli eventuali chiarimenti o integrazioni necessari, che devono essere inviati entro ulteriori sette giorni.

Qualora la segreteria tecnica ritenga il ricorso irricevibile o inammissibile, trasmette al Presidente tutta la documentazione corredata da una sintetica descrizione. Se il Presidente ritiene irricevibile o inammissibile il ricorso deve pronunciarsi in tal senso entro ventuno giorni, altrimenti rimette gli atti alla segreteria tecnica per gli adempimenti necessari.

La decisione deve essere pronunciata entro novanta giorni dal completamento del fascicolo, ma il termine può essere prorogato per ulteriori novanta giorni per la complessità della causa o perché ne facciano richiesta le parti.

La decisione è assunta dal collegio applicando le norme di diritto, gli atti di carattere generale delle Autorità competenti, le linee guida delle associazioni di categoria validate dalla CONSOB e i codici di condotta cui aderisce l’intermediario.

In caso di accoglimento della domanda, l’intermediario deve comunicare all’Arbitro gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, entro il termine previsto dal Regolamento, e la mancata esecuzione è resa nota tramite la pubblicazione sul sito web dell’ACF e su due quotidiani a diffusione nazionale.

Gli intermediari hanno precisi doveri di informazione nei confronti degli investitori circa il diritto a ricorrere all’Arbitrato e alle modalità di ricorso all’Arbitrato e inseriscono nel proprio sito web il collegamento ipertestuale al sito web dell’Arbitro.

   11. SFERABIT

dott. Bruno Palombella

La relazione di SFERABIT è volta a illustrare il funzionamento del suo modello di ODR e si conclude con una serie di suggerimenti su come divulgare lo sfruttamento delle ODR.

In particolare, si tratta di un sistema gestionale che offre un servizio di mediazione online tramite la piattaforma virtuale denominata CONCILIASFERA, tramite la quale gli organismi di mediazione aderenti possono gestire virtualmente lo svolgimento della procedura di mediazione.

In generale, la mediazione virtuale usualmente pratica, attivabile esclusivamente se entrambe le parti sono d’accordo, si svolge con l’ausilio di note piattaforme online (skye, facebook, ect.).

Il rischio correlato a tali sistemi è collegato, peraltro, ai profili di sicurezza della connessione web e agli inadatti meccanismi di gestione della conferenza online, dovuti a una lacunosità normativa sul punto.

Il sistema proposto da SFERABIT offre al mediatore una "camera" online sicura dal punto di vista del rispetto della riservatezza delle parti e preposta allo svolgimento della mediazione.

Durante lo svolgimento della procedura, al mediatore è data la possibilità di gestire l’andamento dell’incontro virtuale tramite numerosi strumenti (tra i quali, la possibilità di escludere temporaneamente alcuni dei litiganti dalla conferenza online e la funzione di file-sharing).
Alla fine dell’incontro è, inoltre, possibile formare e sottoscrivere digitalmente un verbale di conciliazione.

In relazione alla divulgazione dei servizi online, SFERABIT suggerisce di svolgere convegni e corsi d’aggiornamento e si offre di contattare tutti gli organismi di mediazione per illustrare le possibilità di questo strumento.

Si suggerisce, inoltre, di potenziare la mediazione online tramite la previsione di meccanismi di firma facilitati e di sensibilizzare gli organismi di mediazione a non utilizzare le piattaforme che garantiscono solo gli standard minimi di riservatezza.

Si suggerisce, inoltre, di semplificare le modalità d’invio dei dati e d’invio delle fatture dei versamenti del credito d’imposta.

In conclusione, viene fornito un breve schema che propone un modello per velocizzare la procedura di mediazione, che si svolgerebbe completamente online tramite l’utilizzo di codici che garantiscano la riservatezza, tramite la condivisione di documenti digitali e la sottoscrizione digitale certificato senza l’utilizzo di software in possesso, in genere, esclusivamente degli avvocati, in modo di incentivare la partecipazione alla mediazione anche in assenza di un difensore costituito.

dott.ssa Adele Verde

La relazione della dott.ssa Verde si concentrata sulle vicende costitutive degli organismi di mediazione sulla base dei dati raccolti tra il 2014 e il 2016.

Al riguardo, è stato possibile evidenziare che in Italia v’è un totale di 1050 organismi di mediazione, di cui la metà iscritta per via telematica, a dispetto delle iscrizioni cartacee che non superano il quattro per cento, un venti per cento delle iscrizioni è in fase di perfezionamento e un quarto degli organismi è stato cancellato.

Altri dati significativi riguardano gli organismi cancellati e quelli iscritti nell’arco di tempo che va dal gennaio 2014 al maggio 2016. Si è avuto modo di osservare che in questo arco di tempo il numero di organismi cancellati è stato superiore di quasi sette volte quello dei nuovi organismi iscritti.

Nel medesimo arco di tempo si è avuto, ugualmente, modo di apprezzare che le ispezioni di controllo effettuate – pari a 125 – hanno condotto alla cancellazione o la sospensione di quasi la metà degli organismi di mediazione.

   13. IVASS

Dott.ssa Elena Bellizzi

Sulla base dell’alto livello di conflittualità nel settore assicurativo – solo nel 2015 pi&ùgrave; di 106.000 reclami da parte degli utenti finali alle imprese, con il settore r.c. auto che ne genera quasi la metà e il ramo vita che ne genera un quarto, mentre le cause civili del settore al 31 dicembre 2014 si aggiravano intorno a 289.000 – l’IVASS sottolinea la fondamentale rilevanza strategica di un sistema di ADR.

Si evidenzia, peraltro, la mancanza di un Arbitro unico con funzioni decisorie analogo all’ABF o all’ACF nel settore assicurativo (come già aveva fatto l’ANIA nel suo intervento).

Con riguardo alla mediazione, l’IVASS sottolinea che essa è obbligatoria per i contrasti in materia di "contratti assicurativi", mentre è stata soppressa per quelli relativi al danno da circolazione dei veicoli e natanti, ove, viceversa, è d’obbligo l’esperimento della negoziazione assistita.

In merito alla negoziazione assistita, si sottolinea come la sanzione prevista per la mancata partecipazione alla procedura – che costituisce elemento di valutazione del giudice per la condanna alle spese o per lite temeraria – non impedisce alle imprese assicurative di preferire di non prendervi parte.

Con riferimento alla conciliazione paritetica volontaria per la risoluzione delle controversie in materia di r.c. auto, che incontra il limite dei contenziosi che non superano il valore di euro 15.000 e assorbe il novantacinque per cento dei sinistri in Italia, la procedura può essere attivata dal consumatore che:

i) non ha ricevuto risposta dall’assicurazione; ii) ha ricevuto un diniego; iii) non ha aderito alla proposta. Il consumatore accede alla procedura tramite l’adesione ad un’Associazione dei consumatori aderenti al sistema e non comporta costi, salvo l’eventuale costo di iscrizione all’Associazione.

La decisione sul contrasto viene adottata entro trenta giorni. In caso di esito positivo, viene redatto un verbale che ha un efficacia transattiva, altrimenti viene redatto un verbale di mancato accordo, tempestivamente comunicato.
Nonostante gli aspetti prevalentemente positivi di tale procedura, allo stato sono state iniziate solamente 350 pratiche, un numero relativamente basso se si considera il numeroso ammontare dei reclami nel settore.

Le motivazioni di questo scarso successo possono essere individuate: i) nella scarsa conoscenza e informazione agli utenti; ii) in una limitata proattività delle imprese a dare impulso alla procedura; iii) nella volontà degli utenti a voler mantenere un contatto diretto con le controparti.

Per risolvere tali profili problematici, l’IVASS suggerisce la promozione di una maggiore informazione sul tema e l’ampliamento dei canali territoriali di accesso alla procedura.
Con precipuo riferimento alla rete FINNET – ossia una rete di cooperazione fra organi nazionali di risoluzione delle controversie transfrontaliere nel settore dei servizi finanziari istituita dalla Commissione europea, per cui l’IVASS è l’organo competente per l’Italia -, il contraente può attivare la procedura per agevolare lo scambio di informazioni e la soluzione della controversia nel caso in cui sia residente in uno stato membro diverso da quello in cui è sita la sede legale dell’impresa assicurativa, rivolgendosi direttamente all’IVASS o all’Autorità dello stato membro dell’assicurazione.

L’assenza di un Arbitro nel settore assicurativo si fa sentire maggiormente proprio a causa della mancanza di poteri decisori in capo all’IVASS, senza che l’istituzione della sezione reclami presso l’ISVAP, con la l. 576 del 12 agosto 1982 istitutiva dell’ISVAP, possa colmare questo vuoto. L’IVASS rappresenta la necessità che una norma di rango primario le deleghi il potere di regolamentazione sulle modalità di svolgimento delle procedure e i poteri decisori.

L’Istituto auspica, inoltre, una normativa che faccia chiarezza i) sull’ambito di operatività dell’Arbitro assicurativo e ii) sul sistema di finanziamento dei costi di istituzione e gestione dell’Arbitro.

Sotto il primo profilo, a parere dell’IVASS, l’Arbitro dovrebbe ricomprendere i contrasti relativi alle prestazioni e ai servizi assicurativi, con l’esclusione delle controversie relative alla valutazione e liquidazione dei sinistri r.c. auto, a causa del loro elevato numero e della difficile determinabilità dell’entità del danno risarcibile.

Si tratterebbe, pertanto, di devolvere le sole controversie contrattuali.

In ogni caso, una normazione che renda pi&ùgrave; agevole la risoluzione dei contrasti derivanti da r.c. auto potrebbe, affiancata alla pratica dell’Arbitrato, consentire di attrarre anche questo secondo filone di contenziosi nella competenza dell’Arbitrato.

Sotto il secondo aspetto, occorrerebbe individuare mezzi di finanziamento per i costi d’istituzione e gestione dell’Arbitro mediante un aumento dell’ordinario contributo di vigilanza posto a carico delle compagnie di assicurazione, tramite il versamento – com’è per l’ACF – di parte delle sanzioni amministrative pecuniarie, ovvero tramite la modifica della pianta organica dell’IVASS per consentire l’ingresso di personale specializzato.

L’IVASS conclude la relazione rappresentando che la direttiva 2016/97/UE richiede agli stati membri di mettere a disposizione, entro il 23 febbraio 2018, adeguate ed efficaci procedure di ricorso stragiudiziale per la soluzione rapida e meno costosa delle controversie tra i distributori dei servizi assicurativi e i clienti.

(a cura del dott. Giuseppe Simeone, dottorando di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma La Sapienza)

V - ALLEGATI: RASSEGNA

• Corte Costituzionale 06 dicembre 2012 n. 272
- &EGRAVE; costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, l’art. 5, comma 1, d.lg. 4 marzo 2010 n. 28, che prevede il carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione nelle controversie ivi elencate e, di conseguenza, struttura la relativa procedura come condizione di procedibilità delle relative domande giudiziali. Deve, pertanto, in via consequenziale essere dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni del d.lg. n. 28 del 2010 che presuppongono la conciliazione come obbligatoria.
Analiticamente, sono costituzionalmente illegittimi: a) l’art. 4 comma 3, limitatamente al secondo periodo ("L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale") e al sesto periodo, limitatamente alla frase "se non provvede ai sensi dell’art. 5, comma 1"; b) l’art. 5 comma 2, limitatamente alle parole "Fermo quanto previsto dal comma 1 e"; c) l’art. 5 comma 4, limitatamente alle parole "I commi 1 e"; d) l’art. 5 comma 5, limitatamente alle parole "Fermo quanto previsto dal comma 1 e"; e) l’art. 6 comma 2, limitatamente alla frase "e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell’art. 5,"; f) l’art. 7, limitatamente alla frase "e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 1"; g) lo stesso art. 7 nella parte in cui usa il verbo "computano" anziché "computa"; h) l’art. 8 comma 5; i) l’art. 11 comma 1, limitatamente al periodo "Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’art. 13"; l) l’intero art. 13, escluso il periodo "resta ferma l’applicabilità degli art. 92 e 96 c.p.c."; m) l’art. 17 comma 4 lett. d); n) l’art. 17 comma 5; o) l’art. 24.
- &EGRAVE; inammissibile, per omessa motivazione in ordine alla rilevanza, la q.l.c. degli art. 5 comma 1 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28 e 16 d.m. giustizia, di concerto col ministro dello sviluppo economico, 6 luglio 2011 n. 145, nella parte in cui, da soli ed anche in combinato disposto, introducono, a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate, l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione, prevedono che l’esperimento della mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice, nonché dispongono che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 cost.
• Cassazione civile sez. VI 07 luglio 2016 n. 13886
Il documento contenente l’informativa sulla mediazione, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 28 del 2010, pur dovendo essere sottoscritto dall’assistito e allegato all’atto introduttivo del giudizio, non è equipollente alla procura "ad litem", dalla quale si distingue per oggetto e funzione, restando estraneo al conferimento dello "ius postulandi".
• Cassazione civile sez. III 03 dicembre 2015 n. 24629
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la parte su cui grava l’onere di introdurre il percorso obbligatorio di mediazione, ai sensi del d.lg. n. 28 del 2010, è la parte opponente: infatti, è proprio l’opponente che ha il potere e l’interesse a introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione pi&ùgrave; dispendiosa, osteggiata dal legislatore. &EGRAVE; dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intendere precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà l’opposizione allo stesso decreto ingiuntivo.
• Cassazione civile sez. VI 02 settembre 2015 n. 17480
In tema di controversie tra utenti e gestori dei servizi di telefonia, il previo esperimento di un tentativo di conciliazione dinnanzi al Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM), previsto obbligatoriamente dall’art. 1 della legge n. 249 del 1997, costituisce una condizione di proponibilità della domanda giudiziale ma non interferisce con l’individuazione del giudice territorialmente competente, senza che assuma rilievo la disciplina della mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. n. 28 del 2010, inapplicabile per materia e la cui previsione di corrispondenza tra luogo dell’organismo di conciliazione e luogo del giudice competente va intesa nel senso di collegare la localizzazione dell’organismo amministrativo al foro della controversia e non viceversa, a pena, diversamente, della distorsione delle regole processuali sulla competenza.
• Cassazione civile sez. un. 22 luglio 2013 n. 17781
Anche se la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010, di cui alla sentenza del 6 dicembre 2012 n. 272 della Corte costituzionale ha escluso la obbligatorietà della mediazione in ogni controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili e se la mediazione non costituisce pi&ùgrave; condizione di proponibilità della domanda, resta fermo l’effetto della istanza di mediazione d’interruzione della prescrizione e di impedimento per una sola volta della decadenza dal diritto di agire per equa riparazione, essendo rimasta ferma l’applicazione del comma 6 dell’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010, che non è stato dichiarato in contrasto con la carta costituzionale ed è coerente agli intenti deflattivi del contenzioso giudiziario della disciplina legale della mediazione stessa.
• Cassazione civile sez. II 24 luglio 2012 n. 12938
Va rimessa al primo presidente della Corte di cassazione, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la questione di massima di particolare importanza se il contenzioso civile nascente dalla violazione del termine ragionevole del processo, di cui agli art. 2 e ss. l. 89/2001, rientri o meno nel campo di applicazione della mediazione finalizzata alla conciliazione, ai sensi del d.lg. 28/2010, e se, in caso di risposta affermativa, ai fini del rispetto della condizione di proponibilità del ricorso per equa riparazione prevista dall’art. 4 l. 89/2001, debba ritenersi applicabile anche alla domanda di mediazione la sospensione dei termini processuali in periodo feriale.
• Tribunale Vasto 16 dicembre 2016
In tema di mediazione obbligatoria, la condotta della parte che non si reca al primo incontro di mediazione limitandosi a rappresentare per iscritto all’organismo di mediazione la decisione di non partecipare allo stesso, eventualmente anche illustrandone le ragioni, va interpretata alla stregua di una assenza ingiustificata della parte invitata, che la espone al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie, sia sul piano processuale che su quello pecuniario, previste dall’art. 8, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 28/10. Infatti, nello spirito della norma che disciplina lo svolgimento del procedimento di mediazione (art. 8), la partecipazione delle parti, sia al primo incontro che agli incontri successivi, rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che le stesse non possono omettere, se non in presenza di un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri della assolutezza e della non temporaneità.
• Tribunale Pavia 26 settembre 2016
In tema di procedimento civile e mediazione civile, la mediazione deve essere effettiva, ovvero le parti sostanziali devono essere presenti personalmente e assistite dai rispettivi difensori sia al primo incontro che agli incontri successivi. Conseguentemente, il difensore in sede di mediazione obbligatoria non può rappresentare la parte e sostituirsi ad essa ma deve limitarsi ad assisterla, mentre la parte assente deve giustificare la sua assenza al mediatore, al fine di consentirgli - se ritenuto opportuno - di rinviare l’incontro.
Il primo incontro di una mediazione obbligatoria può avere esclusivamente natura informativa in quanto può essere destinato a consentire al mediatore di informare le parti sulla natura, le finalità e la modalità di svolgimento della procedura avanti a lui. In tal caso non potrà dirsi svolta la mediazione attiva di cui all’art. 5, comma 2, d.lg. n. 28/2010 e, conseguentemente, non potrà nemmeno essere realizzata la condizione di procedibilità.
• Tribunale Roma sez. XIII 14 luglio 2016
Ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art. 5 d.lg. 28/2010 come modificato dal d.l. 69/2013 è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre pi&ùgrave; diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
• Tribunale Roma sez. XIII 04 aprile 2016
Va evidenziato che ai sensi e per l’effetto del comma 2 dell’art. 5 d.lg. n. 28/2010 come modificato dal d.l. n. 69/2013 è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa. Nonché ai sensi dell’art. 96 c. 3 c.p.c.
• Tribunale Siracusa sez. II 30 marzo 2016
In tema di mediazione obbligatoria, l’art. 8 del D.lgs. n. 28/2010, laddove dispone che "...il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione..." deve essere interpretato nel senso di esprimersi sulla eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della mediazione e non sulla volontà delle parti. In tale ultimo caso, infatti, si determinerebbe, nella sostanza, una mediazione non obbligatoria bensì facoltativa e rimessa al mero arbitrio delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo ed assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva.
• Tribunale di Verona 24 marzo 2016
Come attenta dottrina ha evidenziato valorizzandone il dato testuale, l’art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 28/2010, deve essere interpretato nel senso che il primo incontro tra le parti e il mediatore ha la funzione di verificare la volontà e disponibilità delle parti, informate sulla natura e funzione della mediazione cui il mediatore intende procedere, ad "autorizzare" l’avvio della procedura, consentendo loro altresì di fornire le eventuali giustificazioni per non procedervi. Tale ricostruzione ermeneutica è pienamente avallata dall’art. 5, comma 2 bis, del medesimo D.lgs. n. 28/2010, che, nell’affermare espressamente che "...la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo", implicitamente ammette che il primo incontro informativo non è un momento estraneo alla ricerca dell’accordo e che la mediazione possa legittimamente chiudersi al primo incontro, sicché nell’espressione "senza l’accordo" deve necessariamente rientrare anche l’ipotesi che le parti o una di esse non intendano tout court proseguire con la mediazione, ritenendo preferibile che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria. In tale prospettiva, l’effettività della mediazione si realizza sic et simpliciter nel mettere le parti nella condizione di prendervi parte, all’interno della cornice procedimentale che la legge predispone come obbligatoria, senza che tuttavia il perseguimento dello scopo dell’effettività della mediazione possa essere "forzato" sino al punto di ritenere non assolta la condizione di procedibilità anche quando la parte, all’esito del primo incontro con il mediatore, rifiuti di proseguire con la mediazione manifestando la chiara e ferma volontà che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria, cioè dall’organo cui l’ordinamento costituzionale conferisce l’attribuzione dei poteri giurisdizionali.
• Tribunale Firenze Sez. spec. Impresa 16 febbraio 2016
Nella mediazione obbligatoria ex lege ed in quella delegata issu judicis, in cui il tentativo obbligatorio è previsto a pena di improcedibilità dell’azione ai sensi dell’art. 5-comma 1-bis e 2 del D.lgs. n. 28/2010, l’invito formulato dal mediatore alle parti in sede di primo incontro "...a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione..." deve intendersi quale invito a pronunciarsi sulla sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della medesima e non già sulla "volontà" delle parti di dar corso al procedimento, pena la trasformazione della mediazione obbligatoria in mediazione facoltativa rimessa al mero arbitrio delle parti medesime, con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del complesso dettato normativo ed assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflativa.
• Tribunale Pavia sez. III civile 6 gennaio 2016
In tema di mediazione obbligatoria, il tentativo di conciliazione non può ritenersi ritualmente esperito con un semplice incontro tra i legali delle parti, ancorché i legali medesimi si presentino all’incontro muniti di procura speciale per la partecipazione alla mediazione. Infatti, nella procedura de qua la funzione del legale, come definita in via interpretativa dall’art. 5, comma 1-bis e comma 2, D.Lgs. 28/2010, è di mera assistenza alla parte comparsa e non già, per la formulazione normativa utilizzata e per il migliore e pi&ùgrave; efficace funzionamento dell’istituto, di rappresentanza della parte assente.
• Tribunale Roma sez. XIII 14 dicembre 2015
In tema di mediazione, ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art. 5 d.lg. n. 28/2010, come modificato dal d.l. n. 69/2013, è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente. Il mediatore potrà se del caso, ed in conformità a quanto previsto dal Regolamento dell’Organismo, formulare una proposta ai sensi dell’art.11 d.lg. n. 28/2010 e la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre pi&ùgrave; diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
Stessi termini: Tribunale Roma sez. XIII 07 dicembre 2015
• Tribunale Firenze Sez. spec. Impresa 15 ottobre 2015 n. 3497
In tema di mediazione obbligatoria ex lege, l’effettivo esperimento del procedimento di mediazione non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti, con conseguente libertà di queste, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro dinanzi al mediatore, di manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo (nel caso di specie il Tribunale dichiara l’improcedibilità della domanda).
•Tribunale Ferrara sez. feriale 22 settembre 2015
Tanto nella mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, comma 1 bis, del D.lgs. n. 28 del 2010 quanto nella mediazione demandata dal giudice, ex art. 5, comma 2, è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dall’art. 8) all’incontro con il mediatore. In particolare, sarà onere di quest’ultimo, quale soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti (ad esempio, disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato, diverso dal difensore, per il caso di assoluto impedimento a comparire).
•Tribunale Pavia sez. III 14 settembre 2015
Nelle mediazioni c.d. "obbligatorie", tanto quelle ex lege, ovvero per materia, ex art. 5, comma 1-bis, del D.lgs. n. 28 del 2010, quanto quelle iussu iudicis, relative alle mediazioni demandate, ex art. 5, comma 2, del citato D.lgs., il legale ha una mera funzione di assistenza della parte comparsa e non già di sua sostituzione e rappresentanza.
• Tribunale Firenze sez. III 21 aprile 2015
In tema di procedimento di mediazione, al primo incontro di fronte al mediatore deve non solo procedersi ad opera di quest’ultimo ad un’attività informativa circa la funzione e la modalità della mediazione, ma anche effettuarsi una vera e propria attività di mediazione di merito sulle questioni oggetto di lite, salva la facoltà delle parti di non procedere oltre nella mediazione, ove non sia raggiunto un accordo al primo incontro. Invero, diversamente argomentando, ed assumendo quindi che il primo incontro possa avere mera funzione informativa, il processo civile verrebbe a subire un intralcio per l’espletamento di un incombente meramente burocratico e rituale, senza cioè lo svolgimento di alcuna mediazione, unica attività che può dare alle parti una concreta chance di definizione transattiva della controversia. Da quanto espresso, discende che la parte che ha interesse ad assolvere alla condizione di procedibilità ha l’onere di partecipare al primo incontro davanti al mediatore (Nel caso di specie, il giudice, in applicazione degli enunciati principi, ha sanzionato con l’improcedibilità parte opponente al procedimento monitorio che, pur a fronte dell’attivazione della mediazione ad opera di controparte, non aveva coltivato il procedimento non comparendo al primo incontro innanzi al mediatore).
• Tribunale Taranto sez. II 16 aprile 2015
In materia di procedimento civile, quando la mediazione è disposta dal giudice – e quando cioè la stessa si atteggia a condizione di procedibilità – e non vi sia possibilità di rinnovarla in caso di inerzia, dovendosi dichiarare l’improcedibilità della domanda, il suo esperimento deve essere effettivo non dovendosi rivelare lo stesso solo una ulteriore forma di rallentamento del processo. Tuttavia detta effettività non può spingersi fino al punto di ritenere che si applichi la sanzione della improcedibilità anche quando l’attore si rifiuti di partecipare immotivatamente alla mediazione sin dalla fase preliminare.
• Tribunale Roma 22 agosto 2012
La semplice presentazione della domanda di mediazione obbligatoria, alla quale non segua l’effettiva presentazione della parte istante davanti al mediatore, non soddisfa il requisito minimo di legge perché possa affermarsi esperito, nel giudizio susseguente, il procedimento di mediazione e verificatasi la condizione di procedibilità dell’azione. A ciò consegue, nel caso di svolgimento del tentativo di conciliazione prima dell’instaurazione del giudizio, e poi nel corso dello stesso, una volta rilevata l’indicata irritualità, l’assegnazione alle parti del termine per la (ri)proposizione della mediazione.
• Tribunale Firenze 13 ottobre 2016
Nel caso di mediazione disposta nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 5, comma 2 d.lg. n. 28/2010, come novellato dal d.l. n. 69/13, conv. nella l. 98/13, e così come nella affine materia del giudizio di primo grado nella opposizione a decreto ingiuntivo, la locuzione "improcedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello", non può che intendersi nel senso di improcedibilità dell’appello, ovvero dell’opposizione a D.I., con le indicate conseguenze di legge.
• Tribunale Pavia 26 settembre 2016
Nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo, a differenza di quanto statuito dalla S.C. con sentenza 3 dicembre 2015 n. 24629, secondo cui è a carico dell’opponente l’onere dell’avvio della mediazione, pena il consolidamento e il passaggio in giudicato del decreto opposto, si ritiene necessario uno spazio di discrezionalità affinché il giudice possa valutare, caso per caso, quale parte debba essere onerata dell’avvio della mediazione.
• Tribunale Vasto 30 maggio 2016
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione delegata ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.lg. n. 28/10 grava sulla parte opponente. La mancata attivazione della mediazione comporta la declaratoria di improcedibilità della opposizione e la definitività del decreto ingiuntivo opposto, che acquista l’incontrovertibilità tipica del giudicato.
• Tribunale Rimini 24 maggio 2016
L’art. 5, comma 1-bis, del D.lgs. n. 28/2010 ha introdotto, quale condizione di procedibilità per le controversie aventi ad oggetto i contratti locativi, l’esperimento di un procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto, prevedendo altresì che, qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal giudice entro la prima udienza, quest’ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l’avvio del procedimento in parola. Tale termine ha natura perentoria in quanto la sanzione prevista dalla legge per la sua inosservanza consiste nella improcedibilità della domanda; stante, quindi, la gravità della sanzione non può ritenersi altrimenti ordinatorio il termine assegnato.
• Tribunale Cosenza 5 maggio 2016
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione grava sulla parte opponente poiché l’art. 5 del D.lgs. n. 28/2010 deve essere interpretato in conformità alla sua ratio, e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l’opponente ha interesse ad introdurre. Tale opzione ermeneutica riposa sulla considerazione che la citata norma è stata costruita in funzione deflattiva e pertanto va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e dunque dell’efficienza processuale. In questa prospettiva, la disposizione in esame, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira, per così dire, a rendere il processo l’estrema ratio cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse. Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo ed ha il potere di iniziare il processo.
• Tribunale Verbania 22 marzo 2016
In caso di mancata attivazione della mediazione in procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, l’improcedibilità prevista dal d.lgs. n. 28/2010 non va a colpire la pretesa creditoria azionata in via monitoria, bensì l’opposizione stessa, con il corollario del passaggio in giudicato del relativo decreto ingiuntivo.
• Tribunale Napoli sez. IX 21 marzo 2016 n. 3738
Nel procedimento monitorio, se le parti non hanno esperito la mediazione disposta dal magistrato, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo e tale improcedibilità travolge non la domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo ma l’opposizione ad essa.
• Tribunale Trento 23 febbraio 2016 n. 177
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente, poiché l’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua "ratio" e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l’opponente ha interesse ad introdurre.
• Tribunale Firenze sez. II 15 febbraio 2016
In tema di mediazione obbligatoria, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la mediazione dopo i provvedimenti ex artt. 642 e 649 cod. proc. civ. grava sulla parte opposta. Quest’ultima infatti è quella che ha deciso di portare in giudizio il proprio conflitto per la tutela di un suo diritto; ed è questa parte per prima che deve riflettere sulla possibilità di una pi&ùgrave; adeguata soddisfazione dei suoi interessi nel caso concreto attraverso strumenti pi&ùgrave; informali e duttili, o attraverso la ricomposizione di un rapporto di natura personale o commerciale. In altri termini, una volta esaurita la fase urgente – attraverso i provvedimenti interinali ex artt. 648 e 649 cod. proc. civ.
– non vi è motivo per discostarsi dalla ricostruzione generale: chi intende agire in giudizio è onerato dell’avvio della mediazione, dunque è l’opposto che è attore, portatore del diritto o dell’interesse che ritiene compresso.
• Tribunale Busto Arsizio sez. III 03 febbraio 2016 n. 199
Nell’ambito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di attivare la procedura di mediazione incombe sul creditore opposto atteso che egli riveste la natura di parte attrice; il mancato perfezionamento di tale condizione di procedibilità comporta l’improcedibilità non già dell’opposizione bensì della domanda monitoria.
• Corte appello Firenze 29 gennaio 2016 n. 103
In materia di convalida di sfratto, il tentativo di mediazione, (art. 5, comma 4, d.lgs. n. 28 del 2010), è condizione di procedibilità dopo la pronuncia dei provvedimenti adottati nella fase sommaria, dovendosi ritenere esperibile solo dopo il mutamento del rito disposto all’udienza ex art. 667 c.p.c. e, quindi, anche dopo la pronuncia dei provvedimenti previsti dagli artt. 665 e 666 c.p.c. e per il giudizio a cognizione piena derivato dalla opposizione e dal successivo mutamento del rito. L’avvio del procedimento di mediazione, grava sulla parte, all’esito del mutamento del rito e, di conseguenza, la verifica di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28 è fatta solo all’udienza fissata ex art. 667 c.p.c..
• Tribunale Monza sez. I 21 gennaio 2016 n. 156
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, il mancato esperimento della mediazione non importa revoca del decreto stesso, ma incide esclusivamente sul procedimento di opposizione da dichiararsi improcedibile (con conseguente definitività del decreto ingiuntivo opposto).
• Tribunale Reggio Emilia sez. II 21 gennaio 2016
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, gravata dell’onere di esperire il tentativo di mediazione è parte opponente (Nel caso di specie, il giudice adito, rilevato che parte opponente non aveva iniziato la mediazione nel termine indicato nell’ordinanza di rinvio, ha dichiarato improcedibile l’opposizione, e, per l’effetto, definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo opposto, con consequenziale condanna della stessa parte opponente a rifondere alla controparte le spese di lite).
• Tribunale Firenze sez. III 17 gennaio 2016
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo di mediazione ex art. 5, comma 4, lett. a), d.lg. n. 28 del 2010 grava, in stretta coerenza col principio della domanda, sul creditore opposto, ossia sull’“attore sostanziale” del giudizio proposto ai sensi dell’art. 645 c.p.c.
Rispetto ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione grava sull’opposto (attore in senso sostanziale), pena, in caso di inerzia, la declaratoria di improcedibilità della domanda che, per la particolarità del procedimento di ingiunzione, comporta la revoca del titolo monitorio.
• Tribunale Bologna sez. II 17 novembre 2015 n. 21324
L’espressione "condizione di procedibilità della domanda" di cui al decreto legislativo 28/2010 va correttamente intesa con riferimento: alla domanda di accertamento negativo del diritto al rilascio proposta dall’intimato-opponente; alle ulteriori domande (diverse da quella originaria di condanna al rilascio stante l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore) proposte dal locatore e/o dall’intimato (essenzialmente pagamento somme). Tali domande restano travolte dalla pronuncia di improcedibilità del giudizio di opposizione proposta dall’intimato; e ciò in quanto non risultano sorrette da una pronuncia in sede di procedimento di convalida, che sia idonea a sopravvivere nella fase a cognizione piena. Invece l’ordinanza di rilascio, non impugnabile e idonea alla stabilizzazione, non risulta intaccata dalla pronuncia di improcedibilità (anche perché essa è definita non impugnabile dall’articolo 665 c.p.c., e quindi non è neppure modificabile-revocabile). Identica sorte avrebbe l’ordinanza di rilascio, in caso di declaratoria di estinzione del giudizio a cognizione piena.
• Tribunale Modena sez. I 29 settembre 2015
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di procedere alla mediazione va posto a carico dell’opponente, trattandosi dell’unico soggetto interessato a coltivare il giudizio di opposizione.
• Tribunale Chieti 08 settembre 2015 n. 492
In materia di rapporti bancari non è improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo per omesso esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio da parte dei garanti (nelle specie: la domanda di mediazione era stata presentata dalle altre parti) nonché per mancata comparizione personale di tutte le parti opponenti dinanzi al mediatore (nella specie: era presente il loro procuratore).
• Tribunale Nola, 24 febbraio 2015
In tema di procedimento di mediazione, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, deve individuarsi nell’opponente il soggetto su cui grava l’onere di coltivare il giudizio e, quindi, anche gli effetti pregiudizievoli di un’eventuale improcedibilità. Ne discende che, una volta dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione, il corollario giuridico di detta pronuncia non potrà che essere la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Tale opzione ermeneutica, infatti, è quella che meglio si armonizza col contesto normativo in cui si inserisce il giudizio di opposizione e, in particolare, con il sistema di sanzioni previste dall’ordinamento a fronte dell’inattività del debitore ingiunto. Inoltre, ritenere che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo in capo all’ingiungente comporterebbe che, in contrasto con le regole processuali proprie del rito, si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò contraddicendo la ratio del giudizio di opposizione che ha la propria peculiarità nel rimettere l’instaurazione del giudizio – e, quindi, la sottoposizione al vaglio del giudice della fondatezza del credito ingiunti – alla libera scelta del debitore.
• Tribunale Bologna sez. 20 gennaio 2015
In tema di procedimento di mediazione, in caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava sul debitore opponente l’onere dell’avvio della mediazione. Infatti, è quest’ultimo, e non già l’opposto, ad avere interesse a che proceda il giudizio di opposizione diretto alla rimozione di un atto giurisdizionale (il decreto ingiuntivo, appunto) suscettibile altrimenti di divenire definitivamente esecutivo.
• Tribunale Ferrara 07 gennaio 2015
Il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo comporta sia la revoca del decreto opposto per improcedibilità della domanda monitoria, sia l’improcedibilità dell’opposizione.
L’onere di esperire il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo spetta al creditore opposto, attore in senso sostanziale.
• Tribunale Firenze sez. III 30 ottobre 2014
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la mancata attivazione della parte opponente della mediazione delegata dal giudice ai sensi dell’art. 5 d.lg. 28/2010, comporta l’improcedibilità della opposizione con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto, ciò dovrà applicarsi non solo nei giudizi ex art. 645 c.p.c., ma ogni qualvolta il processo abbia già prodotto un provvedimento idoneo al giudicato ex art. 2909 c.c. (es. ordinanze ex art. 186 bis e ter c.p.c. ecc.).
• Tribunale Modena 06 marzo 2012
Coerentemente con la ratio deflativa che lo ha ispirato, il d.lg. n. 28/2010 esclude il previo esperimento della mediazione finalizzata alla conciliazione per quei procedimenti a struttura processuale (eventualmente) bifasica, che potrebbero concludersi senza insorgenza di contrasti tra le parti e in modo consensuale, come il procedimento per convalida di sfratto il quale può terminare con pronunzia di ordinanza di convalida laddove il convenuto non compaia in udienza o comparendo non si opponga (art. 663 c.p.c.).
• Tribunale Prato 18 luglio 2011
Nei procedimenti per ingiunzione, ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.lg. 28/2010, la mediazione non è obbligatoria né nella fase di deposito del ricorso monitorio né in quella eventuale di opposizione: l’obbligo sorge nel momento in cui il giudice si è pronunciato in merito alla concessione e sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto.
• Tribunale Bari sez. I 04 ottobre 2016 n. 4974
In tema di mediazione nel procedimento di divisione giudiziale di immobili (ai sensi dell’art. 5 del d.lg. 28/2010), la implicita natura perentoria di un termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico. Apparirebbe assai strano che il legislatore, da un lato, abbia previsto la sanzione dell’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, prevedendo altresì che la stessa debba essere attivata entro il termine di 15 gg, e dall’altro, abbia voluto negare ogni rilevanza al mancato rispetto del suddetto termine.
• Tribunale Milano sez. I 27 settembre 2016
Qualora il tentativo di mediazione obbligatoria risulti esperito, ancorché in epoca successiva al termine assegnato dal giudice, la domanda è procedibile.
• Corte appello Milano sez. I 28 giugno 2016
Il mancato rispetto di un termine di natura ordinatoria, fissato dal Giudice in stretta applicazione dei termini di legge previsti ai sensi dell’art. 5 d.lg. n. 28/2010, non comporta l’improcedibilità del giudizio, stante la natura non perentoria del termine medesimo, la cui mancata osservanza non determina effetti decadenziali, atteso che il tentativo di mediazione è stato regolarmente espletato.
• Tribunale Verona sez. III 12 maggio 2016
Il cumulo tra negoziazione assistita obbligatoria e altre condizioni di procedibilità (art. 3, comma 5, d.l. n. 132/2014) va limitato ai casi in cui la medesima domanda o una pluralità di domande distinte siano soggette a condizioni di procedibilità diverse (Nella specie, assegnato il termine per presentare la mediazione, il Tribunale ha precisato che la suddetta norma esclude dalla negoziazione assistita le controversie che rientrano nel novero di quelle contemplate dall’art. 5, comma 1 bis, d.lg. n. 28/2010, come la prospettata diffamazione).
• Tribunale Modena sez. II 02 maggio 2016
Al fine di considerare attuata la condizione di procedibilità della domanda è indispensabile che al primo incontro innanzi al mediatore siano presenti le parti personalmente assistite dal difensore, non essendo sufficiente che compaia unicamente il difensore in veste di delegato della parte.
• Tribunale Torino sez. VI 30 marzo 2016 n. 1770
In tema di procedimento civile, va dichiarata improcedibile la domanda quando la stessa abbia ad oggetto rapporti bancari e la parte attrice abbia esperito il tentativo obbligatorio di mediazione senza l’assistenza di un avvocato.
• Tribunale Como sez. I 23 marzo 2016
In tema di mediazione obbligatoria, ai fini dell’avverarsi della condizione di procedibilità di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 28/2010, risulta imprescindibile la effettiva partecipazione personale al procedimento di mediazione o, al pi&ùgrave;, tramite soggetto munito di idonea procura sostanziale. Tale opzione ermeneutica si afferma sia per ragioni imposte dalla necessità di lettura dell’istituto conforme alle finalità di cui alla normativa comunitaria di riferimento (arg. ex art. 5 direttiva 2008/52/CE), sia in considerazione della ratio dell’istituto, fondato sul tentativo di riattivare la comunicazione tra i litiganti ed evitare un non necessario ricorso all’attività giurisdizionale, comunicazione che deve essere pertanto il pi&ùgrave; possibile effettiva e non invece risolversi in una mera formalità del tutto inidonea a spiegare quella funzione deflativa auspicata dal legislatore in conformità con i principi costituzionali ed europei.
• Corte appello Milano sez. III 21 marzo 2016
In tema di procedimento di mediazione, l’art. 5, comma 1-bis, del D.lgs. n. 28/2010, nel sancire che "...L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza..." impone un termine entro il quale deve essere sollevata l’eccezione, senza che il mancato rispetto della norma costituisca causa di nullità della pronuncia (Nel caso di specie, il giudice d’appello ha ritenuto infondato il motivo di ricorso con cui l’appellante, soccombente in primo grado, aveva eccepito la nullità della sentenza impugnata per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità della domanda introdotta dall’appellato).
• Tribunale Palermo sez. III 27 febbraio 2016
L’art. 5 comma 1 bis d.lg. n. 28 del 2010 impone il preventivo esperimento del procedimento di mediazione a chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a d una controversia nelle materie specificamente indicate e sancisce che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La norma però non regola espressamente le ipotesi in cui il giudizio, dopo la proposizione della domanda giudiziale si arricchisce di nuove domande o di nuove parti: in tal caso si ritiene che non sia necessario interrompere per rinnovare l’esperimento del procedimento di mediazione. Pertanto va rigettata l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa del convenuto.
• Tribunale Milano sez. I 26 febbraio 2016
In tema di mediazione obbligatoria, l’art.4 del D.lgs. n.28/2010 prevede che la domanda di mediazione sia presentata "mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice competente per la controversia." La previsione è stata introdotta dall’art. 84, comma 1, lett. a) del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. "decreto del fare"), convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013 n. 98, ed in vigore a decorrere dal 21.9.2013. In particolare, la norma richiamata pone una corrispondenza tra luogo dell’organismo di mediazione e luogo del giudice competente nel senso di collegare la localizzazione dell’organismo amministrativo al foro della controversia e non viceversa. Il meccanismo legislativo postula che sia prima individuato il foro giudiziale, secondo le regole processuali sulla competenza, e quindi sia individuato l’organismo cui accedere in fase conciliativa. La previsione di obbligatorietà del procedimento preventivo di mediazione risponde ad una finalità deflattiva: è con essa coerente la indicazione che l’organismo di mediazione debba aver sede "nel luogo del giudice competente per la controversia", riportandosi quindi ai principi che determinano la competenza e che, sotto il profilo territoriale, individuano in via principale il luogo di residenza/domicilio/sede del convenuto, sì da consentirne la sua effettiva partecipazione senza oneri eccessivi. L’instaurazione del procedimento in luogo diverso (arbitrariamente scelto da chi intenda promuovere l’azione) anziché favorire l’incontro preventivo delle parti al fine di addivenire ad un accordo, può porsi come ostacolo, così vanificando sin dall’origine lo scopo della mediazione, sostanzialmente privando di utilità e riducendo ad una mera formalità il procedimento così introdotto. Ne consegue che il preventivo esperimento della mediazione presso la sede di un organismo in luogo diverso da quello del giudice competente per la controversia, non produce effetti e non è idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda (Nel caso di specie, relativo ad una azione di risarcimento danni derivanti da responsabilità medico-sanitaria, il giudice, in applicazione degli enunciati principi, ha dichiarato l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione).
• Tribunale Verona sez. III 23 dicembre 2015
In tema di mediazione obbligatoria ex lege, pur in mancanza di una chiara previsione normativa, l’infruttuoso esperimento di una negoziazione assistita facoltativa non esime le parti a dar corso all’obbligatorio esperimento del tentativo di mediazione. Infatti, tale sequenza, a differenza di quella inversa – negoziazione esperita dopo il fallimento della mediazione – non può dirsi inutilmente dilatoria in quanto consente il passaggio ad una procedura stragiudiziale che presenta un valore aggiunto rispetto alla prima, costituito dall’intervento di un terzo imparziale, che può favorire l’esito conciliativo.
• Tribunale Firenze 04 giugno 2015
Il termine concesso dal giudice ex art. 5, comma 2, d.lg. 28/2010 per il deposito della domanda di mediazione ha natura perentoria e ciò lo si desume dalla stessa gravità della sanzione prevista quale l’improcedibilità della domanda giudiziale che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico.
• Tribunale Vasto 09 marzo 2015
In tema di procedimento di mediazione, tanto nella forma della mediazione obbligatoria, quanto in quella della mediazione delegata dal giudice, è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente, assistite dai propri difensori, all’incontro con il mediatore. Graverà su quest’ultimo, in qualità di soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, l’onere di adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti, ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore), per il caso di assoluto impedimento a comparire. Ne consegue che la parte che avrà interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri. Solo una volta acclarato che la procedura non si è potuta svolgere per indisponibilità della parte che ha ricevuto l’invito a presentarsi in mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi avverata, essendo in questo caso impensabile che il convenuto possa, con la propria colpevole o volontaria inerzia, addirittura beneficiare delle conseguenze favorevoli di una declaratoria di improcedibilità della domanda, che paralizzerebbe la disamina nel merito delle pretese avanzate contro di sé. Negli altri casi e, segnatamente, quando è la stessa parte che ha agito (o che intende agire) in giudizio a non presentarsi personalmente in una procedura di mediazione da lei stessa attivata (anche su ordine del giudice), la domanda si espone al rischio di essere dichiarata improcedibile, per incompiuta osservanza delle disposizioni normative che impongono il previo corretto esperimento del procedimento di mediazione.
• Tribunale Vasto 09 marzo 2015
In tema di procedimento di mediazione, qualora, nonostante la mancata partecipazione personale delle parti, il mediatore abbia dichiarato chiuso il procedimento, senza aver dato atto a verbale delle ragioni della loro assenza e delle eventuali iniziative adottate al fine di procurare la comparizione personale delle stesse, la procedura di mediazione non può ritenersi svolta ed espletata correttamente. Instaurato il successivo giudizio, il giudice, rilevato d’ufficio il mancato avveramento della condizione di procedibilità, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010, non potrà che dichiarare l’improcedibilità della domanda attorea. Infatti, non risulta praticabile, per converso, l’alternativa soluzione di assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione, essendo questa già stata definita. Infatti, la norma dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010, che impone al giudice l’obbligo di assegnare alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione e di fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6, si applica soltanto al caso in cui la mediazione è già iniziata ma non si è ancora conclusa ed al caso in cui essa non è stata affatto esperita, ma non anche alla diversa ipotesi, come quella in esame, in cui la mediazione è stata tempestivamente introdotta e definita, ma in violazione delle prescrizioni che regolano il suo corretto espletamento.
• Tribunale Palermo 13 luglio 2011
La rilevabilità dell’improcedibilità è obbligatoria e non discrezionale.
• Tribunale Firenze sez. III 14 settembre 2016
In tema di procedimento civile e mediazione, ai sensi d.lg. 28/2010 l’invio delle parti in mediazione costituisce potere discrezionale dell’ufficio che può essere esercitato valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti sempreché non sia stata tenuta l’udienza di precisazione delle conclusioni. Ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Pertanto, il mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente il processo, impedendo l’emanazione di sentenza di merito.
• Corte appello Milano sez. I 13 settembre 2016
L’esercizio del potere giudiziale di avviare le parti verso una soluzione amichevole della controversia è demandato alla discrezionalità del giudice in ordine alla valutazione sulla "mediabilità" della controversia, anche in fase di appello, a prescindere dalla obbligatorietà o meno della mediazione ante causam o dalla vigenza o meno della norma prima dell’introduzione della controversia, ed è collegato ad una preliminare considerazione della qualità delle parti e della particolarità della lite sottoposta al vaglio del giudice.
• Tribunale Roma Sez. XIII 23 giugno 2016
In tema di mediazione demandata, la parte chiamata che ometta di partecipare senza alcuna ragione alla mediazione disposta dal giudice, si espone, in caso di soccombenza nel successivo giudizio, alla condanna a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
•Tribunale Vasto, 15 giugno 2016
In tema di mediazione delegata, qualora il giudice, nel disporre l’esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, statuisca che, in caso di effettivo svolgimento della mediazione concluso senza il raggiungimento di un accordo amichevole, il mediatore debba provvedere alla formulazione di una proposta di conciliazione, anche in assenza di una concorde richiesta delle parti, quest’ultimo è tenuto in ogni caso ad ottemperare a tale puntuale prescrizione contenuta nell’ordinanza. Ne consegue che, qualora il mediatore, contravvenendo a tale invito, si limiti a dichiarare chiusa la mediazione con esito negativo, il procedimento non potrà dirsi ritualmente svolto, con conseguente riapertura dello stesso innanzi al medesimo mediatore che lo ha precedentemente condotto senza oneri economici aggiuntivi per le parti, atteso che l’irrituale definizione della procedura è da imputarsi esclusivamente ad una omissione del mediatore.
• Tribunale Milano sez. I 27 aprile 2016
Nel procedimento di mediazione – nel caso di specie, mediazione demandata dal giudice – oltre ai difensori, è richiesta la personale partecipazione delle parti o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare. Al contrario, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli difensori delle parti, ancorché muniti di procura speciale per la partecipazione alla mediazione, dal momento che nella detta procedura la funzione del legale è di mera assistenza alla parte comparsa.
• Tribunale Lecco Sez. 13 aprile 2016
In tema di mediazione obbligatoria – nel caso di specie, mediazione demandata dal giudice ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28/2010 – ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 cod. proc. civ., la parte che intende non aderire alla mediazione deve esporre le ragioni di tale condotta al mediatore e comunque al giudice nella successiva prosecuzione del giudizio.
• Corte appello Milano sez. I 22 marzo 2016
Ai sensi e per i fini dell’art. 5 comma 2 d.lg. n. 28/2010, il Giudice può disporre l’invio delle parti in mediazione anche in sede di appello, anche in materie diverse da quelle cd. obbligatorie.
• Tribunale Monza sez. I 21 gennaio 2016 n. 156
Considerandosi ordinatoria la natura del termine di quindici giorni assegnato dal Giudice per il deposito della domanda di mediazione, la parte a carico della quale è stato posto l’onere di instaurare il procedimento può ottenere dal giudice una proroga sempreché depositi tempestivamente l’istanza prima della scadenza del termine stesso.
• Tribunale Milano sez. IX 14 ottobre 2015
La c.d. mediazione ex officio può essere disposta dal giudice, ai sensi della l. n. 98/2013, anche a prescindere dalla natura della controversia e per questo può applicarsi anche alle controversie familiari in cui il diritto non sia indisponibile (nel caso di specie la domanda ha ad oggetto il recupero di un credito insoddisfatto). Inoltre, l’esperimento di tale procedura è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
• Tribunale Roma sez. XIII 09 ottobre 2015
&EGRAVE; facoltà del giudice disporre la mediazione demandata anche allorché sia stata già avviato e concluso negativamente un esperimento di mediazione obbligatoria, trattandosi di modelli diversi e non alternativi, che si sviluppano con presupposti, forza ed efficacia non sovrapponibili.
• Tribunale Roma sez. XIII 16 luglio 2015
Il giudice, nel corso di un giudizio di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c., ai fini della composizione della lite, può invitare le parti ad intraprendere una procedura di mediazione nella cui sede le parti avrebbero sollecitato il mediatore alla nomina di un consulente tecnico esperto in medicina legale.
• Tribunale Milano sez. IX 15 luglio 2015
La nuova formulazione normativa dell’art. 5 c. 2 d.lg. n. 28 del 2010 non è affatto incompatibile con un generale potere del giudice (art. 175 c.p.c.) di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: invito che, se seguìto dalla adesione delle parti, ha il vantaggio (per le parti stesse) di non comportare conseguenze in punto di procedibilità della domanda. Infatti, la mediazione demandata dal giudice, altro non è se non una forma di mediazione volontaria, veicolata dal suggerimento del magistrato: l&rsquo espunzione dell’istituto, pertanto, non esclude e nemmeno limita la facoltà del giudicante di sollecitare una riflessione nei litiganti, mediante invito a rivolgersi spontaneamente ad un organismo di mediazione. Si ricade nell’ambito dei normali poteri di governance giudiziale (175 c.p.c.). Né pi&ùgrave; e né meno di quanto già avviene per il celebre "invito a coltivare trattative". Pertanto, è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del d.lg. n. 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria.
• Tribunale Siracusa sez. II 05 luglio 2015
Nella mediazione delegata, il giudice può invitare il mediatore ad avanzare proposta conciliative pur in assenza di congiunta richiesta delle parti ex art. 11, comma 1, del D.lgs. n. 28/2010.
• Tribunale Vasto 23 giugno 2015
Qualora la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti rendono particolarmente adeguato il ricorso a soluzioni amichevoli della medesima, anche in considerazione del contenuto delle proposte conciliative formulate nel corso del giudizio, il giudice può disporre ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010 n. 28, come introdotto dal d.l. n. 69/13, conv. in l. n. 98 del 9 agosto 2013, l’esperimento del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
• Tribunale Firenze 04 giugno 2015
In tema di mediazione delegata, il termine assegnato dal giudice per l’esperimento del procedimento di mediazione ha carattere perentorio. Né, al riguardo, vale obbiettare che, in difetto di legale espressa previsione, il termine in questione non avrebbe natura perentoria, ma solo ordinatoria ex art. 152 cod. proc. civ.. Invero, in sintonia con la giurisprudenza di legittimità, il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato. La implicita natura perentoria di tale termine si evince infatti dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico. Infatti, considerata la natura speciale della disciplina della mediazione "iussu iudicis", e la espressa sanzione di improcedibilità prevista in caso di inottemperanza, non appare ragionevole ammettere che, in caso di mancato esperimento e/o esperimento tardivo della mediazione disposta dal giudice, sia consentito alle medesime di sanare la propria inerzia mediante la concessione di nuovo apposito termine.
• Tribunale di Milano sez. I 7 maggio 2015
Nella mediazione disposta dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28 del 2010, non essendo sufficiente l’espletamento delle formalità di cui all’art. 8, comma 1, del citato D.lgs. proprie del primo incontro avente funzione meramente informativa, il tentativo di mediazione deve essere effettivamente espletato. Ne consegue anche la necessaria presenza di tutte le parti personalmente, assistite dai rispettivi difensori.
• Tribunale Milano 21 marzo 2014
Al cospetto di una causa che, già in itinere, abbia avuto un corso sproporzionato rispetto ai termini reali della controversia, è opportuno che il giudice formuli una proposta conciliativa, sulla base dei fatti pacifici e non contestati; ove le parti rifiutino immotivatamente la proposta, il giudice ben può avviarle alla mediazione ai sensi dell’art. 5 comma 2 d.lg. 28/2010 (cd. mediazione ex officio).
• Tribunale Milano sez. IX 29 ottobre 2013
La legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lg. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale: trattasi, conseguentemente, di una norma applicabile ai procedimenti pendenti. Peraltro, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria: art. 5 comma 1 bis, d.lg. 28/2010) e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto. Giova, peraltro, ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la "trattativa (rectius: mediazione)" ai fatti emersi successivamente alla instaurazione della lite e non fatti valere nel processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza conclusiva del procedimento civile potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale.
   3.5 USUCAPIONE.
• Tribunale Castrovillari 29 maggio 2012
&EGRAVE; inutile la media-conciliazione nel caso di usucapione immobiliare in quanto l’eventuale accordo raggiunto in tale sede, non genera un titolo idoneo alla trascrizione.
• Tribunale Catania sez. I 01 marzo 2012
Il verbale di conciliazione contenente l’accertamento dell’avvenuta usucapione è inidoneo alla trascrizione poiché, in base all’art. 11 d.lgs n. 28/2010, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall’art. 2643 c.c. laddove il verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 2643 c.c.
• Tribunale Roma sez. V 08 febbraio 2012
Il verbale di conciliazione giudiziale avente a oggetto l’accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto di proprietà non si risolve in uno degli accordi di cui all’art. 2643 c.c., perché non realizza un effetto modificativo, estintivo o costitutivo, ma assume al contrario il valore di un mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa e retroattiva, finalizzato a rimuovere l’incertezza, mediante la fissazione del contenuto della situazione giuridica preesistente. Negozio di accertamento in relazione al quale nessuna forma di pubblicità legale è prevista. Pertanto, il verbale di conciliazione in esame, non essendo riconducibile a una delle ipotesi di cui alla disposizione normativa di cui all’art. 2643 c.c., non può in forza di detta norma essere trascritto.
• Tribunale Como 02 febbraio 2012
Quando l’accordo di mediazione riguarda l’accertamento dell’intervenuta usucapione, questo avrà a oggetto il diritto reale, ma non il fatto attributivo di esso, ossia l’avvenuta usucapione. La parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di mediazione e non a titolo originario come invece nel caso di accertata usucapione mediante sentenza. Pertanto l’accordo di mediazione con cui si attribuisce un diritto reale è trascrivibile, non ai sensi dell’art. 2651 c.c., bensì ai sensi dell’art. 2643 n. 13, c.c. in relazione all’art. 11 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28, perché in esso non vi è altro che una transazione.
• Tribunale Palermo 30 dicembre 2011
In tema di mediazione, il tentativo di conciliazione è obbligatorio anche quando l’attore vuole vedere dichiarato il proprio acquisto del diritto reale per usucapione, poiché trattasi di controversia in materia di diritti reali ai sensi dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 ed essendo possibile una risoluzione extragiudiziale della lite.
• Tribunale Varese 20 dicembre 2011
L’art. 5, comma 1, d.lg. 28/2010 deve essere interpretato "secundum constitutionem" e deve, dunque, essere esclusa la mediazione obbligatoria là dove essa verrebbe imposta nella consapevolezza che i litiganti non potrebbero comunque pervenire a un accordo conciliativo. L’incostituzionalità sarebbe evidente, in casi del genere, poiché viene frustrata la stessa ratio dell’istituto: operare come un filtro per evitare il processo; ma se il processo non è evitabile, l’istituto è un’appendice formale imposta alle parti con irragionevolezza (e, quindi, violazione dell’art. 3 cost.). Nel caso delle azioni di usucapione, non potendo la sentenza essere surrogata dall’accordo, la mediazione non è obbligatoria.
• Tribunale Roma sez. V 22 luglio 2011
La controversia sull’usucapione, in quanto relativa a diritti reali, rientra tra quelle soggette alla mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010; tuttavia il verbale di conciliazione assume il valore di un mero negozio di accertamento e, quindi, non è compreso tra gli atti suscettibili di trascrizione nei registri immobiliari in relazione alle tassative previsioni di cui agli art. 2643 c.c. (accordi con effetti modificativi, estintivi e costitutivi) e 2651 c.c. (sentenze dichiarative dell’acquisto per usucapione).
   3.6 VARIE.
• Tribunale Verona sez. III 28 settembre 2016
In tema di mediazione obbligatoria, nessuna disposizione del d.lg. n. 28/2010 vieta alla parte di delegare alla partecipazione alla procedura il proprio difensore cosicché il fondamento normativo della possibilità di attribuire ad esso una procura a conciliare ben può essere rinvenuto nel disposto dell’art. 83 c.p.c.
• Tribunale Bari sez. II 07 settembre 2016
In tema di opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617 e 619 c.p.c., il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, sia che rigetti, sia che accolga l’istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili (Nella specie, posto che l’art. 12 d.lg. n. 28/2010, come modificato dal d.l. n. 69/2013, ha innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege attraverso il riconoscimento di detta qualità all’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati innanzi ad organismi di conciliazione accreditati, senza la necessità della previa omologazione giudiziale; il Trib. ha altresì precisato che il difetto dell’attestazione e della certificazione di "conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico" costituisce un requisito di mera irregolarità formale inidoneo ad impattare sull’intrinseca efficacia esecutiva del titolo).
• Tribunale Milano sez. XI 21 luglio 2016
Il debitore che, chiamato nel procedimento di mediazione volontaria, assuma in quella sede una condotta non collaborativa, si espone, nel successivo giudizio incardinato dal creditore a seguito del fallimento del tentativo bonario di composizione della lite, alla condanna, in caso di soccombenza, anche al pagamento, a titolo di maggior danno, delle spese stragiudiziali sostenute dall’attore nella procedura conciliativa.
• Tribunale Mantova sez. I 14 giugno 2016
In tema di mediazione obbligatoria, quando la parte convenuta che si sia costituita in giudizio, non è comparsa senza giustificato motivo all’incontro fissato dall’organismo di mediazione designato ricorrono i presupposti previsti dall’art. 8 comma 4 bis d.lg. 28/2010; norma questa che prevede una sanzione per tale comportamento prescindendo del tutto dall’esito della causa. Detta norma non indica la forma del provvedimento con la quale la sanzione deve essere irrogata e, pertanto, si applica in tali casi, in via generale, l’art. 176 c.p.c. che dispone, in tema di sanzioni, che tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga diversamente, hanno la forma dell’ordinanza.
• Tribunale Roma sez. XIII 26 maggio 2016
La regola di base espressa dal d.lg. n. 28 del 2010 è l’obbligatorio svolgimento del procedimento di mediazione di cui agli art. 5 commi 1 bis e 2 (come attesta inequivocabilmente il sistema sanzionatorio previsto dalla legge stessa per la mancata partecipazione, oltre che, "a fortiori", per la mancata introduzione della domanda di mediazione). Ne consegue che il rifiuto di procedere e partecipare alla mediazione costituisce la violazione della regola. Le conseguenze di tale rifiuto - ingiustificato - di procedere e di partecipare alla mediazione sono, se espresso dall’istante/attore, sovrapponibili alla mancanza tout court della (introduzione della domanda di) mediazione.
• Tribunale di Torre Annunziata sez. II 7 maggio 2016
In tema di mediazione obbligatoria, una volta accertata la ritualità della convocazione, la mancata partecipazione al procedimento della parte costituita senza giustificato motivo, determina, in applicazione dell’art. 8, comma 5, del d.lgs. n. 28/2010, la condanna della medesima al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
• Tribunale Vasto 23 aprile 2016
Alle parti non può essere riconosciuto un potere di veto assoluto ed incondizionato sulla possibilità di dare seguito alla procedura di mediazione (addirittura anche nel caso in cui il giudice ne ha disposto l’espletamento - come nella fattispecie in esame - ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lg. n. 28/10), dal momento che una siffatta eventualità si presterebbe al rischio di legittimare condotte delle parti tese ad aggirare l’applicazione effettiva della normativa in materia di mediazione, frustrando la finalità stessa dell’istituto, che non è quella di introdurre una sorta di adempimento burocratico svuotato di ogni contenuto funzionale e sostanziale, ma che - invece - consiste nell’offrire ai contendenti "un’utile occasione per cercare una soluzione extra giudiziale della loro vertenza, in tempi pi&ùgrave; rapidi ed in termini pi&ùgrave; soddisfacenti rispetto alla risposta che può fornire il Giudice con la sentenza, tenuto anche conto del fatto che quest’ultima può formare oggetto di impugnazione e che, in caso di mancata attuazione spontanea delle statuizioni giudiziali da parte del soccombente, richiede un’ulteriore attività esecutiva, con conseguente allungamento dei tempi e dispendio di denaro.
• Tribunale Treviso 1 marzo 2016
In tema di mediazione, atteso il chiaro disposto dell’art. 10 del d.lgs. n. 28/2010, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono assumere alcuna rilevanza in sede processuale (Nel caso di specie, il giudice adito, ritenuta anche l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal convenuto in sede di mediazione, ha solo parzialmente accolto la domanda attorea diretta ad ottenere la condanna di quest’ultimo alla restituzione di somme di danaro erogate a titolo di mutuo).
• Tribunale Roma sez. XIII 29 febbraio 2016
Nel disciplinare la mediazione, la legge, sia dal punto di vista attivo che passivo, non fa alcuna eccezione per quanto riguarda l’ente pubblico, il quale, pertanto, in subiecta materia, ha gli stessi oneri ed obblighi di qualsiasi altro soggetto. In particolare, ferma l’opportunità di procedimentalizzare la loro condotta, il soggetto che va in mediazione in rappresentanza della P.A. deve concordare con chi ha il potere dispositivo perimetri oggettivi all’interno dei quali poter condurre le trattative, non trascurandosi al riguardo di considerare che una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo provvedimento del giudice, spesso anche corredato da specifiche indicazioni motivazionali, in nessun caso potrebbe esporre il funzionario a responsabilità erariale, caso mai potendo essa al contrario derivare dalle conseguenze sanzionatorie (art. 96, comma 3, cod. proc. civ.) che possono conseguire ad una condotta deresponsabilizzata ignava ed agnostica della P.A.
• Tribunale Palermo, sez. III 27 febbraio 2016
Un’interpretazione fondata sul criterio letterale, costituzionalmente orientata nonché conforme alla normativa europea del disposto dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 porta a concludere che la mediazione obbligatoria non si estenda alle domande nei riguardi di terzi chiamati in causa (In applicazione dell’enunciato principio, il giudice adito ha rigettato l’eccezione di improcedibilità dell’intero giudizio a motivo del mancato esperimento del procedimento di mediazione sollevata dalla difesa di un medico, terzo chiamato in causa dalla convenuta Casa di cura nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto un’azione di risarcimento danni derivanti da responsabilità medica).
• Tribunale Firenze Sez. spec. Impresa 16 febbraio 2016
In tema di procedimento civile, le controversie aventi ad oggetto contratti finanziari, devono passare, prima, attraverso la mediazione obbligatoria a pena di inammissibilità della domanda. In dette questioni che richiedono una particolare preparazione tecnica (come nel caso di specie), l’Organismo può nominare uno o pi&ùgrave; mediatori ausiliari e lo stesso mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali.
• Tribunale Verona sez. III 28 gennaio 2016
In tema di mediazione civile, nelle materie in cui il tentativo di conciliazione sia obbligatorio, ma che coinvolgano dei consumatori, potrebbe sorgere contrasto tra l’ambito di applicazione del d.lg. n. 28/2010 e quello del d.lg. n. 130/2015; si rinviano pertanto alla Corte di giustizia Ue le seguenti questioni pregiudiziali di interpretazione del diritto dell’Unione europea: 1) se l’art. 3 par. 2 della direttiva 2013/11, nella parte in cui prevede che la medesima direttiva si applichi "fatta salva la direttiva 2008/52", vada inteso nel senso che fa salva la possibilità per i singoli Stati membri di prevedere la mediazione obbligatoria per le sole ipotesi che non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/11, vale a dire le ipotesi di cui all’art. 2, par. 2 della direttiva 2013/11, le controversie contrattuali derivanti da contratti diversi da quelli di vendita o di servizi oltre quelle che non riguardino consumatori; 2) se l’art. 1 par. 1 della direttiva 2013/11, nella parte in cui assicura ai consumatori la possibilità di presentare reclamo nei confronti dei professionisti dinanzi ad appositi organismi di risoluzione alternativa delle controversie, vada interpretato nel senso che tale norma osta ad una norma nazionale che prevede il ricorso alla mediazione, in una delle controversie di cui all’art. 2, par. 1 della direttiva 2013/11, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale della parte qualificabile come consumatore, e, in ogni caso, ad una norma nazionale che preveda l’assistenza difensiva obbligatoria, ed i relativi costi, per il consumatore che partecipi alla mediazione relativa ad una delle predette controversie, nonché la possibilità di non partecipare alla mediazione se non in presenza di un giustificato motivo.
• Tribunale Roma sez. XIII civile 25 gennaio 2016
In tema di mediazione obbligatoria, il principio di riservatezza (cfr., art. 9 del d.lgs. n. 28/2010) deve intendersi riferito al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione, vale a dire al merito della lite. Diversamente, ogni qualvolta le dichiarazioni, quand’anche trasposte al di fuori del procedimento di mediazione, riguardino circostanze che attengono alle modalità della partecipazione delle parti alla mediazione ed allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, il dovere di riservatezza non può essere invocato, con consequenziale assoluta liceità della verbalizzazione e dell’utilizzo da parte di chicchessia.
• Tribunale Milano sez. VI 13 gennaio 2016
Non soggiace al preventivo obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione, non essendo riconducibile nell’alveo della obbligatorietà della disciplina dettata dal d.lgs. n. 28/2010, la controversia che verta su di un rapporto di garanzia (Nel caso di specie, il giudice, in sede di opposizione a procedimento monitorio, ha disatteso l’eccezione di asserita improcedibilità della domanda monitoria – in quanto non ritualmente preceduta dal previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione – formulata dai convenuti in veste di garanti del debitore principale il quale si era reso inadempiente rispetto al pagamento dei canoni di un contratto di locazione finanziaria stipulato con la banca opposta ed al quale accedeva il rapporto di garanzia dedotto in giudizio).
• Tribunale Verona sez. III 18 dicembre 2015
In tema di mediazione obbligatoria di cui all’art. 5 comma 1-bis del d.lgs. n. 28/2010, qualora non si sia svolto un tentativo di conciliazione rispetto alla domanda principale, non sussistono ragioni per non estendere la mediazione a tutte le domande ad essa cumulate che vi siano soggette (Nel caso di specie, il giudice di merito ha assegnato alle parti il termine di quindici giorni per presentare l’istanza di mediazione rispetto a tutte le domande svolte in causa: ovvero, la domanda proposta dagli attori nei confronti della convenuta (avente titolo nella responsabilità sanitaria); la domanda proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata in causa (avente titolo in un contratto assicurativo); la domanda proposta dai terzi intervenuti nei confronti della convenuta e fondata sul medesimo titolo di quella degli attori).
• Tribunale Monza sez. II 15 dicembre 2015 n. 3096
Va respinta la condanna del Condominio ex art. 8 d.lgs. n. 28/2010 al versamento di una somma corrispondente all’importo del contributo unificato dovuto per il giudizio, in quanto non si può ritenere che la mancata partecipazione del Condominio convenuto al procedimento di mediazione sia avvenuta "senza giustificato motivo" e ciò almeno nell’accezione del difetto di "giustificato motivo" rilevante ai sensi e per gli effetti della norma invocata dall’attore alla volta della condanna della controparte, essendo qui rinvenibile il condivisibile obiettivo di non gravare l’ente condominiale (anche) delle spese del procedimento di cui al d.lgs. n. 28/2010, specie in un contesto in cui, stante anche la spiccata litigiosità tra le parti, questa non è l’unica causa pendente.
• Tribunale Mantova sez. II 03 novembre 2015 n. 1049
Ai sensi art. 4 co. 1 d.lgs. 28/2010, come modificato dal D.L. 69/2013 conv.to in L. 98/2013, la domanda di mediazione va presentata davanti ad uno degli organismi che si trova nel circondario dell’ufficio giudiziario competente per la controversia. Pertanto al fine di determinare la competenza dell’organismo di mediazione, si deve prima identificare il giudice competente secondo le norme del c.p.c., e quindi fare riferimento all’ambito di competenza territoriale previsto per gli uffici giudiziari. La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti e pertanto la stessa deve essere considerata come non espletata con le conseguenze previste dalla legge. Avendo il Tribunale già disposto l’espletamento del procedimento di mediazione, in quanto non esperito antecedentemente al giudizio, è precluso al giudice assegnare alle parti un nuovo termine per la presentazione della domanda di mediazione presso un organismo competente, non prevedendo la legge la possibilità di concedere alla parte un nuovo termine ai sensi degli artt. 5-bis e 6 co. 2 d.lgs. 28/2010, ovvero di disporre la riassunzione del procedimento davanti all’organismo competente.
• Tribunale Milano sez. IX 14 ottobre 2015
&EGRAVE; applicabile lo strumento della mediazione civile ex art. 5 d.lg. n. 28/2010 anche al processo della famiglia. L’ex coniuge che intenda accertare il suo diritto di credito, ed in particolare, una somma di denaro, ex art. 12 bis l. n. 898/1970 - una quota pari al 40% - del t.f.r. lavorativo liquidato all’ex marito, può avvalersi della procedura mediativa, premessa la disponibilità del diritto oggetto della controversia, anche nel caso in cui tale diritto sia vantato nell’ambito di una controversia di natura famigliare.
• Tribunale Pavia sez. III 14 ottobre 2015
La procedura di mediazione è una procedura riservata, in buona misura orale e, per molti aspetti, informale. L’informalità della procedura si deduce chiaramente da varie norme del D.lg. n. 28 del 2010. L’art. 3, comma 3, stabilisce che gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità; l’art. 6, comma 1, stabilisce che la procedura di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi e tale norma è derogabile dalla volontà delle parti e del mediatore; l’art. 8, comma 2, ribadisce che il procedimento di mediazione si svolge senza formalità e il successivo comma 3, che disciplina il omento pi&ùgrave; importante della procedura, l’attività del mediatore, si limita a stabilire che il mediatore "si adopera" affinché le parti raggiungano un accordo amichevole, senza ulteriori specificazioni al contenuto dell’attività del mediatore, attività che si conferma essenzialmente di dialogo con le parti e i difensori.
• Tribunale Palermo sez. II 18 settembre 2015 n. 4951
In ordine al tentativo di mediazione, il termine di decadenza di trenta giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari viene sospeso – per una sola volta – dalla domanda di mediazione, ma non dal giorno della sua presentazione, bensì dal momento della comunicazione alle altre parti. Dalla stessa data, se il tentativo fallisce, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza. (Nella specie, il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’impugnazione ex art. 1137 c.c.).
• Tribunale Pavia sez. III 14 settembre 2015
In tema di mediazione obbligatoria, il difensore, anche se munito di procura speciale, ha una mera funzione di assistenza della parte comparsa e non di sua sostituzione e rappresentanza e ciò, sia nelle mediazioni cd. obbligatorie, tanto quelle "ex lege", ovvero per materia, ex art. 5, comma 1 bis, d.lg. 28/2010, quanto per quelle "iussu iudicis".
• Tribunale Palermo sez. I 29 luglio 2015
La valutazione del giudice sulla imposizione della sanzione per ingiustificata, mancata comparizione al procedimento di mediazione può essere effettuata anche prima della sentenza con pronuncia della relativa condanna. Se si intende provare per testimoni o con documenti il motivo allegato della mancata comparizione, il giudicante dovrà invece aspettare la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria per emettere la relativa condanna; la valutazione su tale sanzione economica andrà, infine, effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite.
• Tribunale Firenze sez. II 02 luglio 2015
Ai sensi dell’art. 12 d.lg. n. 28/2010, per procedere all’omologazione dell’accordo è necessario accertarne la regolarità formale e la conformità "all’ordine pubblico o a norme imperative" per cui la stessa va rigettata quando nel verbale manca totalmente l’indicazione del titolo posto a base dell’accordo o meglio la causa delle pretese creditorie e, data la natura del tutto astratta e non titolata dell’accordo, non è possibile accertarlo diversamente (nella specie: il giudice ha respinto la richiesta di omologazione di un verbale di mediazione in quanto la dicitura liquidazione del debito non è stata esaustiva dell’indicazione del titolo posto a base dell’accordo).
• Tribunale Verona sez. III 25 giugno 2015
Nel caso di due domande proposte al giudice, di cui solo una soggetta a mediazione obbligatoria, ma entrambe costitutive della complessiva controversia pendente tra le parti, occorre rimettere l’intera controversia dinanzi al mediatore per assicurare la conciliazione.
• Tribunale Roma sez. XIII 09 aprile 2015
La mancata presenza e partecipazione della controparte all’incontro per la mediazione obbligatoria non sancisce necessariamente la chiusura del procedimento. Il mediatore, se la parte presente lo richiede, può procedere nominando un consulente tecnico e formulando una proposta se il regolamento dell’organismo lo prevede.
• Tribunale Massa 26 marzo 2015
In tema di procedimento di mediazione, la mancata allegazione, all’atto introduttivo del giudizio, dell’informativa resa in forma scritta dal difensore alla parte assistita relativa alla possibilità di avvalersi della procedura di mediazione civile ai sensi dall’art. 4, comma 3, del D.lgs. n. 28 del 2010, non produce conseguenze sul piano processuale – tanto meno implicanti l’invalidità della citazione – ma determina, in base alla stessa disposizione appena citata, l’annullabilità del contratto d’opera professionale concluso dall’avvocato con il proprio assistito.
• Tribunale Torino sez. III 23 marzo 2015
Nel processo sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis c.p.c. trova applicazione la mediazione obbligatoria, non essendo il rito a determinare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, bensì la natura della controversia.
• Tribunale Monza sez. I 23 febbraio 2015 n. 619
In materia di procedimento civile e mediazione, è la stessa legge a fissare il termine entro il quale il procedimento di mediazione deve essere iniziato (quindici giorni dalla data di sospensione del procedimento), fissazione che rende superflua l’indicazione da parte del giudice del termine entro il quale la domanda di mediazione deve essere depositata.
• T.A.R. Roma (Lazio) sez. I 23 gennaio 2015 n. 1351
In tema di mediazione civile è improcedibile la doglianza in base alla quale si sostiene che il legislatore delegato è incorso in eccesso di delega laddove ha introdotto l’obbligatorietà della mediazione e l’improcedibilità del giudizio interposto senza il previo esperimento della mediazione, entrambi non previsti dalla legge delega. Non è fondata, invece, la censura con la quale si sostiene l’incompatibilità dell’introduzione a regime del nuovo sistema di accesso alla giustizia con lo strumento del decreto legge, stante la carenza del carattere di straordinaria necessità e urgenza che ne legittima l’utilizzo. &EGRAVE;, altresì, infondata la censura di costituzionalità proposta avverso la nuova previsione di cui all’articolo 5, comma 2, d.lg. n. 28 del 2010, là dove prevede che il giudice, anche in sede di giudizio di appello può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione. &EGRAVE; egualmente infondata la denuncia di incostituzionalità dell’articolo 13 del d.lgs 28/2010, nella parte in cui prevede che quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta.
&EGRAVE; fondata la censura che pone in evidenza il sopravvenuto contrasto tra il novellato art. 17, comma 5 ter, d.lg. n. 28 del 2010 e la disposizione di cui all’articolo 16, commi 2 e 9, d.m. n. 180 del 2010 (gratuità del procedimento di mediazione che si conclude al primo incontro). Appare evidente infatti che entrambe le disposizioni regolamentari si pongono in contrasto con la gratuità del primo incontro del procedimento di conciliazione, previsto dalla legge laddove le parti non dichiarino la loro disponibilità ad aderire al tentativo.
• Tribunale Roma 21 gennaio 2015
Il giudizio di revocazione che abbia ad oggetto un contratto di locazione rappresenta un caso di mediazione obbligatoria ai sensi del comma 1 bis dell’art. 5, d.lg. n. 28 del 2010. L’udienza di discussione - che si dovesse tenere nell’ipotesi che la conciliazione non sortisca esito positivo – dovrà poi avvenire previo esame dei temi concretamente affrontati nella mediazione e dell’esito della stessa, svolta secondo lealtà e probità, come prodotto dal verbale di mediazione.
• Tribunale Roma sez. VIII 22 ottobre 2014
La durata massima del procedimento di mediazione è stata stabilita allo scopo di evitare che le parti fossero assoggettate sine die al divieto di rivolgersi all’Autorità giudiziaria se non dopo aver fatto ricorso alla procedura di mediazione, la cui durata massima, perciò, era fissata, nel caso di specie, in 4 mesi (3 mesi a seguito della modifica disposta dall’art. 84, comma 1, lett. f) d.l. n. 69/2013): ne consegue che tale limite temporale non può che operare esclusivamente per l’azionabilità delle domande in sede giudiziale e non, viceversa, costituire un limite temporale per la formazione dell’accordo.
• Tribunale Pavia sez. III 14 ottobre 2014
La procedura di mediazione è una procedura riservata, in buona misura orale e, per molti aspetti, informale. L’informalità della procedura si deduce chiaramente da varie norme del D.lg. n. 28 del 2010. L’art. 3, comma 3, stabilisce che gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità; l’art. 6, comma 1, stabilisce che la procedura di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi e tale norma è derogabile dalla volontà delle parti e del mediatore; l’art. 8, comma 2, ribadisce che il procedimento di mediazione si svolge senza formalità e il successivo comma 3, che disciplina il omento pi&ùgrave; importante della procedura, l’attività del mediatore, si limita a stabilire che il mediatore "si adopera" affinché le parti raggiungano un accordo amichevole, senza ulteriori specificazioni al contenuto dell’attività del mediatore, attività che si conferma essenzialmente di dialogo con le parti e i difensori.
• Tribunale Modena 10 ottobre 2014
Qualora la procedura di mediazione non sia stata esperita nelle materie in cui è obbligatoria, il giudice fissa nuova udienza assegnando contestualmente termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione ai sensi dell’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010; il mancato ottemperamento al predetto invito del giudice deve intendersi come mancanza di interesse della parte a coltivare diligentemente le proprie istanze di giustizia e giustifica, pertanto, una declaratoria di improcedibilità della vertenza giudiziaria, giacché il rinvio della causa per la prosecuzione del giudizio successivamente all’esperimento del procedimento di mediazione è possibile una sola volta, risultando altrimenti irragionevole, perché contrario ai fini deflattivi dell’istituto in parola, che il legislatore abbia inteso offrire pi&ùgrave; volte alle parti il predetto invito e i relativi termini processuali.
• Tribunale Palermo sez. I 16 luglio 2014
La mediazione "ex officio iudicis" può essere disposta anche se una delle parti del processo è una Amministrazione Pubblica. Infatti, nelle fonti normative non si rinvengono disposizioni che escludono le pubbliche amministrazioni dall’ambito di applicazione della disciplina de qua. Pertanto, la normativa in materia di mediazione in ambito civile e commerciale trova applicazione anche in riferimento al settore pubblico.
• Tribunale Firenze sez. II 19 marzo 2014
Qualora il giudice, ai sensi dell’art. 5 comma 2 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28, disponga, dopo aver valutato la natura della causa ed il comportamento delle parti, l’esperimento del procedimento di mediazione, condizione necessaria affinché l’ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità della domanda giudiziale di cui all’art. 5 comma 1 bis d.lg. n. 28 cit. verificata) è che le parti (assistite dai propri difensori) siano personalmente presenti all’incontro con il mediatore.
• Tribunale Roma sez. XIII 17 marzo 2014
La relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo può essere prodotta nel successivo giudizio ad opera di una delle parti senza violare le regole sulla riservatezza, in virt&ùgrave; di un equilibrato contemperamento fra la citata esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all’interno di tale procedimento. Ne consegue che il giudice potrà utilizzare tale relazione "secondo scienza e coscienza con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze, e rilievi delle parti" pi&ùgrave; che per fondare la sentenza "per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio" ovvero anche "per costituire il fondamento conoscitivo ed il supporto motivazionale (pi&ùgrave; o meno espresso) della proposta del giudice ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c.".
• Tribunale Verona 27 gennaio 2014 n. 76872
Deve escludersi che, in linea di principio, l’eventuale sospensione del giudizio pendente possa determinare la sospensione del procedimento di mediazione eventualmente disposto nel corso di esso, dal momento che il procedimento di mediazione, pur inserendosi nel giudizio, conserva una sua propria autonomia, ricollegabile alla sua finalità conciliativa, e non sembra pertanto poter risentire delle sorti del processo.
• Tribunale Roma sez. XIII 20 novembre 2013
In tema di risarcimento da infortunio "in itinere" il giudice che dispone la mediazione, al fine di evitare una ingiusta duplicazione di voci risarcitorie, può invitare a partecipare alla procedura anche l’Inail affinché la regolamentazione dei rapporti fra danneggiato e assicurazione ed ente previdenziale in surroga e assicurazione possa essere soddisfacente per tutte le parti, ricordando che l’eventuale scelta di una condotta agnostica dell’Inail la potrebbe esporre a danno erariale sotto il profilo delle conseguenze del mancato accordo in sede di mediazione comparativamente valutato rispetto al contenuto della eventuale futura sentenza.
• Tribunale Tivoli 27 giugno 2012.
Va rimessa alla Corte Costituzione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, d.lg.4 marzo 2010, n. 28 (attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali) con riferimento agli art. 11, 24, 111, 117 della Costituzione nonché degli art. 6 e 13 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e degli art. 47, 52 e 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nella parte in cui viola il principio di non incertezza del diritto («defaut de securite’ juridique») non prevedendo una formulazione della normativa di comprensione univoca e chiara del proprio significato. (Nella specie, relativa ad una controversia concernente il trasferimento del diritto dominicale su un’unità immobiliare, rispetto alla quale la parte attrice ha proposto un’azione volta alla verifica dell’inadempimento del contratto preliminare di vendita ed alla conseguente emissione di sentenza costituiva del diritto di proprietà ex art. 2932 c.c., il Trib. ha affermato che, pur trattandosi di azione esulante dalle esclusioni specificamente elencate al comma 4 dell’art. 5, d.lg.. n. 28/2010, il giudice non può desumere dal dato normativo (del comma 1) se tale controversia possa essere considerata come «azione relativa ad una controversia in materia di diritti reali» ricompresa nell’obbligo della mediazione o se, invece, la stessa ne sia esclusa in quanto diretta ad ottenere una pronuncia sull’aspetto dinamico del diritto dominicale, e pertanto ha rimesso la questione alla Corte costituzionale).
• T.A.R. Roma (Lazio) sez. III 29 ottobre 2012 n. 8858
Deve essere annullato il comma 1 dell’art. 55 bis del codice deontologico forense in quanto lo stesso dispone che "le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione" devono essere rispettate dall’avvocato che svolge funzione di mediatore "nei limiti in cui ("id est", se e in quanto) dette previsioni non contrastino con quelle del presente codice". E ciò perché, il codice deontologico - che nel sistema delle fonti è certamente di rango subordinato alla normativa primaria in materia di conciliazione - non ha la forza di prevalere sulle norme primarie con lo stesso contrastanti, avendo natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi.
• Tribunale Varese sez. I 12 luglio 2012
L’art. 12, d.lg. n. 28/2010 integra la comune normativa sulle ipoteche introducendone una giudiziale fondata sull’accordo siglato dalle parti anziché sul decreto di omologa.
• Tribunale Roma 05 luglio 2012 n. 1309
Ogni qualvolta la controparte adduca giustificato motivo di mancata partecipazione alla mediazione affermando la erroneità della tesi della parte che l’ha convocata in mediazione (in questo caso la censura riguardava la sentenza non definitiva del giudice), e quindi l’inutilità della sua partecipazione all’esperimento di mediazione, tale comportamento deve essere ritenuto irragionevole e inescusabile.
• Tribunale Roma 05 luglio 2012
Gli argomenti di prova che vengono tratti dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione, senza giustificato motivo, della parte regolarmente convocata, possono costituire integrazione di prove già acquisite o unica e sufficiente fonte di prova.
• Tribunale Firenze 22 maggio 2012
Nel processo sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis c.p.c. non si applica la mediazione obbligatoria.
• Giudice di pace Cava dei Tirreni 21 aprile 2012
La mediazione civile è inapplicabile nel giudizio innanzi al giudice di pace, pena una inutile duplicazione delle competenze a essi assegnate, nonché l’ostacolo alla celerità del processo. L’art. 311 c.p.c., non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al tribunale, ma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al g.d.p. è regolato dalle norme del titolo II del libro II e, per ciò che esso è regolato da quelle innanzi al tribunale in composizione monocratica (di cui al capo III del titolo I di detto libro), ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni. Una diversa interpretazione oltre a essere paradossale sarebbe in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico, e finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del giudice di pace, che già svolge "ex lege" la funzione affidata con il d.lg. 4 marzo 2010 n. 28 al mediatore.
• Giudice di pace Napoli 23 marzo 2012
Nel giudizio innanzi al g.d.p. ed avente ad oggetto una controversia relativa all’esecuzione di un contratto assicurativo r.c.a., nonostante si tratti di materia rientrante fra quelle per le quali l’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 rende obbligatorio il preventivo esperimento del tentativo di mediazione, trovano applicazione le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall’art. 311 al 322 c.p.c., in luogo del predetto art. 5.
• Tribunale Modena sez. II 10 marzo 2012
Il difensore, che intenda partecipare alla procedura di mediazione (d.lg. n. 28/2010) in rappresentanza della parte, ha l’onere di farsi rilasciare apposita procura scritta agli effetti conciliativi, quand’anche già munito di procura "ad litem".
• Tribunale Varese sez. I 13 febbraio 2012
Allorché sia convenuto dinanzi ai mediatori un interdetto, è il tutore a dover prendere parte al procedimento, richiedendosi per la valida trattazione del processo di mediazione, la piena capacità di colui che vi partecipa. &EGRAVE; preciso compito dei mediatori quello di accertare che, al tavolo di mediazione, si presentino soggetti con la piena capacità di disporre del diritto conteso, tenuto conto delle pubblicità "ex lege" sottese alle misure di protezione degli adulti incapaci e della diligenza professionale di cui deve godere il mediatore. In caso di raggiungimento di un accordo, il tutore, per adesione e sottoscrizione, dovrà munirsi dell’autorizzazione di cui all’art. 375, comma 1, n. 4, c.c.
• Tribunale S.Maria Capua V. 18 gennaio 2012
Per stabilire la pendenza del giudizio ai fini dell’applicazione della disciplina della mediazione obbligatoria, si deve considerare la consegna al destinatario dell’atto introduttivo del giudizio e non la richiesta di notifica all’ufficiale giudiziario.
• Tribunale Brindisi 12 gennaio 2012
Nella prospettiva della piena operatività della disciplina della media-conciliazione obbligatoria, la parte che abbia richiesto e ottenuto un sequestro "ante causam" per una controversia rientrante in una delle materie di cui all’art. 5, comma 1, d.lg. 28/2010, pur volendo esperire il procedimento di mediazione non potrà esimersi dall’instaurare il giudizio di merito ex art. 669 octies c.p.c. prima o nel corso della mediazione stessa, in quanto, per una parziale antinomia che si auspica possa essere meglio armonizzata "de iure condendo", il termine di durata della procedura conciliativa ai sensi dell’art. 6 d.lg. 28/2010 può spingersi fino a 4 mesi ed è dunque pi&ùgrave; ampio rispetto al termine perentorio entro cui va instaurato il giudizio di merito.
• Tribunale Modica 09 dicembre 2011
In tema di mediazione obbligatoria, il controllo che il presidente del tribunale deve effettuare per l’attribuzione di efficacia esecutiva al verbale di conciliazione deve avere ad oggetto, data la congiunzione "anche" contenuta nell’art. 12, comma 1, d.lg. n. 28 del 2010, sia i profili di carattere formale sia le eventuali violazioni dell’ordine pubblico e delle norme imperative, laddove, detta "regolarità formale" consterà dei seguenti elementi: 1) la sottoscrizione delle parti e del mediatore; 2) la dichiarata titolarità del sottoscrittore mediatore del suo legittimo status quale soggetto incluso nei ruoli di un organismo di conciliazione regolarmente registrato presso il Ministero della Giustizia; 3) la provenienza del verbale da un organismo iscritto nel registro ex art. 3 e 4 d.m. n. 180 del 2010; 4) l’inserimento nel verbale degli estremi di tale iscrizione al registro; 5) la riconducibilità dell’accordo all’ambito della mediazione ex art. 2 e cioè l’appartenenza dell’accordo alla materia civile e commerciale (Nel caso specifico, l’istanza di omologazione veniva rigettata per mancanza dell’indicazione, da parte del mediatore, del suo legittimo status quale soggetto incluso nei ruoli di un organismo di conciliazione regolarmente registrato presso il Ministero della Giustizia, degli estremi dell’iscrizione dell’organismo di mediazione nel registro ministeriale).
• Tribunale Bologna 01 dicembre 2011
Le materie di cui all’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 vanno interpretate restrittivamente in quanto introducono una condizione di procedibilità limitativa della possibilità di agire in giudizio, seppur per un periodo di tempo esigua, cioè per il tempo necessario all’espletamento della mediazione.
• Tribunale Genova 18 novembre 2011
Non è manifestamente infondata, in relazione agli art. 3 e 24 cost., la q.l.c. dell’art. 5 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28, laddove prevede come obbligatoria la mediazione solo per alcune materie e non per altre; non è manifestamente infondata, in relazione agli art. 3 e 24 cost., la q.l.c. dell’art. 5 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28 e dell’art. 2653 comma 1 c.c., nella parte in cui non viene prevista la possibilità di trascrivere la domanda di mediazione, ma prevede unicamente la possibilità di trascrivere la domanda giudiziale; non è manifestamente infondata, in relazione agli art. 3 e 24 cost., la q.l.c. del combinato disposto degli art. 5 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28 e 16 d.m. 10 ottobre 2010 n. 180 nella parte in cui prevedono la mediazione come obbligatoria e onerosa; non è manifestamente infondata, in relazione all’art. 3 cost., la q.l.c. del combinato disposto degli art. 5 d.lg. 4 marzo 2010 n. 28 e 16 d.m.10 ottobre 2010 n. 180, nella parte in cui prevedono che solo il convenuto possa non aderire al procedimento di mediazione.
• Tribunale Cassino 11 novembre 2011
La minuziosa elencazione delle ipotesi indicate dall’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 fa ritenere tassativo e non semplicemente esemplificativo quell’elenco e tale tassatività impedisce qualsiasi interpretazione estensiva (Nella specie è stato escluso il previo tentativo di mediazione con riferimento a controversia avente ad oggetto richiesta di risarcimento danni derivante da fatto illecito correlato a fattispecie di reato).
• Giudice di pace Mercato S.S. 21 settembre 2011
Si rinvia la questione interpretativa sulla legittimità della normativa in materia di mediazione introdotta con il d.lgs n. 28/2010 rispetto alla direttiva n. 2008/52/Ce. Ecco la questione posta alla Corte di giustizia: "Se gli art. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 come adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, la direttiva n. 2008/52/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativi a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, il principio generale del diritto dell’Unione di tutela giurisdizionale effettiva e, in generale, il diritto dell’Unione nel suo complesso ostino a che venga introdotta in uno degli Stati membri dell’Unione europea una normativa come quella recata, in Italia, dal d.lgs. n. 28/2010 e dal DM n. 180/2010, come modificato dal DM n. 145/2011, secondo la quale: il giudice può desumere, nel successivo giudizio, argomenti di prova a carico della parte che ha mancato di partecipare, senza giustificato motivo, a un procedimento di mediazione obbligatoria; il giudice deve escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato una proposta di conciliazione, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e deve condannarla al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un ulteriore somma di importo corrispondente a quella già versata per l’imposta dovuta (contributo unificato) se la Sentenza con la quale definisce la causa intentata dopo la formulazione della proposta rifiutata corrisponda Interamente al contenuto della proposta stessa; il giudice, ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, anche se il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda interamente al contenuto della proposta; il giudice deve condannare, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, la parte che non abbia partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo; il mediatore può, o addirittura deve, formulare una proposta di conciliazione anche in mancanza di accordo delle partì e anche in caso di mancata partecipazione delle parti alla procedura; il termine entro cui deve concludersi il tentativo di mediazione può arrivare fino a quattro mesi; pur dopo il decorso del termine di quattro mesi dall’inizio della procedura l’azione sarà proponibile solo dopo che sarà stato acquisito, presso la Segreteria dell’organismo di mediazione, il verbale di mancato accordo, redatto dal mediatore, con l’indicazione della proposta rifiutata; non è escluso che i procedimenti di mediazione possano moltiplicarsi - con conseguente moltiplicazione dei tempi di definizione della controversia - tante volte quante siano le domande nuove legittimamente proposte nel corso del medesimo giudizio nel frattempo iniziato; il costo della procedura di mediazione obbligatoria è almeno due volte pi&ùgrave; elevato di quello del processo giurisdizionale che la procedura di mediazione mira a scongiurare e la sproporzione aumenta esponenzialmente con l’aumentare del valore della controversia (fino a far diventare il costo della mediazione anche pi&ùgrave; che sestuplo rispetto al costo del processo giurisdizionale) o con l’aumentare della sua complessità (in tale ultimo caso rivelandosi necessaria la nomina di un esperto, da retribuirsi dalle parti della procedura, che aiuti il mediatore in controversie che richiedono specifiche competenze tecniche senza che la relazione tecnica stilata dall’esperto o le informazioni da lui acquisite possano essere utilizzate nel successivo giudizio)".
• Giudice di pace Catanzaro 01 settembre 2011
Sono tre le questioni che non appaiono manifestamente infondate: violazione dell’art. 24 cost., in quanto, se il tentativo obbligatorio ha un costo "non meramente simbolico" allora "nella sostanza il sistema subordina l’esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro"; violazione degli artt. 76 e 77 cost. per contrasto tra la legge delega e il d.lg. n. 28/2010, relativamente alle norme che hanno introdotto il procedimento obbligatorio di mediazione civile; infatti, nella delega vi sarebbe la previsione dell’obbligo di attenersi al principio per cui la mediazione non debba "precludere l’accesso alla giustizia", mentre l’averla resa una condizione di procedibilità dell’azione giurisdizionale, si rivelerebbe una preclusione di fatto; violazione dell’art. 3 cost., e quindi del principio di eguaglianza, in quanto il sistema "consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento", ipotesi non consentita alla parte attrice, graverebbe soltanto quest’ultima dell’obbligo di esercitare il procedimento di mediazione per poter far valere il suo diritto.
• Giudice di pace Parma sez. I 01 agosto 2011 n. 271
Non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità relativamente agli art. 5 e 16 d.lg. 28/2010 in relazione agli art. 24 e 77 cost. nonché alle direttive europee in materia. In particolare la prima norma è fatta oggetto di censura, per eccesso di delega, nella parte in cui introduce l’obbligo del previo esperimento del tentativo di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Il secondo art., invece, è impugnato nella parte in cui dispone che abilitati a costituire organismi di mediazione siano enti pubblici e privati, omettendo qualsiasi riferimento a criteri di qualificazione tecnica e professionale degli stessi.
• Tribunale Palermo 11 luglio 2011
In relazione alla domanda riconvenzionale formulata dal convenuto non occorre il previo espletamento del procedimento di mediazione sia che essa ampli solo il petitum ma non anche l’oggetto della controversia, sia che ampli l’ambito della controversia rispetto a quelli che sono stati i confini della stessa in sede di procedimento di mediazione, investendo aspetti nuovi della lite.
• Tribunale Varese sez. I 08 luglio 2011
La volontà di aderire all’invito del giudice in ordine alla possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione, quando riscontri elementi della causa indicativi di buone probabilità di addivenire alla conciliazione, può essere espressa anche dai difensori delle parti, non costituendo un atto dispositivo del diritto ma soltanto una precisa scelta in ordine alla strategia di tutela, azione o difesa.
• Tribunale Varese sez. I 06 luglio 2011
Il giudice può invitare le parti a valutare la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione là dove taluni elementi della causa siano indicativi di concrete "chances" di conciliazione, come accade, ad esempio, quando la causa interessi due litiganti legati da un pregresso rapporto di origine familiare, destinato a proiettarsi nel tempo in modo durevole e, quindi, allorché meriti di essere salvaguardata la possibilità di conservazione del vincolo affettivo in essere, posto che la mediazione, diversamente dalla statuizione giurisdizionale, può guardare anche all’interesse (pubblico) alla "pace sociale".
• Tribunale Varese sez. I 10 giugno 2011
L’azione revocatoria non è relativa a una controversia in materia di contratti bancari, essendo in quest’ambito inscrivibili le sole cause con cui si faccia discussione delle obbligazioni negoziali che dal contratto scaturiscono, ovvero ancora si metta in discussione la validità o efficacia della stipula. Esercitando l’azione ex art. 2901 c.c., invece, si attiva un mezzo di tutela del diritto di credito e, quindi, l’actio è relativa a una controversia in materia di conservazione delle garanzia patrimoniale. Non essendo possibile l’interpretazione analogica o estensiva dell’art. 5, comma 1, d.lg. n. 28 del 2010, la norma non è quindi applicabile nel caso di specie.
• Tribunale Prato 09 maggio 2011
Il giudizio di divisione, nell’espropriazione di beni indivisi, è escluso dall’ambito applicativo della mediazione obbligatoria, trattandosi di procedimento incidentale di cognizione strumentale alla realizzazione del procedimento esecutivo.
• Tribunale Modena sez. II 06 maggio 2011
Il procedimento di rilascio dell’immobile occupato senza titolo deve scontare la preventiva ed obbligatoria procedura di mediazione (d.lg. n. 28 del 2010), a pena di improcedibilità rilevabile d’ufficio non oltre la prima udienza (In applicazione del principio di cui in massima, il giudice adito ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c., in sede di fissazione dell’udienza di discussione, ha assegnato alle parti termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione).
• Tribunale Modena sez. II 05 maggio 2011
La domanda di rilascio dell’immobile occupato "sine titulo" ex art. 447 bis c.p.c. nel caso di specie trae spunto da un rapporto analogo a una locazione e, pertanto, deve essere attivata la preventiva e obbligatoria procedura di mediazione, in materia prevista dall’art. 5, comma 1, d.lg. n. 28 del 2010.
• Tribunale Varese sez. I 21 aprile 2011
La consulenza tecnica preventiva (art. 696 bis c.p.c.) e la mediazione (d.lg. n. 28 del 2010) perseguono la medesima finalità, introducendo entrambi gli istituti un procedimento finalizzato alla composizione bonaria della lite, così da sembrare tra loro alternativi e, quindi, apparendo le norme di cui al d.lg. n. 28 del 2010 incompatibili logicamente e, dunque, non applicabili dove la parte proponga una domanda giudiziale per una c.t.u. preventiva. Pertanto, in caso di c.t.u. preventiva, non sussistono le condizioni di procedibilità di cui all’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 e il difensore non è obbligato alla comunicazione di cui all’art. 4 comma 3 d.lg. n. 28 del 2010.
• T.A.R. Roma (Lazio) sez. I 12 aprile 2011 n. 3202
&EGRAVE; rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli art. 24 e 77 cost., la q.l.c. dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010, nella parte in cui introduce, a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie ivi previste, l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione e nella parte in cui prevede che tale obbligo sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la cui violazione deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice. Pertanto è rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli art. 24 e 77 cost., la q.l.c. dell’art. 16 d.lg. n. 28 del 2010, al comma 1, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza. Non è manifestamente infondata, per contrasto con gli art. 24 (diritto di azione giurisdizionale) e 77 (rispetto della legge di delega), la q.l.c. dell’art. 16 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di "serietà ed efficienza".

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Il Giudice civile di fronte alla mediazione. La cultura ed il significato della mediazione nella società moderna, articolo tratto dalla rivista “Judicium” il processo civile in Italia e in Europa, 2014;
MARTELLO,
Mediatore di successo: cosa fare/ come essere, Milano 2011;
MATTIELLO,
Responsabilità medica: è ammissibile l’ATP, articolo tratto da Altalex, maggio 2015?
MENCHINI,
Il disegno di legge delega per l’efficienza del processo civile: osservazioni a prima lettura sulle proposte di riforma del giudizio ordinario di cognizione, articolo tratto dalla rivista Giustizia Civile, n. 2, 2015;
MICKLITZ,
Comment on the Green Paper on alternative dispute resolution in civil and commercial law;
MINERVINI,
Le camere di commercio e la conciliazione delle controversie;
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato, Audizione del Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prof. Angelo Marcello Cardani: Riforma organica degli strumenti giudiziali di risoluzione delle controversie, Roma 2016;
MONTALENTI,
Audizione alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati, Roma, 23 giugno 2015;
Nota della Associazione Italiana per l’arbitrato-AIA in margine alla proposta di emendamenti al DDL Berruti – atto c 2953 attualmente in discussione in Commissione Giustizia formulata dal prof. Cerrato, Roma 2015;
OECD,
Economics department, policy note n. 18, Giustizia Civile: come promuovere l’efficienza?, 2013;
OECD,
Human rights, alternative dispute resolution and the OCD guidelines for multinational enterprises: briefing note for the participants at the workshop on accountavility and dispute resolution, Kennedy school of government, Harvard University 11 – 12 April, 200;
POLI,
Le riforme dei giudizi di appello e di cassazione nella giurisprudenza di legittimità, articolo tratto dalla rivista trimestrale di Diritto e Procedura civile, n. 1, maggio 2016, Milano;
QUINTO,
Camere di Commercio e conciliazione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori, Roma 1997;
RAUCCI,
L’arbitrato societario, Roma;
REDAZIONE MONDO ADR,
Riforma degli strumenti ADR: il contributo di Confindustria alla Commissione di studio per la riforma degli strumenti ADR, maggio 2016;
RESCIGNO,
Interessi e conflitti nella famiglia: l’istituto della "mediazione familiare"; Rivista trimestrale, Giurisprudenza arbitrale, n. 1/2016, Torino 2016;
RODORF,
Giurisdizione e rimedi alternativi, articolo tratto dalla rassegna Astrid, n. 16, 2014;
ROSAUER,
La risoluzione alternativa delle controversie: conciliazione personale e telematica evoluzione e prospettive, Bari 2007;
SAF – Scuola di alta formazione Luigi Martino, n. 48 – I quaderni,
La mediazione civile nelle liti fra soci: profili giuridici ed efficacia negoziale, Milano;
SASSANI – SANTAGATA,
Mediazione e conciliazione nel nuovo processo civile: commento organico al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, aggiornato al D.M 18 ottobre 2010, n. 180, Roma 2011;
SCARCHILLO,
Mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale: profili di diritto dell’Unione europea ed esperienze di diritto comparato, Napoli 2016;
SCARSELLI,
La nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno;
SCARSELLI,
Note sulla c.d. "degiurisdizionalizzazione" (una proposta di modifica dell’art. 102, 2° comma, Cost., per deflazionare il contenzioso civile);
SERVERIN,
What place is there for civil mediation in Europe?
Servizi studi e uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati,
Testo unico dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, Atto del governo n. 308, Roma 2016;
SILVESTRI,
Osservazioni in tema di strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie;
TARUFFO,
Adeguamenti delle tecniche di composizione dei conflitti di interesse;
TARZIA – LUZZATTO – RICCI,
Legge 5 gennaio 1994, n. 25: nuove disposizioni in materia di arbitrato e disciplina dell’arbitrato internazionale, Padova 1995;
TAVORMINA,
Eliminare dal processo civile gli ostacoli agli investimenti (privati), articolo tratto da "Judicium" il processo civile in Italia e in Europa;
TOMILLO URBINA,
Soluciones alternativas a los conflictos de consumo, Granada 2016; TOMILLO URBINA, Vicisitudes y carencias del arbitraje de consumo, Granada 2016;
UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO,
L’efficienza della giustizia civile e la performance economica;
Università LUISS Guido Carli,
Presentazione della Relazione sull’attività svolta dall’Arbitro Bancario e Finanziario nel 2015, Roma 2016;
UZQUEDA,
Il ruolo degli avvocati nella conciliazione;
VACCARI,
L’art. 185 bis C.P.C.: un nuovo impulso alla conciliazione giudiziale?, articolo tratto da "Il Caso.it", 12 febbraio 2014;
VAN DEN HEUVEL,
Online dispute resolution as a solution to cross-border e-disputes: an introduction to ODR;
VARANO,
L’altra giustizia, Milano 2007;
VARANO,
La cultura dell’ADR: una comparazione fra modelli, Milano 2015;
VASSALLO,
Separarsi e divorziare oggi: negoziazione assistita e soluzioni consensuali, articolo tratto da Altalex, gennaio 2015;
VIGORITI,
Il "trasferimento" in arbitrato: l’inizio di un’inversione di tendenza? Roma, settembre 2014;
VILLANI,
L’arbitrato in materia societaria, Lecce;
VIOLA,
Arbitrato di prosecuzione dopo la legge sulla degiurisdizionalizzazione (L. 162/2014), articolo tratto dalla rivista "Judicium" il processo civile in Italia e in Europa;
VISCIOLA,
Negoziazione assistita e mediazione: rapporti tra i due istituti, articolo tratto da Altalex, marzo 2015;
VON HIPPEL,
Les Moyens judiciares et parajudiciaires de la protection des consommateurs vue sous l’angle du droit coparé;
YASUNAGA,
Building trust in the online environment: business-to-consumer dispute resolution, Japan

DOCUMENTAZIONE ACQUISITA

  • Schema di decreto del Ministero della Giustizia recante modalità per costituire camere arbitrali, di conciliazione e organismi di risoluzione alternativa delle controversie di cui agli articoli 1, comme 3, e 29, comma 1, lettera n), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, Ministero della Giustizia, Ufficio Legislativo;
  • Schema di decreto legislativo recante riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura: parere ai sensi dell’art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, trasmesso alla Presidenza del Senato il 26 agosto 2016 (atto del Governo n. 327 sottoposto a parere parlamentare;
  • Schema di disegno di legge di delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile;
  • Tavole sinottiche, Processo civile e PAT: il decreto per l’efficienza della Giustizia: decreto – legge 31 agosto 2016, n. 168 – Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa, G.U. n. 203, del 31 agosto 2016, a cura di Giuseppe Buffone;
  • "Rebooting" the mediation directive: assessing the limited, impact of its implementation and proposing measures to increase the number of mediations in the EU. Directorate-General for internal policies, Policy Department, Citizens’Rights and constitutional affairs, European Parlament, 2014;
  • ADR Rapporto Senato francese N° 404: Rapport d’information fait au nom de la commission des lois constitutionnelles, de législation, du suffrage universel, du Règlement et d’administration générale (1) sur la justice familiale, par Mme Catherine Tasca et M. Michel Mercier (sénateurs), session ordinaire de 2013 – 2014, 26 febbraio 2014;
  • Audizione dei rappresentanti dell’ANM – Commissione Giustizia del Senato: Conversione in legge del decreto – legge 12 settembre 2014, n. 132, recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, 25 settembre 2014, Associazione Nazionale Magistrati;
  • Audizione del Direttore Affari Legislativi di Confindustria Antonio Matonti sul Disegno di legge di conversione del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, recante "Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile", Roma 25 settembre 2014;
  • Audizione del prof. avv. Paolo Montalenti alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati, Roma, 23 giugno 2015;
  • Audizioni sul disegno di legge n. 1612: D.L. 132/2014 – Nuove norme in materia di processo civile, contributi degli auditi, Segreteria Commissione Giustizia Senato della Repubblica, 24 e 25 settembre 2014;
  • CERRATO, Osservazioni e proposte di articolato per interventi correttivi e di riforma sulle disposizioni sull’arbitrato societario indirizzati alla Commissione presieduta dal prof. Guido Alpa, Torino, 23 maggio 2016;
  • CERRATO, Osservazioni per interventi correttivi alle disposizioni sull’arbitrato societario nel quadro delle proposte di riforma della giustizia civile e commerciale in Italia (DDL Berruti – Atto C-2953);
  • Commissione di studio per la riforma degli strumenti ADR, contributo di Confindustria, maggio 2016;
  • Decreto – Legge 12 settembre 2014, n. 132: Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile (G.U. n. 212 del 12-9-2014), CNN;
  • Decreto 12 aprile 2016, n. 61 - Ministero della Giustizia, vigente al 2 luglio 2016;
  • Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, recante "Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile", scheda di analisi a prima lettura con quadro sinottico delle modifiche apportate al codice civile, al codice di procedura civile e alle disposizioni attuative al medesimo, Consiglio Nazionale Forense presso il Ministero della Giustizia (Ufficio Studi) Roma, 16 settembre 2014;
  • Decreto legge 31 agosto 2016, n. 168 recante "Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa", (testo del decreto legge comprendente le modifiche apportate dalla Camera dei Deputati) pubblicato in G.U. n. 203 del 31 agosto 2016;
  • Delega al Governo per la soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali e per l’istituzione di sezioni specializzate tributarie presso i tribunali ordinari, proposta di legge n. 3734, presentata l’8 aprile 2016 alla Camera dei Deputati;
  • DI ROCCO, SANTI, Codice della mediazione e conciliazione. Aggiornato a "liberalizzazioni";
  • Diritti interessi effettività di tutela: Report su giurisdizione e ADR (metodo Open Space Technology), sottogruppo "criticità della negoziazione", Breggia, 7 giugno 2016;
  • Disegno di legge presentato dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze: Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile, Camera dei Deputati n. 2953, presentato l’11 marzo 2015;
  • Disegno di legge presentato dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze: Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile, Camera dei Deputati n. 2953, presentato l’11 marzo 2015;
  • Distance to frontier and ease of doing business ranking, Doing Business 2016;
  • Documento del CNCU per la Commissione per la riforma delle ADR istituita presso il Ministero della Giustizia. Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale mercato, concorrenza, consumatore, vigilanza e normativa tecnica – Divisione XI – Politiche e normativa per i consumatori e cooperazione amministrativa europea;
  • Doing business 2015: going beyond efficiency, 12th edition, World Bank Group;
  • Doing business 2016: measuring regulatory quality and efficiency, 13th edition, World Bank Group;
  • Doing business 2017: Equal opportunity for all, 14th edition, World Bank Group;
  • Elaborato Mediazione familiare (Commissione Parlamentare), ANAMEF – ASSIOM, aprile 2016;
  • Emendamento approvato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati in data 11 febbraio 2016 (Boll., 12 febbraio 2016);
  • I commercialisti per una mediazione di qualità, Associazione ei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie;
  • I sistemi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR): lo stato dell’arte a livello europeo, Unioncamere;
  • Istituzione delle Camere Arbitrali dell’Avvocatura, disegno di legge d’iniziativa dei senatori Caliendo, Susta, Alberti Casellati, Barani, Cordiello, Conte, Formigoni, Gentile, Eva Longo, Mandelli, Messina, Pagnoncelli, Rizzotti, Scalia, Sciascia, Scoma e Torrisi, comunicato alla Presidenza l’8 agosto 2013;
  • Istituzione delle Camere Arbitrali dell’Avvocatura, Ordine degli Avvocati di Udine, 17 luglio 2013;
  • Judicial System Reform in Italy, IMF – International Monetary Found, Working Paper WP/14/32;
  • La mediazione civile e commerciale: gli effetti pratici di alcune previsioni normative, Media Interpreta – organismo di mediazione e sede di conciliazione, Modena, 30 giugno 2016;
  • La riforma della giustizia civile, Organismo unitario dell’Avvocatura Italiana;
  • LUCARELLI, CONTE, Mediazione e progresso: persona, società, professione, impresa;
  • Manifesto per il rafforzamento del nuovo modello di mediazione ed il coordinamento degli strumenti ADR;
  • Mediazione civile ex D.L. 28/2010, Statistiche relative al periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2015, Ministero della Giustizia – Dipartimento della Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi – Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa;
  • Mozione di Bologna in tema di Organismi di Composizione delle Crisi da sovraindebitamento (OCC) regolamento e azioni del Coordinamento, Coordinamento della conciliazione forense – Fondazione Forense di Perugia;
  • Mozione di Bologna sulla formazione degli avvocati mediatori, Coordinamento della conciliazione forense – Fondazione Forense di Perugia;
  • Mozione di Bologna sulla riforma della mediazione e degli altri strumenti ADR, Coordinamento della conciliazione forense – Fondazione Forense di Perugia;
  • Negoziazione assistita in materia di famiglia – proposta di modifica legislativa, Associazione "Laboratorio Forense" e Ordine degli Avvocati di Pordenone, 14 aprile 2016;
  • Osservazioni della dott.ssa Gloria Servetti – IX sezione Tribunale civile di Milano, sul Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, Milano, 24 settembre 2014;
  • Osservazioni sul D.L. 12 settembre 2014, n. 132, Unione Nazionale Camere Civili, Parma – Roma, 24 settembre 2014;
  • Position paper della Camera Arbitrale di Milano: Nuove proposte in materia di arbitrato. Modifiche agli artt. 806 e ss. c.p.c., Milano, giugno 2016;
  • Problemi pratici e giuridici posti dalla procedura di "Negoziazione Assistita", e relative soluzioni, ADR CENTER – Audizione del 25 settembre 2014;
  • Proposta di legge: "Istituzione della figura professionale del mediatore familiare";
  • Proposta per la deflazione del carico giudiziario con l’affidamento al notaio di attività che non necessariamente devono essere riservate al giudice, Consiglio Nazionale del Notariato, Settore Legislativo;
  • Proposte di riforma in materia di arbitrato, Associazione Italiana per l’Arbitrato – AIA, Roma, 13 giugno 2016;
  • RAMAJOLI, Interesse generale e rimedi alternativi pubblicistici, Diritto processuale amministrativo, fasc. 2, 2015, pag. 481;
  • Regolamento di mediazione, Camera Arbitrale di Milano, in vigore dal 6 dicembre 2012;
  • Regolamento sulle modalità di costituzione delle camere arbitrali, di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie, atto del Governo 354;
  • Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, sull’applicazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, Bruxelles 26.8.2016
  • Tavolo di coordinamento e indirizzo ex art. 141 octies, comma 3, del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2015: "Primi indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza ed imparzialità e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR", Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica – Divisione XI – Politiche e normativa per i consumatori e cooperazione amministrativa europea;
  • Tavolo maxibollette energia elettrica e gas: Osservazioni Anigas, Assogas, Energia Concorrente e Utilitalia, 7 marzo 2016;
  • Workshop for the Committee on Legal Affairs on the implementation of the mediation directive, 29 novembre 2016;
  • Documento di proposte per la commissione ministeriale di studio per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, Unioncamere, 21 giugno 2016;
  • La mediazione nei servizi pubblici, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • L’ANAC e il precontenzioso nei contratti pubblici, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Mediazione tributaria, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Negoziazione commerciale, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Mediazione e Negoziazione in materia familiare, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Arbitrato, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Mediazione civile e commerciale, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;
  • Negoziazione commerciale, Gruppo congressuale Negoziazione e altre ADR, XXXIII Congresso Nazionale Forense, Rimini, 6-8 ottobre 2016;

MONOGRAFIE

- AUTORINO, NOVIELLO, TROISI,
Mediazione e conciliazione. Nelle controversie civili e commerciali;
- BERNINI, SOLDATI,
Codice della conciliazione e dell’arbitrato;
- CAGNO,
Disciplina della Mediazione e ADR nell’Unione Europea;
- FERRI,
Manuale della nuova mediazione e conciliazione giudiziale;
- GALLETTO,
Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile;
- AUTORINO, NOVIELLO, TROISI,
Mediazione e conciliazione. Nelle controversie civili e commerciali;
- BERNINI, SOLDATI,
Codice della conciliazione e dell’arbitrato;
- CAGNO,
Disciplina della Mediazione e ADR nell’Unione Europea;
- FERRI,
Manuale della nuova mediazione e conciliazione giudiziale;
- GALLETTO,
Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile;
- AUTORINO, NOVIELLO, TROISI,
Mediazione e conciliazione. Nelle controversie civili e commerciali;
- BERNINI, SOLDATI,
Codice della conciliazione e dell’arbitrato;
- CAGNO,
Disciplina della Mediazione e ADR nell’Unione Europea.

Roma, 6 luglio 2011
Il Ministro della giustizia: Alfano
Il Ministro dello sviluppo economico: Romani
Visto, il Guardasigilli: Alfano

Registrato alla Corte dei conti il 10 agosto 2011
Ministeri istituzionali, registro n. 16, foglio n. 297

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